Boulainvilliers, Henri de
Conte di Saint-Saire, nacque nel 1658 e si formò come Montesquieu a Juilly, dove ebbe per maestro Richard Simon. A causa del dissesto del suo casato visse lontano dalla corte, ma si legò a Nicolas Fréret, ai circoli di Anne-Jules de Noailles e a quelli di ispirazione antiassolutistica di Luigi di Borbone e Filippo d’Orléans. Dopo la morte (1722), sulla scorta di manoscritti diversi e con luoghi fittizi di stampa, furono pubblicati i suoi scritti storici (a eccezione dell’Abrégé d’histoire universelle): l’État de la France (2 voll., 1727; il terzo nel 1728), da cui fu estrapolata l’Histoire de l’ancien gouvernement de la France (3 voll., 1727), i Mémoires (1727) e il Traité o Essai sur la noblesse de France (1732, edito come Dissertation sur la noblesse in Devyver 1973, pp. 501-48). Sostenitore della reazione contro l’assolutismo, che usurpa prestigio, armi e beni dei signori, primo storico del feudalesimo (adoperato e confutato da Marc Bloch), costruttore di genealogie, ossessionato dal mito delle origini nazionali (in senso germanico), B. oppose alle dottrine della sovranità una lettura storica binaria e conflittuale in cui ha un ruolo chiave il tempo della conquista; inoltre egli si accostò alla filosofia di Baruch Spinoza, ne commentò le opere e tradusse l’Ethica.
La nobiltà francese è la stirpe franca dei guerrieri che basa legittimità e dominio sulla forza e l’assoggettamento di ceppi etnici subalterni. I Gallo-Romani sono il popolo che rialza la testa quando i re (in origine capi guerrieri di un governo misto eletti in assemblea) sviliscono le rappresentanze cetuali violando le leggi del regno con l’aiuto della Chiesa e di forestieri. L’eguagliamento ingenera il dispotismo; e come i Romani, declinati rinunciando alle armi, affidandosi ai ‘mercenari’ e mescolandosi con i popoli soggetti, i Franchi cedono potere sotto il carico di un fisco illegittimo e minati dalla vendita degli uffici rea di creare nobili non discendenti dai vincitori e proni ai voleri del re. Al contrario, la libertà franca si era basata sull’anarchia e la guerra, su una barbarie a stento ingentilita e sul feudo: istituto originato dalla conquista e non dal vassallaggio. Reazionaria e rivoluzionaria, la sua lettura ‘antistorica’ guarda con realismo e pessimismo alla corrotta natura umana; esalta i barbari come vettori di dominio e vitalità; vede nell’arte della guerra e nelle armi i pilastri della forza e della libertà; teme la cultura come estenuazione; disegna figure di sovrani (Clodoveo, ma anche Enrico IV) analoghe al ritratto machiavelliano di Ferdinando il Cattolico (→); accusa il cristianesimo, il clero e la Chiesa di essere un corpo estraneo e di indebolire la fierezza dei nobili; interpreta le religioni come meri istituti umani utili o dannosi (e i profeti come legislatori e civilizzatori), e il conflitto come perenne scontro tra i grandi (pochi) e il popolo, tra dominatori e dominati.
Per altro verso B. bolla il ‘machiavellismo’ dei re e vede nel Segretario fiorentino l’ispiratore della tirannide (Histoire de l’ancien gouvernement, 1° vol., préface e p. 169), riprendendo dalla tradizione ugonotta (e dai politiques) l’odio anti-italiano che finì per mescolare la polemica contro i gesuiti e il papato, il gallicanesimo, la dottrina di resistenza calvinista, l’antiromanesimo giuridico e la reazione nobiliare contro le reggenti e la loro ragion di Stato estranea alla Francia (Caterina e Maria de’ Medici erano fiorentine come il loro presunto maestro). Fonte di B. non è tanto Étienne Pasquier (1529-1615), ma la Franco-Gallia di François Hotman (1573) e i Discours contre Machiavel (1576) di Innocent Gentillet. Quest’ultimo usò il mito della divisione interna di stirpe come chiave di lettura storica (i Galli-ugonotti oppressi dai Romani-cattolici) e invitò i grandi e i parlamenti a reagire contro la venalità delle cariche e i ‘forestieri’ (una rivolta che coincideva con le lotte di religione). Inoltre, nei Discours (a cura di A. D’Andrea, P.D. Stewart, 1974, pp. 527 e segg.), Gentillet sostenne che il mondo d’oltralpe era corrotto dall’elemento italiano papale (virus paragonato all’ebraismo ‘usuraio’) perché l’empio M. insegnava ai tiranni come abbassare la nobiltà (forza di equilibrio contro i despoti) fino a impoverirla ed enervarla (con riferimento all’analisi dei conflitti nel regno di Francia in Principe xix 6; a Discorsi I lv e III e forse a Istorie III xiii).
La divisione tratteggiata da B. sarà evocata polemicamente da Emmanuel-Joseph Sieyès in Qu’est-ce que le Tiers-État? che invitava il popolo (i Galli) a liberarsi dei nobili (i Franchi) in quanto usurpatori (1789). E dopo la Rivoluzione ispirerà il razzismo di Joseph-Arthur de Gobineau (1816-1882) e la lettura storica della conquista e del conflitto di classe nei Récits des temps mérovingiens di Augustin Thierry (1840). Tra il 19° e il 20° sec., infine, il machiavellismo e le tesi di B. finirono quasi per sovrapporsi nella teoria delle élites.
Bibliografia: OEuvres philosophiques, éd. R. Simon, 2 voll., La Haye 1973-1975. Fonti: I. Gentillet, Discours contre Machiavel, a cura di A. D’Andrea, P.D. Stewart, Firenze 1974. Per gli studi critici si vedano: F. Chabod, Boulainvilliers Henri, conte di, in Enciclopedia italiana di Scienze, Lettere ed Arti, Istituto della Enciclopedia Italiana, 7° vol., Roma 1930, ad vocem; R. Simon, Henri de Boulainvilliers. Historien, politique, philo sophe, astrologue, Paris [1941]; A. Devyver, Le sang épuré, Bruxelles 1973; A. Jouanna, Ordre social. Mythes et hiérarchies dans la France du XVIe siècle, Paris 1976; H.A. Ellis, Boulainvilliers and the French monarchy, Ithaca (NY) 1988; D. Venturino, Le ragioni della tradizione. Nobiltà e mondo moderno in Boulainvilliers, Torino 1993; M. Foucault, Il faut défendre la société. Cours au Collège de France (1975-1976), éd. M. Bertani, A. Fontana, Paris 1997 (trad. it. Bisogna difendere la società, Milano 1998); A.M. Battista, Politica e morale nella Francia dell’età moderna, Genova 1998; O. Tholozan, Henri de Boulainvilliers, Aix-en-Provence 1999; J.I. Israel, Enlightenment contested. Philosophy, modernity and the emancipation of man, Oxford-New York 2006.