Schmidt, Helmut
Politico tedesco (n. Amburgo 1918). Laureato in economia politica, entrò nella Sozialdemokratische Partei Deutschlands (SPD) nel 1946 e fu membro del Bundestag nel 1953-62 e nel 1965-87. Durante gli anni Cinquanta si accreditò come esperto di questioni militari e fu fautore del riarmo della Germania federale. Nel 1967 divenne presidente del gruppo parlamentare socialdemocratico e nel 1968 vice presidente della SPD, imponendosi come uno dei maggiori esponenti della destra del partito. Ministro della Difesa nel 1969-72, attuò un’incisiva riforma delle forze armate e una politica di stretta fedeltà al Patto atlantico e alla politica estera statunitense. Nel 1972 divenne ministro dell’Economia e delle Finanze e nel 1974 subentrò a W. Brandt nella guida del governo. Il suo cancellierato durò otto anni grazie alle vittorie elettorali riportate contro i democristiani H. Kohl (1976) e J. Strauss (1980). Sul piano delle relazioni internazionali mantenne sulle prime la linea filoatlantica tenuta come ministro della difesa e buoni rapporti con il presidente americano Nixon. Poi prese progressivamente le distanze dai successori di Nixon, Carter e Reagan. Dopo avere caldeggiato l’installazione degli euromissili contro la minaccia nucleare sovietica, si adoperò per favorire la trattativa con Mosca e scongiurare la crisi della distensione, rilanciando la Ostpolitik di W. Brandt e ricevendo per questo accuse di infedeltà alla NATO. Nell’ambito della CEE cercò di stabilire un rapporto privilegiato con la Francia e giocò un ruolo di primo piano assieme a Giscard d’Estaing nella creazione del sistema monetario europeo (SME). In politica interna fronteggiò due emergenze molto gravi: quella del terrorismo e quella della grande crisi energetica ed economica internazionale. Nel primo caso attuò un’azione repressiva di estrema durezza contro la banda Baader-Meinhof. Rispetto alla crisi energetica ed economica e alla grande fiammata inflazionistica degli anni Settanta adottò una politica di lotta prioritaria all’inflazione, anche a costo di un pesante ristagno produttivo e occupazionale che segnò una pesante battuta d’arresto nel travolgente sviluppo realizzato dalla Germania nel precedente ventennio. Tenne duro invece nel mantenimento del costoso apparato previdenziale, di cui le opposizioni reclamavano il ridimensionamento, e per farlo non esitò a produrre un ingente indebitamento pubblico. Ma fu proprio questo, assieme alle posizioni assunte nel rapporto Est-Ovest, a far precipitare la crisi dei rapporti interni alla coalizione di governo con i liberali, i quali nel 1982 abbandonarono l’alleanza con la SPD e si allearono con la CDU-CSU, portando H. Kohl al cancellierato. Lasciata la guida del governo, S. si dimise subito dopo anche da vicepresidente della SPD e si ritirò dalla vita politica attiva.