GERSTENBERG, Heinrich Wilhelm von
Poeta, nato a Tondern (Schleswig) il 3 gennaio 1737, morto ad Altona il 1 novembre 1823. Fu, dopo Lessing e Herder, il terzo grande critico della Germania preromantica. Figlio d'un ufficiale, s'era avviato, dopo compiuti a Jena gli studî universitarî, per la carriera militare. Negli anni 1765-75 fece parte, a Copenaghen, del cenacolo letterario che il mecenatismo di Federico V e del suo ministro Bernstorff aveva raccolto intorno al Klopstock e al Cramer. Spentasi quella fervida vita artistica, il G., lasciata la carriera militare, fu residente danese a Lubecca e, dal 1789 alla morte, direttore giudiziario del lotto ad Altona. Ebbe la vecchiezza amareggiata dai disagi materiali e, più, dall'oblio in cui l'opera sua da decennî era caduta.
Nei Briefe über Merkwürdigkeiten der Literatur (1ª e 2ª parte 1766; 3ª, 1767; 4ª, 1770), poggiando sulla critica inglese e sull'opera del Hamann, era stato egli il primo a enunciare i principî della critica e dell'arte nuova, opponendo alla regola pseudo-aristotelica l'opera liberamente creatrice del genio e postulando per la critica un "gusto universale" che sapesse intuire, attraverso al mutar delle forme col mutar delle età e delle stirpi, il graduale ascendere dello spirito verso una superiore humanitas. Era stato anche tra i primi a rivelare i tesori reconditi della poesia nordica e a riconoscere nei poemi ossianici il falso sentimentale.
Nel Gedicht eines Skalden (1766), che inaugurò la poesia bardita, poté così dar forma d'arte a quella che fu la sua aspirazione suprema: conciliare armonicamente i valori morali ed estetici del mondo antico con quelli del cristianesimo e del germanesimo, come al centro del Waldjungling, frammento drammatico che prelude al Moloch hebbeliano, pose la figura dell'uomo che per virtù d'amore è redento.
Posto fra due epoche, anche il fondo dell'arte sua ha alcunché di tragico. Fu poeta nei momenti in cui, spogliato l'abito mentale razionalistico, seppe rappresentare il tragico risveglio dell'età che fu sua dal beato sogno di vivere nel migliore dei mondi, e il disfrenarsi nell'uomo, sintesi e ultima perfezione del creato, degl'istinti belluini, e la disperata solitudine della creatura abbandonata dal suo creatore. Così negli ultimi atti dell'Ugolino (scritto in nove giorni nel 1767 e pubblicato l'anno dopo). Il quale, se per l'argomento trae l'ispirazione dall'episodio dantesco, nell'intima sua sostanza lirica ne è la più perfetta antitesi. Che se in Dante la pietas trionfa della morte, dell'odio, del fato, qui vedi crollare l'ultima rocca del divino che l'Umanesimo e la Riforma avevano lasciata intatta: la famiglia, e vedi il figlio addentare le carni della madre morta, e il padre, credendo di uccidere il nemico, colpire il figlio.
Nell'ultimo periodo della vita il prevalere delle esigenze etico-religiose allontanò il G. dalla poesia, inducendolo a cercare in Kant la risposta ai problemi eterni che lo assillavano fino dagli anni dell'adolescenza.
Ediz.: Le Vermischte Schriften (voll. 3, Altona 1815-16) contengono soltanto parte dell'opera critica del G., per cui v. l'ed. dei Literaturbriefe curata da A. von Weilen (Stoccarda 1890) e H. W. v. Gerstenburgs Rezensionen in der Hamburgischen Neuen Zeitung, ed. da v. O. Fischer, Berlino, 1904. L'Ugolino fu più volte ristampato, fra altro nella raccolta Sturm und Drang di K. Freye.
Bibl.: A. Malte Wagner, Heinrich Wilhelm von Gerstenberg und der Sturm und Drang, voll. 2, Heidelberg 1920-24; Montagne Jakobs, Gerstenbergs Ugolino, ein Vorläufer des Geniedramas, Berlino 1898; A. Farinelli, in Dante in Spagna, Francia, Inghilterra, Germania, Torino 1922, p. 371.