TREITSCHKE, Heinrich von
Storico tedesco, nato a Dresda il 15 settembre 1834, morto a Berlino il 28 aprile 1896. Di famiglia protestante, crebbe in un ambiente militare. Studente a Bonn e quindi a Lipsia, nel 1854 si laureò a Friburgo in economia politica. Ma l'animo del giovane era tutto preso dalla lotta politica e patriottici furono i suoi tentativi poetici (Vaterländische Gedichte, Gottinga 1856, e Studien, Lipsia 1857).
R. Haym decise del suo destino invitandolo a collaborare nel 1858 ai Preussische Jahrbücher, la rivista liberale-nazionale allora fondata. Vi pubblicò varî saggi letterarî ispirati da un fervido sentimento etico e politico. Ottenuta frattanto con il saggio Die Gesellschaftwissenschaft (1858, ristampato da E. Rothacker, Halle 1927), la libera docenza, prese ad insegnare a Lipsia storia costituzionale tedesca, storia di Prussia, storia della Germania dopo i trattati dì Vienna, ottenendo un clamoroso successo tra i giovani. Nel 1861 comparve il suo celebre saggio Die Freiheit, in cui cercava di dare forma a un liberalismo tedesco, radicato nelle tradizioni della razza.
Verso il 1862, sotto l'influenza dell'esempio del Piemonte, si accentuano le sue speranze nella Prussia. In un saggio, Das deutsche Ordensland Preussen (Lipsia 1863; rist.: Langensalza 1924; Colonia 1929), esaltò la tradizione prussiana. La Prussia però era già nelle mani di Bismarck, che proprio allora era in conflitto col parlamento e procedeva con rigore contro la stampa. Indignato, Tr. ruppe i rapporti con i Preuss. Jahrbücher e, poiché era inviso al governo sassone, accettò una cattedra a Friburgo in Br.
Prese ad avvertire la potenza di Bismarck dopo la "liberazione" dello Schleswig-Holstein: in un saggio, Bundesstaat und Einheitsstaat, definì una frode il Bund tedesco, che mai era stato una vera federazione, affermò che la storia tedesca procedeva irresistibilmente verso l'unità "su una via affine a quella degl'italiani". Riconciliatosi con i Preuss. Jahrbücher, vi condusse una campagna contro l'Austria per l'annessione dei ducati alla Prussia. Rifiutò una cattedra a Berlino. Scoppiata la guerra e intervenuto il Baden a fianco dell'Austria, lasciò Friburgo e assunse a Berlino la direzione dei Preuss. Jahrbücher.
Nel 1866 entrava al servizio della Prussia come professore a Kiel; l'anno dopo passava a Heidelberg. Sono di quegli anni alcuni suoi saggi storici: Frankreichs Staatsleben und der Bonapartismus (trad. it. di E. Ruta, Bari 1917); infine il suo Cavour (trad. it. di A. Guerrieri Gonzaga, Firenze 1873), nel quale insisté sulla sensibilità dello statista piemontese per le forze etiche della nazione, sensibilità che sentiva mancare in Bismarck.
La fondazione del Reich non lo soddisfece. Deputato al Reichstag, aderì dapprima al gruppo liberale-nazionale, poi fece parte per sé stesso. Si segnalò durante il Kulturkampf per i suoi violenti attacchi contro l'"ultramontanismo". Inadatto, tuttavia, per la violenza del temperamento e per la sua sordità, alla vita parlamentare, perdette ogni fede nell'istituzione e nel 1884 non si fece più rieleggere. Dal 1874 insegnò storia e politica all'università di Berlino.
Nel 1874 prese violentemente posizione contro il suo amico Schmoller e il socialismo della cattedra (Der Sozialismus und seine Gönner, Berlino 1875; e poi Der Sozialismus und der Meuchelmord, Berlino 1878). Compariva frattanto il primo volume della grande opera, progettata fin dalla giovinezza, la Deutsche Geschichte im 19. Jahrhundert.
La Storia, che si apriva con un'ampia descrizione delle vicende dal 1648 al 1814, doveva narrare la formazione dello stato tedesco dal 1814 al 1870. Tr. si era proposto, in origine, di combattere una battaglia in favore dell'unità: ora volle dare alla Germania una tradizione storiografica nazionale sciogliendo un inno alla Prussia. Poiché nella narrazione delle vicende politiche erano inseriti anche capitoli dedicati ai poeti e ai filosofi, l'opera sembrò conciliare in una storia della nazione le vecchie antitesi tra cultura e tradizione politico-militare. Fu perciò salutata come un evento nazionale.
Si riposò con un viaggio a Roma. Al ritorno si gettò nel movimento antisemita (Ein Wort über unser Judenthun, Berlino 1880). Il secondo volume della sua Storia provocò un'aspra reazione degli storici liberali, che lo accusarono di tendenziosità negandogli ogni serietà scientifica. L'aspro dissidio con i suoi antichi amici lo spinse sempre più verso i circoli reazionarî. Nel 1886 abbandonò la pregiudiziale unitaria consolandosi con la constatazione che il Reich non era uno stato federale, ma una monarchia con istituti federali.
Le sue simpatie per Guglielmo II durarono fino alla caduta di Bismarck. Lanciò allora epigrammi contro il nuovo governo, criticò la politica scolastica insorgendo in difesa della scuola classica, attaccò i compromessi col Centro. Uscivano frattanto altri tre volumi della sua Storia (con cui la narrazione giungeva al'48) accolti dal solito fervore di contrasti. Tornò da un viaggio in Inghilterra pieno d'odio verso gl'Inglesi. Apostolo dell'espansione coloniale, aveva profetizzato fin dal 1884 un'ultima e più ardua "liquidazione di conti" con l'Inghilterra. Morì senza avere portato a termine con un sesto volume la sua Storia, e senza avere scritto la Politica che progettava. Alla morte di Ranke era stato nominato storiografo dello stato prussiano, e dalla morte di Sybel dirigeva la Historische Zeitschrift.
Si fa torto al Tr. giudicandolo dal punto di vista strettamente scientifico. Nulla di più ripugnante al suo spirito appassionato, dell'ideale dell'oggettività. La missione che egli si assegnava, era quella dell'educatore politico del suo popolo "apolitico", cosicché la sua opera, va interpretata come una superiore forma di propaganda e d'edificazione patriottica. Si può piuttosto osservare che ebbe il candore d'un poeta e lo slancio d'un tribuno più che l'intelletto d'un pensatore politico.
Comunemente è considerato l'ultimo erede di Hegel, perché proclamava che lo stato è fine a sé stesso e che operare per lo stato è un dovere etico. In quanto però assumeva che base giuridica dello stato è la volontà nazionale e che "lo stato è la nazione unitariamente organizzata" egli derivava da Fichte e soprattutto dagl'Italiani. L'Italia di Cavour fu, più forse della stessa Prussia, il suo ideale politico. Infine per il suo realismo politico, per la sua celebrazione della politica come forza, egli va considerato un discepolo di Machiavelli e di S. Pufendorf. Ma sopra tutto egli rappresenta la reazione dei patrioti tedeschi al romanticismo legittimista e particolarista e insieme allo scarso senso politico delle classi colte tedesche dimostrato nelle agitazioni del 1848 e nel parlamento di Francoforte. Persuaso che il vecchio impero era stato una menzogna e che con gli Asburgo il popolo tedesco era caduto sotto un velato dominio straniero, scorse nella Prussia l'unico stato tedesco che avesse una sua tradizione ed auspicò una Germania, che fosse una "Prussia prolungata", cioè una nazione militarmente educata, fortemente accentrata, capace di conquistarsi "il suo posto al sole" nel mondo.
Si compì in lui, fino in fondo, l'evoluzione della storiografia liberale piccolo-tedesca, che in odio all'Austria e in mancanza di meglio aveva invocato dalla Prussia l'unificazione nazionale: più diritto e coraggioso dei suoi amici, egli abbandonò le loro riserve e si convertì al prussianesimo recando in questa sua fede l'ardore del neofita. La sua dottrina politica, che espose nelle lezioni di Berlino in forma ricca di sarcasmi e d'immagini drastiche, è antidemocratica e antiumanitaria: essenza dello stato è la potenza, suo supremo dovere l'autoaffermazione, sua funzione precipua la guerra, che è fonte di giovinezza delle energie etiche dei popoli.
Tr. rimase, tuttavia, per molti aspetti, fedele al tardo liberalismo borghese tedesco. Così non soltanto proclamò che forma perfetta dello stato è quella nazionale unitaria, ché "il centralismo sta nella natura delle cose", ma identificò questo ottimo stato nella monarchia costituzionale, non parlamentare, di tipo prussiano. Così, ammettendo che i partiti non si fondano su astratti principî, ma sulle comunioni delle volontà e delle passioni, li proclamò necessarî, perché provocano quel tragico rigoglio di contrasti, senza i quali non si fa la storia. Del liberalismo tedesco ebbe l'avversione per la rozzezza delle masse, di fronte alle quali affermò i diritti della personalità colta, e l'intolleranza verso la Chiesa cattolica.
Della storia ebbe una concezione attivistica, considerandola prodotto di volontà individuali più che di forze anonime. Avverso com'era ad ogni materialismo, tenne scarso conto dell'elemento economico. Ammise invece il giuoco dei fattori di razza. Credeva nel progresso delle nazioni, come risultato dell'urto e della concorrenza, e fu ostile ad ogni forma di pessimismo e d'irrazionalismo.
Naturalmente non sentì interesse che per la storia nazionale: anche quando si occupò di storia d'Italia, di Francia, d'Olanda, sempre il suo sguardo era fisso alle cose tedesche. Di proposito consultava soltanto gli archivî prussiani anche per la sua Storia tedesca. Questa cosciente unilateralità ha fatto sì che manchi nell'opera il senso dei problemi politici, ché la complessa vicenda dell'unificazione tedesca vi è descritta come una otta tra la Prussia e i suoi nemici, cioè tra il bene e il male. In tal modo accanto ad osservazioni penetranti e a vivaci ricostruzioni di stati d'animo e d'ambienti, vi sono giudizî ingiusti e interpretazioni tendenziose.
Ma il suo stile vigoroso e patetico e il suo realismo sarcastico trovarono un'eco immensa nello spirito pubblico tedesco. Molti dei suoi giudizî entrarono nel patrimonio d'idee politiche della stampa e dei partiti di destra e non furono privi d'influenza sulla condotta politica della Germania guglielmina. Egli fu perciò, durante la guerra mondiale, bersaglio della pubblicistica dell'Intesa, che vide in lui uno dei precursori del pangermanesimo e il teorico della forza brutale e della violazione dei trattati.
Opere: La Deutsche Geschichte im 19. Jahrhundert, voll. 5, Lipsia 1879-94, fu ripubblicata innumerevoli volte, fu ristampata negli ultimi tempi in forma ridotta e per scopi particolari: Auswahl f. d. Feld, a cura di H. v. Freytag-Loringhoven, Lipsia 1917; Geschichte d. deutsch. Literatur v. Friedrich d. Grossen bis zur Märzrevolution, a cura di H. Spiero, Berlino 1927; Auswahl con introd. di A. Rosenberg, a cura di K. Grundelach, ivi 1933; Gekürzte Ausgabe, a cura di Heffter, voll. 2, Lipsia 1934.
I saggi sono raccolti in: Zehn Jahre deutscher Kämpfe, 3a ed., voll. 2, Berlino 1897 (Auswahl a cura di M. Cornicelius, ivi 1913); Deutsche Kämpfe, Neue Folge, ivi 1897; Historische u. politische Aufsätze, voll. 4, Lipsia 1897; Ausgewählte Schriften a cura di W. Mommsen, Berlino 1927.
Amici e discepoli pubblicarono le lezioni di politica, Politik, Vorlesungen an d. Universität zu Berlin (a cura di M. Cornicelius, voll. 2, Lipsia 1897-98, trad. it. di E. Ruta, voll. 4, Bari 1918), i discorsi al Reichstag, Reden im deutschen Reichstage 1871-84 (a cura di O. Mittelstädt, Lipsia 1896), il carteggio con Freytag, G. Freytag u. H. v. Tr. im Briefwechsel (a cura di A. Dove, ivi 1900), le lettere, Briefe (a cura di M. Cornicelius, voll. 3, ivi 1913-15).
Bibl.: Th. Schiemann, H. v. T.s Lehr- u. Wanderjahre 1834-66, 2a ed., Monaco 1898; E. Marcks e E. Schmidt, H. v. Tr., Biographische Essays, Berlino 1916; H. Katsch, Tr. u. d. preuss.-deutsche Frage 1860-66, Monaco 1919; O. Westphal, Welt- u. Staatsauffassung d. deutschen Liberalismus, ivi 1919; K. A. v. Müller, Deutsche Geschichte u. deutscher Charakter, 2a ed., Stoccarda 1927; H. Rau, Geschichtsphilosophische Gedanken bei Tr., ivi 1927; B. Croce, Pagine sulla guerra, 2a ed., Bari 1928; G. F. Malagodi, Le ideologie politiche, Bari 1928.