ROHRER, Heinrich
Fisico svizzero, nato a Buchs (Svizzera tedesca) il 6 giugno 1933. Ha conseguito il Ph.D. in fisica a Zurigo (1960) presso l'Istituto federale svizzero di tecnologia. Si è successivamente specializzato alla Rutgers University del New Jersey, interessandosi di fenomeni di superconduttività. Nel 1963 è stato assunto presso i laboratori di ricerca della IBM di Zurigo, dove tuttora lavora. Per un breve periodo (1974-75) è stato ''scienziato visitatore'' presso l'università di California a Santa Barbara. Per il fondamentale contributo dato alla progettazione dello Scanning Tunneling Microscope (STM) a R. e a G. Binnig è stato conferito il premio Nobel per la fisica nel 1986. Nello stesso anno la Reale Accademia di Svezia ha premiato l'ingegnere tedesco E. Ruska (v. in questa Appendice), progettista e costruttore del primo microscopio elettronico a trasmissione, volendo così sottolineare il legame ideale tra il padre della microscopia elettronica e coloro che in tale campo sono riusciti a spingersi oltre le frontiere più avanzate. R. ha ricevuto, sempre con Binnig, altri riconoscimenti internazionali quali il premio della Società europea di fisica e il premio internazionale Re Fayṣal per le Scienze (1984) dal governo dell'Arabia Saudita.
Nel corso della sua intensa attività di ricerca, R. si è interessato di numerosi problemi di fisica dello stato solido, in particolare di quelli riguardanti le superfici dei materiali, la cui complessità è ben espressa da una celebre frase di W. Pauli: "La superficie è opera del diavolo". I suoi studi sulle superfici sono alla base dell'incontro nel 1978 con Binnig, appena laureatosi presso l'università di Francoforte. Insieme a lui, R. ha pensato d'investigare le superfici sfruttando l'effetto di tunneling. L'effetto tunnel, spiegabile solo in termini di meccanica quantistica, è una diretta conseguenza del principio d'indeterminazione di Heisenberg, secondo il quale la posizione e la quantità di moto di una particella non possono essere determinate contemporaneamente con qualsivoglia precisione. La posizione assoluta di un elettrone è così indeterminabile ed è statisticamente ammissibile la sua presenza anche oltre la superficie del materiale, che secondo la fisica classica dovrebbe confinare in maniera netta le particelle. In particolare, in accordo con la meccanica quantistica, la probabilità di trovare un elettrone oltre la superficie decresce esponenzialmente con la distanza dalla stessa. Il fenomeno è noto come tunneling, in quanto gli elettroni si comportano come se ''evadessero'' dal materiale attraverso un tunnel. Questo particolare effetto è stato verificato sperimentalmente per la prima volta da I. Giaver nel 1960 e quindi era ben noto sia a R. che a Binnig fin dal loro primo incontro. Essi pensarono di costruire uno strumento che, rilevando gli elettroni di tunneling, fosse in grado di ottenere una mappa morfologica della superficie di un campione con risoluzione subatomica. Superando notevoli difficoltà tecniche R. e Binnig hanno realizzato nel 1981 un prototipo di tale strumento, denominato in seguito microscopio elettronico a scansione a effetto tunnel (STM: Scanning Tunneling Microscope), con il quale sono riusciti a risolvere irregolarità di dimensione atomica sulla superficie di un cristallo di CaIrSn4.
Tale strumento è stato in seguito notevolmente perfezionato e attualmente è possibile ottenere risoluzioni migliori del centesimo di nm nella direzione perpendicolare alla superficie del campione. La risoluzione estremamente spinta non è tuttavia il solo vantaggio di questo sofisticato strumento d'indagine morfologica-superficiale. L'osservazione dei campioni non deve infatti avvenire in vuoto spinto come per gli ordinari microscopi elettronici, in quanto lo strumento è capace di operare in ambiente atmosferico e anche in acqua. Quest'ultima circostanza lo rende particolarmente indicato per l'osservazione di campioni biologici, in condizioni simili a quelle naturali.