BERLIOZ, Hector
Musicista francese, nato l'11 dicembre 1803 alla Côte Saint-André, morto l'8 marzo 1869 a Parigi. Suo padre, Luigi Giuseppe, originario di una famiglia che s'era stabilita alla Côte Saint-André nel 1300 circa, non aveva ancora finito gli studî di medicina quando sposò la signorina Maria Antonietta Giuseppina Narmion, figlia di un avvocato di Grenoble, amantissima di riunioni mondane, e di una religiosità così spinta da rasentare talvolta il fanatismo e la grettezza di spirito; delle quali cose Ettore B. ebbe a soffrire specialmente quando, a causa di una malattia di fegato (di cui neppure egli stesso andò immune), il carattere della madre s'inacerbì. Il dottore L. G. Berlioz, di cui suo figlio disse che non soggiaceva a nessun pregiudizio sociale, politico o religioso, era stato di un carattere piuttosto scettico ma assai indulgente; e non mancò mai di assistere amorevolmente Ettore, specialmente nelle ore difficili.
Iniziati gli studî nel seminario della città natale, il B. li prosegue sotto la guida del padre, dal quale apprende le prime nozioni di musica, su un vecchio flauto trovato in casa; anche la chitarra forma per lui l'oggetto di attenti studî. A diciott'anni si reca a Parigi, per studiarvi medicina. Un'audizione dell'Ifigenia in Tauride di Gluck provoca la crisi: B. abbandona la medicina per la musica, e ottiene di essere accolto nella scuola di Lesueur. A quest'epoca risalgono: i primi saggi di critica musicale, sul Corsaire; la composizione di una messa, eseguita male e senza alcun successo; un tentativo sfortunato per il Prix de Rome; il rifiuto del padre, edotto delle intenzioni del figlio, di aiutarlo più oltre, la rottura dei rapporti con la madre che gli toglie il saluto.
Nel 1826 B. rientra nel conservatorio, come allievo regolare, alla scuola di Lesueur e studia intanto fuga con Reicha. Per questa forma di composizione nutre fin da allora profonda antipatia, della quale sopravvive un eloquente segno nella fuga parodistica della taverna nella Dannazione di Faust. Un nuovo insuccesso al Prix de Rome del 1828 con la cantata La mort d'Orphée, il profondo turbamento da cui è preso assistendo a rappresentazioni shakespeariane di Amleto e di Romeo e Giulietta, la passione amorosa di cui subitamente s'infiamma per l'attrice Smithson lo conducono quasi alla demenza.
Un ritorno alla casa paterna non ottiene il desiderato effetto di rasserenarlo. Il B. conosce, e se ne entusiasma, il Faust di Goethe e la Nona sinfonia di Beethoven. Al 1829 risalgono le Huit scènes de Faust, che egli fa stampare a proprie spese e di cui invia copia a Goethe, senza averne risposta. L'amore per la Smithson s'accende sempre più e al B. ispira la Sinfonia fantastica.
Apprende poi dure verità sull'oggetto della sua passione; allora, dopo aver chiusa con un finale tragico la Fantastica, decide di gettarsi ad altri amori, per dimenticare. Ed è, di nuovo, sfortunato: perché la nuova fiamma, Camilla Moske, che pure - anche in grazia del Prix de Rome 1830, finalmente vinto da Hector - non era stata scortese di simpatia e di promesse, coglie l'occasione dell'assenza del fidanzato, recatosi a Roma per assumere il suo posto all'Accademia, per sposare invece il fabbricante di pianoforti Pleyel.
Il B. non ama Roma, trova odiosa la musica italiana; amabili invece gl'Italiani, specialmente contadini; il paesaggio peraltro lo esalta, e gli suggerisce impressioni che riappariranno in Amleto e in Benvenuto Cellini: fa poi una breve gita a Napoli. Nel 1832 rientra a Parigi dove, incontrata la Smithson, non tarda a sposarla (3 ottobre 1833) dopo una serie d'incertezze tormentose e di alternative contraddittorie. La vita dei coniugi non è però lieta; il bisogno batte alla loro porta. I concerti organizzati per guadagnare ottengono mediocri risultati; meglio provvedono le collaborazioni a L'Europe littéraire, alla Gazette musicale e al Journal des Debats nei quali Berlioz pubblica le sue prose vivaci e polemiche. Un figlio, Louis, nasce in questo tempo, e Henriette Smithson, d'ora innanzi abbandonata l'arte, sarà tutta presa dalle occupazioni della maternità e dalle preoccupazioni della gelosia verso il marito. Nel 1836 il ministro dell'interno Gasparini incarica il B. di scrivere un Requiem, che in tre mesi è compiuto. L'audizione, però, avverrà solo più tardi, con grande successo. Benvenuto Cellini, finito nel 1836, è accolto all'Opéra e viene rappresentato quattro volte con esito che, sebbene gli applausi non siano mancati, si può considerare negativo.
Ottime accoglienze ottiene, invece, Harold, eseguito nel 1839 in due concerti, e ammirato da Paganini che il giorno dopo l'audizione invia all'autore un assegno di 20.000 lire. B. è messo, così, per qualche tempo nella condizione di poter lavorare, e scrive la sinfonia drammatica Romeo e Giulietta e la Sinfonia funebre e trionfale. Sorgono intanto complicazioni sentimentali; Ettore si innamora di Maria Recio, mediocre cantante, e con lei si reca in Germania abbandonando moglie e figlio. I recitativi aggiunti allo spartito del Freischütz di Weber, per renderne possibile l'esecuzione all'Opéra, gli avevano guadagnato la simpatia e le lodi di Wagner. E Wagner appunto, con Mendelssohn e Schumann, è ora uno di coloro che più lo assistono nel suo primo pellegrinaggio in terra tedesca. Stoccarda, Weimar, Dresda, Francoforte, Lipsia, Amburgo, Berlino, ecc., segnano per B. altrettante alternative di successi calorosi e di larvati insuccessi; ma nonostante la buona accoglienza avuta da artisti e principi, il ritorno a Parigi non è quello di un trionfatore. Nuovo e più affaticante lavoro attende ora il B., costretto a mantenere due famiglie. Egli organizza nuovi concerti, intensifica le collaborazioni giornalistiche pubblicando anche, nei Débats, la relazione del viaggio in Germania, dà alle stampe nel 1844 il grande Trattato d'istrumentazione dedicandolo al re di Prussia; si reca a tenere concerti a Vienna, a Praga, a Budapest, ora esaltato ora vilipeso dal pubblico e dalla stampa; ritornato a Parigi completa La Dannazione di Faust, sulla base delle otto scene pubblicate nel 1829 e ne organizza l'esecuzione che ha luogo il 6 dicembre 1846. Anche gli elementi sono avversi a Berlioz: un tempo orribile tiene lontana dall'Opéra Comique una gran parte del pubblico musicale; un'altra parte è assorbita da una festa che contemporaneamente ha luogo nel Conservatorio. Conclusione, sala semivuota, successo buono ma effimero, deficit rilevante nel bilancio che dev'essere rimesso in equilibrio dagli amici coi quali B. s'indebita.
Un viaggio in Russia, compiuto nel 1847, rialza un po' le sorti dell'artista e, con le fervide accoglienze di Pietroburgo e Mosca, gli procura un guadagno di quarantamila franchi. Di ritorno a Parigi, B. trova scritture per la direzione d'orchestra al Drury Lane di Londra; breve oasi di tranquillità, perché ben presto l'impresa fallisce. Altro ritorno a Parigi; la moglie malata: nuove difficoltà finanziarie, nuove delusioni artistiche per una Società Filarmonica allora fondata, e che non risponde alle speranze; di qui nuovo abbandono della Francia per l'estero. Le avversità pertinaci, le brevi avvisaglie di gloria, il dolore, che pure fu da lui sentito, provocato dalla morte di Henriette Smithson (1854), i continui viaggi, non impediscono al Berlioz di condurre a termine in questo giro d'anni il Te Deum, l'Enfance du Christ, Les Troyens, Béatrice et Bénédict. Riconosciuto in Wagner un rivale pericoloso, si allontana da lui, e in occasione della caduta del Tannhäuser a Parigi (1858) gli si mostra ostile. Berlioz a questo punto rinuncia a scrivere altre musiche e - raggiunta una relativa tranquillità materiale - si ritira anche dal giornalismo, abbandonando, dopo trent'anni di collaborazione, anche quel Journal des Débats al quale ha prodigato tanta parte del suo ingegno e della sua operosità. Conduce a termine le Memorie e dirige qualche altro concerto a Losanna e a Vienna; cura, all'Opera, le esecuzioni dell'Armida e dell'Alcesti gluckiane. Nel 1867 perde (dopo avere già perduta nel 1860 la seconda moglie Maria Recio, sposata poco dopo la morte della Smithson) il figlio, col quale, dopo il lungo abbandono, era da alcun tempo in rapporti affettuosi. Da allora comincia l'agonia fisica e spirituale che durerà due anni; la vita eroica e dolorosa si chiude l'8 marzo 1869.
Vita eroica e dolorosa che vale a rappresentare quello che fu il B. uomo e artista: specie di "avventuriero onorato" dell'arte e della vita, ricco di genio e di coraggio, irrequieto e instancabile nella sua varia operosità, nemico d'ogni luogo comune e d'ogni menzogna convenzionale, fantasioso e appassionato esploratore di nuove vie e conquistatore di nuovi dominî all'arte, avversato dal destino e dagli uomini, di quello e di questi vittima in troppi giorni della sua vita, trionfatore negli ultimi, ormai già stanco e chiuso ad ogni consolazione. "Ils viennent - disse egli sul letto di morte, apprendendo che una gran folla si era recata ad applaudire musiche sue in un concerto - ils viennent, mais je m'en vais".
Il B. fu certamente mal compreso o incompreso affatto non soltanto dai suoi contemporanei, ma anche da molti dei posteri, appunto per le sue doti di chiarezza e di originalità, che ne fecero negli scritti e nelle opere, un accanito avversario di ogni forma di pedanteria, di pregiudizî, di snobismo, un innovatore indipendente e solitario. Pur non essendo troppo ricco di fantasia tematica, di meravigliosa fantasia ha dato prova rivoluzionando completamente la concezione dell'orchestra moderna. Tutto ciò che è senso del colore, raffinatezza e novità d'impasti, intimità e profondità di afflato poetico, trova in B. le sue origini o, quanto meno, il suo moderno esegeta e legislatore. Prendendo le mosse dallo studio attentissimo delle preesistenti partiture, specialmente tedesche, egli seppe sviluppare ogni germe e portarlo a nuove fioriture.
Le sue esperienze e i suoi studî, raccolti nel suo già citato trattato, formano tuttora la base di ogni teorica e di ogni pratica di orchestrazione. Il trattato vide la luce in parecchie lingue: in italiano anche recentemente (Milano 1913), aggiornato da E. Panizza.
Quanto alla sostanza delle sue musiche e alle qualità della sua tecnica contrappuntistica, un certo equilibrio fra le caratteristiche tedesche e le francesi, l'orrore di ogni banalità, l'attenta ricerca delle espressioni vive e proprie, il non mai smentito amore per la chiarezza di eloquio sono anche suoi meriti precipui. Fervido sostenitore, come si è detto, dello sviluppo della musica descrittiva o a programma, che dal '47 in poi trovò in Liszt un potente cultore (al compositore ungherese si debbono i primi esempî di poema sinfonico), la grandezza di B. si manifesta intera nella musica sinfonica.
Opere: Musica sinfonica: 1828, Waverley, ouverture; Les franc-juges, ouverture; 1830, Symphonie Fantastique; 1831, Roi Lear, ouverture; 1832, Lelio, ou le retour à la vie; 1833, Rob-Roy, ouverture; 1834, Harold en Italie, sinfonia; 1838, Benvenuto Cellini, opera in 3 atti; 1839, Roméo et Juliette, grande sinfonia drammatica per coro e orchestra; Rêverie et Caprice, per soli, coro e orchestra; 1840, Symphonie funèbre et triomphale; 1844, Carnaval romain, ouverture; 1846, Dannazione di Faust, leggenda drammatica per soli, coro e orchestra; 1848, Marche funèbre (Amleto), orchestra e coro; Fuite en Égypte, ouverture; 1855, Corsaire, ouverture; 1856-59, I Troiani, dittico teatrale; 1860-62, Béatrice et Bénedict, opera in due atti; oltre molta musica corale e per canto.
Bibl.: F. Liszt, B. und seine Haroldsymphonie, 1855; E. Hippeau, B.: l'homme et l'artiste, Parigi 1883; J. G. Prod'homme, Le cycle B., Parigi 1896; J. Tiersot, H. B. et la société de son temps, Parigi 1903; R. F. Boult, B.'s life as written by himself in his letters and memoirs, Londra 1903; P. M. Masson, B., Parigi 1923; T. Mantovani, La Dannazione di Faust, Milano 1923.