HĀRŪN AR-RASHĪD ("Aronne il ben guidato")
D Quinto califfo della dinastia degli ‛Abbāsidi, nato ad ar-Rayy, probabilmente nel muḥarram 149 èg. (febbraio 766 d. C.), morto a Tūs nel Khorāsān il 3 giumādà II, 193 (24 marzo 809). Successe al fratello al-Hādī nel 170 (settembre 786), e governò, avendo a ministro e consigliere sino al 187 (gennaio 803), il barmecida Yaḥyà ibn Khālid, che poi bruscamente, assieme al figlio Gia‛far, perdette per non chiari motivi il favore del califfo, e fu imprigionato, mentre Gia‛far veniva ucciso. Gli avvenimenti esterni del califfato di Hārūn furono rivolte di ‛Alidi nelle provincie orientali dell'impero, e fortunate ma non decisive guerre con i Bizantini, sotto gl'imperatori Irene e Niceforo Foca. Notizie di cronisti occidentali pongono Hārūn in rapporti non solo diplomatici ma politici con Carlomagno, ma il silenzio completo delle fonti orientali lascia incerto questo punto; comunque, del tutto da escludere sono le recenti interpretazioni di veri e proprî rapporti di alleanza o vassallaggio fra i due sovrani.
La crudeltà usata da H. nella distruzione della famiglia dei Barmecidi e in più altre occasioni, non ha impedito che la sua figura, più attraverso tardi echi di letteratura popolare (Mille e una notte) che non per gli immediati contemporanei, assumesse un leggendario alone di giustizia e magnificenza regale, divenendo una delle più rappresentative figure della civiltà musulmana. Certo con lui, e col figlio al-Ma'mūn (v.) il califfato ‛abbāside toccò l'apice della grandezza, per iniziare subito dopo una rapida decadenza.
Bibl.: G. Audisio, La vie de Haroun-al-Raschid, Parigi 1930; F. W. Buckler, Harun ar-Rashid and Charles the Great, Cambridge (Mass.), 1930 (errata la tesi fondamentale); K. V. Zetterstéen, in Encycl. de l'Islam, II, p. 288.