Beecher Stowe, Harriet
Una scrittrice antischiavista
Con il suo celebre romanzo La capanna dello zio Tom, la scrittrice statunitense Harriet Beecher Stowe ebbe un ruolo rilevante nella lotta per l'abolizione della schiavitù che si svolse negli Stati Uniti d'America alla metà dell'Ottocento. La descrizione della brutalità dei proprietari terrieri schiavisti nei confronti della popolazione afroamericana suscitò grande scalpore dentro e fuori l'America.
Nata a Litchfield (Connecticut) nel 1811, all'età di cinque anni Harriet perse la madre, Roxanna Foote Beecher, sostenitrice appassionata dell'istruzione scolastica per le donne. Il padre, Lyman Beecher, ministro protestante e teologo, ebbe grande influenza sullo sviluppo spirituale e politico dei figli. Nel 1832 la famiglia Beecher si trasferì dal Connecticut a Cincinnati (Ohio), dove Harriet conobbe e sposò Calvin Stowe. Negli anni trascorsi a Cincinnati, l'attenzione di Beecher Stowe alla questione degli afroamericani ‒ già stimolata dall'attività del padre in difesa dei diritti civili ‒ crebbe ulteriormente.
La vicinanza con il Kentucky, uno degli Stati in cui la schiavitù era legale, la mise in contatto diretto con le persone fuggite dal Sud e con i loro racconti agghiaccianti. Il desiderio di Beecher Stowe di scrivere un romanzo che rispecchiasse le storie ascoltate in quegli anni e smuovesse le coscienze sopite dei cittadini del Nord prese corpo in seguito all'approvazione nel 1850 di una legge, nota come Fugitive slave act ("legge dello schiavo fuggiasco").
Questa stabiliva il divieto assoluto di aiutare i fuggiaschi su tutto il territorio americano e l'obbligo di denunciarli, e sanciva inoltre il diritto dei proprietari di far catturare e ricondurre in schiavitù gli afroamericani in fuga anche al di fuori dai confini degli Stati schiavisti. Nacque così La capanna dello zio Tom pubblicata a puntate, prima sulla rivista abolizionista National era nel 1851 e poi in due volumi nel 1852.
Attraverso una serie di ritratti tra i quali emerge la figura dello schiavo Tom, Beecher Stowe descrive l'orrore della schiavitù, ne evidenzia la sistematica brutalità che colpisce gli affetti, separa i figli dalle madri, lascia gli schiavi in balia di singole persone alle quali la legge consente di decidere sulla vita altrui. La famiglia Shelby, proprietaria di Tom, tratta apparentemente i propri schiavi con pietà cristiana. Tuttavia, quando i debiti rischiano di compromettere la sua sopravvivenza, il signor Shelby non trova altra soluzione che vendere Tom e un bambino di cinque anni, Harry, confermando con questo gesto la loro appartenenza alla sfera dei beni mobili piuttosto che a quella degli esseri umani.
Harry è salvato dalla madre Eliza, che preferisce rischiare la vita nella fuga invece di perdere il figlio, mentre Tom ‒ per non aggravare la situazione degli Shelby e, di conseguenza, la sorte degli altri schiavi ‒ accetta un destino che lo conduce nella piantagione di un uomo alcolizzato e senza scrupoli, Simon Legree. Qui Tom si rifiuta di rivelare il piano di fuga di due schiave e per le percosse subite muore tra le braccia del figlio di Shelby, giunto alla piantagione per riacquistarlo e riparare all'errore del padre.
Il libro ebbe subito un grosso successo editoriale anche fuori dai confini degli Stati Uniti, ma non mancarono, da parte dei sostenitori del sistema economico schiavistico, le accuse a Beecher Stowe di propaganda e distorsione della realtà. Nel corso degli anni La capanna dello zio Tom ha suscitato reazioni controverse. Malgrado le buone intenzioni dell'autrice, infatti, la figura di Tom è stata percepita con sfumature sempre diverse fino a diventare, soprattutto negli anni Trenta e Sessanta del secolo scorso, simbolo di deferenza degli afroamericani alla cultura dei bianchi (si pensi che la qualifica di 'uncle Tom' è entrata nel linguaggio comune come sinonimo di "servo dei padroni"). Oltre a La capanna dello zio Tom, Beecher Stowe pubblicò altri romanzi e un discreto numero di saggi sulla vita domestica e l'educazione dei bambini. Morì a Hartford (Connecticut) nel 1896.