Pinter, Harold
Drammaturgo, attore, regista, sceneggiatore cinematografico inglese, nato a Hackney (Londra) il 10 ottobre 1930. Figlio di un sarto di origine ebrea sefardita, dopo aver frequentato per breve tempo la Royal Academy of Dramatic Arts di Londra iniziò a recitare con il nome d'arte di David Baron. Esordì come autore con l'atto unico The room (1957), cui seguirono The birthday party (1958), The dumb waiter (1959), i radiodrammi A slight ache (1959) e A night out (1960), e The caretaker (1960), il primo dei suoi lavori accolto con favore dalla critica. Riconosciuto come una delle voci più originali della nuova drammaturgia inglese, applaudito come interprete e regista, non solo dei propri testi, P. ha lavorato anche nel cinema scrivendo sceneggiature per J. Losey (The servant, 1963, Il servo), E. Kazan, K. Reisz (The French lieutenant's woman, 1981, La donna del tenente francese), P. Schrader e altri. A coronamento di una lunga serie di riconoscimenti, nel 2005 gli è stato conferito il premio Nobel per la letteratura per aver saputo svelare nelle sue opere - recita la motivazione ufficiale - "il baratro nascosto sotto le chiacchiere di ogni giorno" costringendoci "a entrare nelle chiuse stanze dell'oppressione". Nel discorso inviato all'Accademia svedese in quell'occasione, ribadendo la necessaria distinzione tra il diritto all'ambiguità dell'arte e il dovere della verità nell'azione pubblica, P. ha svolto una dura requisitoria contro la politica estera degli Stati Uniti e il ricorso alla guerra.
Dopo le prime commedie che si caratterizzano per alcune forti ambientazioni sottoproletarie e situazioni claustrofobiche (si pensi ai due killer professionisti di The dumb waiter o al barbone che tenta d'installarsi come guardiano nello squallido appartamento dei due fratelli Aston e Mick in The caretaker; e si vedano The room e A slight ache, dove luoghi intimi e domestici stanno per essere violati dall'irrompere di una minaccia esterna tanto improvvisa quanto inesplicabile), P. ha via via privilegiato ambienti borghesi e finanche intellettuali, senza mai smentire la sua propensione a una drammaturgia disturbante, che non offre allo spettatore né la gratificante indignazione del teatro di denuncia né la sorridente evasione della commedia d'intreccio e piuttosto rinvia alle atmosfere enigmatiche di S. Beckett e di F. Kafka. Nascono così i drammi maggiori, teatrali e televisivi, in cui l'ambiguità di rapporti segnati spesso dall'ombra di un passato misterioso, le fedi tradite e i fallimenti, trovano espressione in dialoghi magistralmente orchestrati sui toni del parlato, ricchi di equivoci, fraintendimenti, inconcludenze: The lover (1963), dove Sarah e Richard riescono a trovare il loro equilibrio di coppia solo fingendo reciprocamente di essere l'uno l'amante dell'altro; Tea party (1965); The homecoming (1965), un testo tanto imbarazzante nella sua improbabile conclusione quanto drammaturgicamente efficace; The basement (1967); Silence (1969); Old times (1971); Monologue (1973); No man's land (1975); il complesso Betrayal (1978), una storia di tradimenti che si ricostruisce a ritroso nel tempo. Seguono The hothouse, feroce satira delle istituzioni manicomiali scritta nel 1958 e rappresentata nel 1980; A kind of Alaska (1982); Victoria Station (1982), una delle più felici realizzazioni del tipo di situazioni e di dialoghi assurdi per cui si è coniato il termine pinteresque; i durissimi One for the road (1984) e Mountain language (1988), dove la dialettica di violenza e asservimento che sottende gran parte del teatro di P. assume le forme del delirio poliziesco contro qualunque forma di opposizione; Party time (1991), che affronta la stessa tematica in un contesto di artefatta mondanità. Tornato ai suoi modi più classici, dopo Moonlight (1993), dolente riflessione sul tema della morte, e Ashes to ashes (1996), in cui la violenza della passione s'incrocia con l'esperienza della Shoah, con Celebration (2000) P. ha fornito una travolgente satira dei nuovi ricchi e della loro pericolosa ideologia.
Tra le altre sue opere vanno ricordati il romanzo giovanile The dwarfs (1990; trad. it. 1993), da cui è tratto il dramma omonimo del 1960, e i non pochi scritti poetici (da Poems, 1968, a War, 2003; disponibile in trad. it. la silloge Poesie d'amore, di silenzio, di guerra, 2006) e narrativi (Collected poems and prose, 1986). Tutti pubblicati in singole edizioni, i testi teatrali sono, tranne gli ultimi, riuniti in Plays (4 voll., 1991); una selezione di testi in traduzione italiana si trova in Teatro (1972; nuova ed., 2 voll., 1996, 20052) e in Chiaro di luna e altri testi teatrali (2006).
bibliografia
M. Esslin, Pinter the playwright, 1973, 20006; G. Almansi, S. Henderson, Harold Pinter, London 1983.
Harold Pinter. Critical approaches, ed. S.H. Gale, Rutherford-London 1986.
Harold Pinter. Dal teatro della minaccia al cinema delle ceneri, a cura di C. Jandelli, B. Manetti, G.M. Rossi, Firenze 2001.
R. Canziani, G. Capitta, Harold Pinter. Scena e potere, Milano 2005.