Ultimo faraone della XVIII dinastia (1345 a. C. circa - 1318). Sovrano sotto il cui regno venne saldamente riaffermato il potere del clero tebano di Amon dopo l'eresia della fase di Tell el-‛Amārna, H. operò per una restaurazione culturale e politica dell'Egitto attraverso il risanamento dell'amministrazione statale e una aggressiva strategia di riaffermazione dei limiti territoriali del paese.
Salito al trono, attuò il completo ritorno alla religione tradizionale, curando di far cancellare il nome di Aton e restaurando quello di Amon là dove era stato soppresso. Per sottolineare inoltre la propria adesione alla ortodossia tradizionale, contro quanto era avvenuto nel periodo di Tell el-‛Amārna, H. contò i suoi anni di regno a partire dalla morte di Amenofi III, volendo così in un certo senso sottrarre alla storia i regni di Amenofi IV e dei suoi immediati successori (Tutankhamon e Ai). L'opera del sovrano fu dedicata alla riorganizzazione dell'Egitto, che certamente aveva sofferto del confuso periodo di crisi connesso alla fine dell'età amarniana. Un editto di H., attestato da una stele di Karnak, descrive la situazione di disorganizzazione e di irregolarità in cui si trovava l'amministrazione statale al suo avvento al trono, e i provvedimenti che egli prese per sanare questo stato di cose e riportare pace e benessere nel paese. Sul piano internazionale il regno di H. costituì una sicura ripresa: il faraone approfittò della sollevazione di alcuni stati siriani alla morte di Shuppiluliuma per far sentire di nuovo la presenza egiziana nel nord, fino a Ugarit. Gli eserciti egiziani accorsi in Siria in appoggio dei ribelli furono battuti dai generali di Murshili II e dovettero ripiegare. Tuttavia il possesso della zona a sud di Qadesh rimase saldamente detenuto da Haremhab. Sembra anche che un trattato venisse concluso tra H. e Murshili II, e che la pace si sia mantenuta in seguito durante i loro regni.