JAHNN, Hans Henny
Scrittore tedesco, nato a Stellingen-Altona (Amburgo) il 17 dicembre 1894, morto ad Amburgo il 29 novembre 1959. Figlio di un armatore, durante la prima guerra mondiale, obbedendo alle sue convinzioni pacifiste, si trasferì in Norvegia. Insieme a G. Hans fondò nel 1921 - ad Amburgo - la casa editrice "Ugrino-Verlag", pubblicando fra l'altro composizioni di S. Scheidt, D. Buxtehude, Gesualdo, A. Schlick e V. Lübeck; egli stesso, del resto, ha scritto apprezzati lavori di teoria musicale e di tecnica della costruzione organistica. Abbandonata la Germania nel 1933 (i nazisti avevano messo al bando i suoi libri), J. si stabilì in Danimarca, ove rimase fino al 1945, svolgendo attività di allevatore di cavalli e biologo. Rientrato in patria, fissò la propria residenza ad Ambrugo ed entrò a far parte della Freie Akademie der Künste (di cui fu presidente), della Akademie der Wissenschaften und der Literatur e della Deutsche Akademie der Künste.
J. è forse la figura più discussa della letteratura tedesca contemporanea, fin da quando - nel 1920 - il conferimento del Premio Kleist decretatogli da O. Loerke aveva sanzionato una popolarità appassionatamente e radicalmente divisa in fautori convinti e irremovibili detrattori. Il suo primo dramma, Pastor Ephraim Magnus (Berlino 1919), nato nel clima di un espressionismo rivissuto in chiave freudiana, e la cui messinscena - curata nel 1921 da A. Bronnen e B. Brecht - aveva suscitato uno scandalo teatrale senza precedenti, è infatti soltanto l'avvio di un'opera drammatica e narrativa rivolta a scandagliare - con tutti i mezzi più audaci che la psicanalisi potesse offrire - la psicologia umana nelle sue dimensioni più torbide e animalesche; in Pastor Ephraim Magnus delirio sessuale di un pastore evangelico attraverso il quale si esprime, in modi abnormi e in un linguaggio mistico-sensuale, un'ansia intensa di elevazione verso il divino; in Die Krönung Richards III. (Amburgo 1921), basato sulla infelicità fisica del sovrano inglese animato da una insaziabile sete di rivalsa e sulle perversioni sessuali della regina Elisabetta mossa da una inestinguibile sete di piacere; in Der Arzt, sein Weib, sein Sohn (Klecken 1922), dove i rapporti fra gli uomini trionfano in una dimensione morbosa e anormale, sul filo di una tematica esplicitamente ripresa nel successivo dramma Der gestohlene Gott (Potsdam 1924), che affronta l'amore incestuoso di due fratelli; e in Medea (Lipsia 1926), esasperazione parossistica dell'identico motivo in chiave mitica. Le stesse contrastanti reazioni ha suscitato J. con le opere teatrali portate sulla scena in questo secondo dopoguerra: Armut, Reichtum, Mensch und Tier (Monaco 1948) e Thomas Chatterton (Francoforte sul Meno 1955).
Non diversamente discussa, né diversamente orchestrata nei temi è la produzione narrativa di J., a cominciare dal monumentale romanzo Perrudja (Berlino 1929), epopea dell'uomo d'oggi a contatto col mondo e la natura svolta con una tecnica che risente la lezione di Joyce. Significati universali intende attingere anche la trilogia Fluss ohne Ufer (sinora: Das Holzschiff, Monaco 1949; Die Niederschrift des Gustav Anias Horn, nachdem er 49 Jahre alt geworden war (Monaco 1949), senza peraltro l'eruttiva potenza del primo romanzo ma in una fantasmagorica scrittura che tocca la sua massima intensità quasi di incubo in Die Nacht aus Blei (Amburgo 1956), dove un generico spunto kafkiano raggiunge vertici quasi insopportabili di spasmodica angoscia. Notevoli anche, a parte la "fiaba" Polarstern und Tigerin (1929), i racconti riuniti nel volume 13 nicht geheure Geschichten (Amburgo 1954).
Agli uni J. è apparso "il massimo prosatore tedesco del nostro tempo" (W. Muschg), che nell'esaltazione del corpo e degli impulsi fisici crede di poter ritrovare un motivo di schiettezza e innocenza nel corrotto mondo d'oggi; agli altri un semplice pornografo, ossessionato dalla monomanica idea del sesso. Certo J. è scrittore di razza, dotato d'una innegabile potenza d'ispirazione e d'una rara coerenza stilistica e ideologica: ma la sua opera è destinata a restare più come documento barocco della profonda crisi morale del nostro tempo, sospesa tra misticismo e sensualismo, che non come specchio d'un clima poetico compiutamente reso in termini d'arte.
Bibl.: L. Weltmann, H. H. J., in Das literarische Echo, 1930-1931; K. A. Horst, Ein nekrologischer Roman, in Merkur, V, 1951, n. 6; Festschrift für H. H. J., a cura di R. Italiaander, Amburgo 1954; W. Grenzmann, Deutsche Dichtung der Gegenwart, Francoforte sul Meno 1955; E. Lohner, H. H. J., in Expressionismus. Gestalten einer literarischen Bewegung, a cura di H. Friedmann e O. Mann, Heidelberg 1956, pp. 314-337; W. Muschg, H. H. J., in Das Einhorn. Jahrbuch der Freien Akademie der Künste, Amburgo 1957, pp. 83-87; W. Helwig, H. H. J., Dichter und Orgelbauer, in Merkur, XI, 1957, pp. 996-998; I. A. Chiusano, H. H. J., in Enciclopedia dello Spettacolo, vol. VI, Roma 1959, coll. 716-717; F. Lennartz, Deutsche Dichter und Schrifsteller unserer Zeit, 8ª ed., Stoccarda 1959, pp. 347-351.