HADAD (accadico Adad)
Dio dell'uragano venerato in Siria. Fondamentalmente affine al dio hurrita Teshup (v.), H. rappresenta l'adattamento semitico del grande dio atmosferico attestato, con nomi diversi, presso le popolazioni asianiche dell'Anatolia e della Mesopotamia settentrionale: l'origine non semitica di H. è del resto confermata dall'assenza di questo dio dal pantheon mesopotamico più antico e dal nome hurrita della paredra, Shalash. Presso i Fenici H. compare col nome di Ba῾al (v.).
In Mesopotamia, dove le forze atmosferiche erano personificate da Enlil (v.), esisteva anche un dio dell'uragano, Ishkur; questo dio sumerico, di scarso rilievo, sui sigilli del periodo accadico (ultimi secoli del III millennio) appare raffigurato in piedi, su un carro tirato da un drago che sputa fiamme o sul drago direttamente, tenendo nelle mani una mazza e una frusta; talvolta è accompagnato dalla dea della pioggia. Verso l'inizio del II millennio, popolazioni hurrite e specialmente semitiche occidentali (Amorrei) introducono in Mesopotamia il dio occidentale dell'uragano, che assume il nome di Adad. Anche l'iconografia, pur conservando qualche elemento locale, rivela l'origine occidentale del dio: sui sigilli paleobabilonesi (primi secoli del II millennio), che costituiscono la documentazione più antica, il drago che accompagna il dio è quasi sempre sostituito dal toro (su un sigillo si trovano entrambi gli animali: Frankfort, Seals, xxvii, d); la mazza e la frusta impugnate da Ishkur sono sostituite dall'ascia e dalla folgore nella caratteristica forma del tridente. Eccezionalmente Adad appare munito di una falce o associato con l'aratro (Frankfort, Seals, xxvii, d, m). Nelle regioni periferiche della Mesopotamia si può notare una certa assimilazione di Adad al dio solare Shamash. Il tipo iconografico dell'Adad paleobabilonese subisce alcune modifiche nel periodo successivo: su un kudurru (pietra di confine) reimpiegato da Kurigalzu (XV sec. a. C.), ma forse di epoca paleobabilonese, Adad appare dinanzi ad una dea seduta; su un altro kudurru, da Susa, il dio tiene per le briglie il toro lanciato al galoppo.
Nel periodo assiro le raffigurazioni di Adad, abbondanti e piuttosto variate, possono suddividersi in due gruppi: quello mesopotamico, che testimonia il persistere del tipo iconografico precedente con leggere varianti, e quello siriano, fortemente influenzato dall'iconografia delle divinità atmosferiche dell'Anatolia. Tra le opere del gruppo mesopotamico vanno ricordate: la stele di Shamash-reshusur (IX sec.), a Istanbul, raffigurante Adad in piedi su un piedistallo e avvolto in una lunga veste decorata con zone contenenti simboli astrali; in una mano tiene la folgore, nell'altra la folgore e il cerchio magico. Un rilievo di Assurnasirpal II (883-859), al British Museum, in cui il dio dell'uragano, identificato dalle folgori che tiene in mano, combatte contro un drago (la presenza di un doppio paio di ali ne rende discutibile l'identificazione con Adad). Una bella stele di Tiglatpileser III (745-727), al Louvre, ed un rilievo dello stesso re che mostra soldati trascinanti statue di divinità: Adad è munito di due paia di corna. Una stele di Asarhaddon (680-669), nei Musei di Berlino, nel cui angolo superiore destro Adad montato sul toro compare insieme ad altre divinità. Un rilievo rupestre di Maltaya con una processione di divinità: Adad è caratterizzato dalla folgore, ed è notevole la presenza di due tori, come su un sigillo assiro. Vi è infine una serie di sigilli assiri: su uno Adad appare con la destra levata in atto benedicente, su un altro, avvolto da una veste con simboli astrali, il dio regge in mano le redini del toro. Tra le opere che mostrano influenze anatoliche ricordiamo: una stele di Tukulti-Ninurta II (888-884), trovata nel 1948 e ora ad Aleppo, in cui Adad è raffigurato in atto di uccidere un grosso serpente cornuto. Un rilievo ed una statua colossale da Zincirli, ora a Berlino; la statua, che in origine doveva raggiungere l'altezza di circa 4 m, si discosta dall'iconografia usuale: la barba rasata intorno alla bocca rivela l'ambiente aramaico da cui proviene, la mutilazione delle braccia non consente di conoscere l'atteggiamento del dio.
Il culto di H. perdura fino al periodo ellenistico, durante il quale, assimilato a Zeus, era venerato specialmente a Hierapolis, Heliopolis e Doliche (v. dolicheno). L'iconografia di Zeus-H. sembra dipendere dal tipo mesopotamico, più che da quello siriano: la presenza dei due tori, la frusta, la veste a zone, il kàlathos affine alla tiara cilindrica mesopotamica, sono elementi che confermano tale discendenza (contrariamente all'opinione del Dussaud, l'assimilazione di H. alla divinità solare avvenne in epoca molto tarda). Molte sono le attestazioni iconografiche dello Zeus-H. siriano; tra quelle più recentemente venute alla luce vanno ricordate la statua e le teste dal tempio nabateo di Khirbet et-Tannur, in Giordania. Si discosta dal tipo usuale l'iconografia di una stele, datata al I o al II sec. d. C., trovata recentemente a Khaltan in Siria, e ora ad Aleppo; i particolari iconografici (ascia, berretto troncoconico) ne fanno un'evidente derivazione dal tipo siriano-anatolico. Una tarda sopravvivenza di H. in Mesopotainia si ha nel dio Aphlad (Apil-Adad "figlio di Adad") raffigurato su una stele da Dura Europos (ora a Damasco), in piedi su due leoni.
Bibl.: R. Dussaud, in Pauly-Wissowa, VII, 1912, coll. 2157-63, s. v.; E. Dhorme, Les religions de Babylonie et d'Assyrie, Parigi 1945, pp. 96-102, 125-28; H. Schlobies, Der akkadische Wettergott in Mesopotamien, Lipsia 1925; E. Unger, in Reallexicon der Vorgeschichte, IV, 2, Berlino 1926, pp. 416-417, s. v. Götterbild; G. Furlani, Fulmini mesopotamici, hittiti, greci ed etruschi, in Studi Etruschi, V, 1931, pp. 203-31; id., La frusta di Adad, in Rend. Acc. Naz. Lincei, ser. VI, 8, 1932, pp. 574-86; H. Frankfort, Cylinder Seals, Londra 1939, pp. 124-27, 162-64, 215-16. - Per Zeus-H.: R. Dussaud, in Pauly-Wissowa, VIII, 1913, coll. 50-57, s. v. Heliopolitanus; id., Jupiter Héliopolitanus, in Syria, I, 1920, pp. 3-15; H. Seyrig, La triade héliopolitaine et les temples de Baalbek, in Syria, X, 1929, pp. 314-56.