gusto
. Una sola volta, col valore originario di " senso del gusto ", in Cv III III 10 lo diletto... del gusto e del tatto, dove sono considerate le due cause principali per cui l'uomo cede alla passione e all'incontinenza. Vicino a questo, ma già con una diversa sfumatura di significato, è l'uso di Pg XXIV 152 Beati cui alluma / tanto di grazia, che l'amor del gusto / nel petto lor troppo disir non fuma, sicché possono non cedere all'istinto della gola.
Si osservi del resto Pd XXXII 122: l'ardito gusto di Adamo non è certo la gola, il desiderio del frutto proibito, ma la " superba voglia ", lo " smodato orgoglio " che l'ha spinto al trapassar del segno (cfr. XXVI 115-117); qui dunque il sostantivo non indica " la facoltà o senso, ma l'atto del gustare " (Mattalia), ardito perché compiuto violando con animo superbo un precetto divino.
Due volte il vocabolo vale " assaggio ": in Pg XXXII 44 si parla di un legno dolce al gusto (" dolcie alla sensualità, ma non alla ragione ", Landino): in Pd XVII 131 la voce di D. sarà molesta / nel primo gusto, ma poi vital nodrimento / lascerà... quando sarà digesta: il contrasto, cioè, è fra il " primo assaggio " (Mattalia) e " la riflessione " sulle parole dantesche: " chi mastegarà le toe parole tanto ch'elle vegnano ad essere digeste, elli s'avedranno como lo to parlare è poetico e com'è fittivo e d'exempi fingitivo " (Lana); e il Buti: " nel primo apprendere, come lo cibo medicinale si sente al primo gusto amaro ". In If XIII 70 L'animo mio, per disdegnoso gusto, / credendo col morir fuggir disdegno, / ingiusto fece me contra me giusto, gli antichi commentatori non compresero il valore dell'espressione disdegnoso gusto, riferito a Pier della Vigna. Cfr. infatti il Landino: " animositas... magnifici viri indigna ferre non potest: ideo animus Petri... dum indigna gustavit ... se ipsum morte voluntaria interfecit "; e il Buti spiega che Pier della Vigna si uccise " per la pena assaggiata che non la mertava, o per alcuna parola contumeliosa che udi dire contr'a sè ". Il disdegnoso gusto non è, insomma, l'" amaricatus gustus... ex indignatione " di Benvenuto, ma " l'amaro piacere che cercasi nella soddisfazione di fiero disdegno " (Tommaseo); infatti, conclude il Sapegno, " gusto non può significare ‛ indole ', e d'altra parte questo termine implica sempre in Dante una condizione soggettiva e comporta una sfumatura di piacere, di soddisfazione sensibile; si cfr. l'ardito gusto di Par. XXXII, 122 ". E si veda anche il Bosco: " Quel che induce Piero al suicidio è, come dice il Rossi, il piacere di mostrare ai calunniatori il suo disprezzo; il disdegno che ci impedisce di umiliarci a confutare ingiuste accuse, come egregiamente chiosano il Pietrobono e il Porena. Insomma... quello di Piero è lo sdegno di Romeo di Villanova, anch'egli benemerito del suo signore, anch'egli vittima dell'invidia cortigiana... ".
Bibl. - U. Bosco, D. vicino, Caltanissetta - Roma 1966, 265-266.