gusto
Il nome della funzione sensoriale del g. è stato adoperato in etica e in estetica per designare la sensibilità del buono e del bello. La teoria del g. morale nasce tra il 17° e il 18° sec. con l’etica inglese del sentimento, con quei filosofi (Shaftesbury, Hutcheson, A. Smith) che fanno dipendere il giudizio sul valore etico non da un riferimento razionale a una legge, ma da un’autonoma capacità di sentire. La dottrina del g. estetico nasce invece tra il 17° e il 18° sec. (nella cultura spagnola Gracián fu il primo a usare il termine dandogli il significato di una facoltà mentale, capace di apprezzare con immediatezza certe qualità umane, della natura e dell’arte) insieme con l’estetica (➔) moderna, in quanto corrisponde in generale alla mutazione del concetto di estetica da dottrina oggettiva del bello a teoria dell’esperienza artistica. In seguito, il concetto di g. si afferma rapidamente nella cultura francese e in quella italiana, in cui è legato a tendenze anticlassicistiche e barocche, che si manifestano nel rifiuto, quasi in ogni campo dell’operare umano, di principi generali e rigidi. Vasta fu la letteratura sul g. nel 18° sec., soprattutto in Inghilterra (Addison, Hume, A. Gerard, Burke, Home), Francia (Crousaz, J.-B. Dubos, Y.-M. André, C. Batteux, Diderot), Germania e Svizzera (J. J. Bodmer, Breitinger, Gottsched, Sulzer, Baumgarten). La dottrina del giudizio estetico di Kant si presenta come la giustificazione dei giudizi di g., i quali, pur non potendo essere dimostrati singolarmente perché il loro valore non dipende da concetti, traggono dall’apriorità del sentimento estetico la loro validità universale. La teoria del giudizio estetico, dunque, è connessa anche a una riflessione su ciò che di necessariamente estetico c’è nel conoscere: il g., o senso comune, componente fondamentale, insieme all’intelletto e alla ragione, di ogni esperienza umana. In tale prospettiva, il giudizio estetico, o di g., diventa una nozione fondamentale dell’estetica moderna, pur senza contribuire a costituirla come una teoria specifica della produzione e dell’esperienza artistica. Nell’estetica crociana il g. come attività giudicatrice del bello si identifica in atto con la stessa attività artistica che lo produce.