GUSTAVO II ADOLFO re di Svezia
Nato il 9 dicembre 1594, primogenito del duca Carlo di Södermanland (più tardi re Carlo IX) e della sua seconda moglie Cristina di Holstein, ricevette un'educazione adatta per un futuro regnante. Già all'età di 10 anni assisteva alle sedute della dieta. Nel 1611 prese parte, per la prima volta, a fazioni belliche; quell'anno, anche, morto il padre, fu riconosciuto come re maggiorenne dalla dieta svedese. Al momento dell'assunzione al trono di G. A., la Svezia era in guerra tanto con la Danimarca quanto con la Polonia. G. A. attese alla guerra contro la Danimarca, dando la prima prova della sua capacità militare; tuttavia non ottenne un successo definitivo, il che si vide nella pace di Knäred (1613) per cui la Svezia dovette pagare una grossa somma per il ricupero dell'importante fortezza di Älosborg. Maggiore fortuna ebbe invece G. A. nella sua politica orientale, strettamente connessa coi rapporti con la Polonia, che avevano già una lunga storia prima di lui.
Dopo la deposizione del re di Svezia Erik XIV (v.) era salito sul trono svedese, nel 1566, il fratello maggiore di lui, Giovanni III, mentre il fratello minore, Carlo, era duca di Södermanland. Morto il re Stefano Báthory in Polonia, fu eletto re di Polonia nel 1587 Sigismondo, figlio maggiore di Giovanni III; e morto Giovanni III nel 1592, Sigismondo divenne, secondo il diritto di successione svedese, re anche della Svezia. Ma il duca Carlo, come capo dei protestanti, si dichiarò contrario a Sigismondo. Si venne a una guerra aperta, nella quale Carlo rimase vincitore. Sigismondo fu deposto nel 1599, e Carlo assunse nel 1604 la dignità di re di Svezia. Egli non fu mai riconosciuto come re di Svezia da Sigismondo, e scoppiò fra la Polonia e la Svezia una guerra, che durò per tutto il regno di Carlo IX. Dopo il 1609 il teatro della guerra fu la Russia, dove, per l'estinzione dell'antica casa regnante, dominava un grande disordine. Un partito russo cercò aiuto in Polonia, e nominò zar un figlio di Sigismondo, Ladislao. Il partito avverso cercò aiuto presso il nemico della Polonia, cioè presso la Svezia: e nel 1611 G. A., non ancora re di Svezia, fu proclamato granduca di Mosca. Ma, quando subito dopo morì Carlo IX, il partito antipolacco di Russia rivolse i suoi sguardi verso il fratello di G. A., Carlo Filippo, che aveva grandi possibilità di essere riconosciuto da tutti quale zar della Russia, tanto più che il generale svedese Giacomo de la Gardie aveva ottenuto brillanti successi militari in Russia.
Qui la politica di G. A. non è completamente chiara: sembra che egli non abbia mai creduto alla possibilità di una dominazione svedese in Russia. Quel che è certo, egli faceva ritardare la partenza di Carlo Filippo per la Russia e metteva avanti gravose condizioni per un suo eventuale aiuto; e quando Carlo Filippo giunse finalmente al confine della Russia, il partito antipolacco aveva già eletto un nuovo zar, il primo della casa Romanov. La politica della Svezia si volse allora all'acquisto di compensi territoriali per il suo intervento nei disordini della Russia. Vi erano buone possibilità, poiché la nuova Russia era anch'essa in guerra con la Polonia; e infatti G. A. che aveva riportato alcuni successi militari riuscì a ottenere nel 1617 la pace di Stolbova, che tracciava fra Russia e Svezia il confine al lago Ladoga. "Non sarà facile per i Russi", disse G. A., "di saltare o correre al di là di quelle acque". La Russia fu effettivamente tagliata via dal mare; e si era a una tappa importante nell'effettuazione di un regno baltico svedese. L'ulteriore politica del re verso la Polonia e la Germania diede risultati analoghi e così G. A. riuscì a creare uno stato svedese che esercitava il suo predominio sui punti più importanti del territorio baltico. Non si può dire tuttavia con precisione fino a qual punto e da quale momento G. A. si fosse proposto questa politica: difficilmente vi deve aver pensato prima o subito dopo la pace conclusa con la Russia.
Dopo il 1617 il compito più importante per la politica estera di G. A. fu la sistemazione della questione polacca. Egli cercò in varie occasioni di ottenere, per mezzo di negoziati, una pace definitiva, ma Sigismondo non si lasciava piegare. Fino al 1621 nella guerra con la Polonia si rinnovarono frequentemente armistizî; ma nel 1621 G. A. prese, dopo un assedio, la città di Riga, il suo primo successo militare d'importanza. Dopo un'altra tregua, fu compiuta nel 1625 la conquista della Livonia; nel 1626-29 G. A. combatté in varie campagne, conquistando varie città, ma non Danzica. Infine nel 1629 fu conclusa ad Altmark una tregua di 6 anni, per effetto della quale la Svezia teneva sotto il suo controllo tutte le rendite delle dogane del territorio baltico orientale.
La guerra con la Polonia fu per G. A. una scuola per quella che egli condusse poi in Germania. Qui egli sviluppò pienamente le sue grandi doti militari, tenendo a suo maestro di strategia Guglielmo d'Orange. La guerra polacca, dipendente dalla posizione di G. A. in Svezia, è un primo passo verso quella tedesca: G. A. considerò la sua lotta con Sigismondo come un episodio della lotta combattuta nello stesso tempo fra i protestanti e i cattolici; e infatti già nella Prussia Orientale G. A. aveva dovuto combattere contro soldati imperiali, mandati in aiuto al re Sigismondo. D'altronde sin dal principio della guerra dei Trent'anni G. A., imparentato con molte case principesche protestanti tedesche, aveva seguito con interesse gli avvenimenti, avvicinandosi all'idea di riunire i principi protestanti in un'unica alleanza; e quando dopo la disfatta del suo antico nemico, il re Cristiano IV di Danimarca, a Lutter am Barenberge, le truppe di Wallenstein ebbero occupato lo Jütland e l'influenza dell'imperatore si cominciò a far sentire fortemente nella Germania settentrionale, G. A. comprese che la lotta fra il protestantesimo e il cattolicesimo, fra lui e Sigismondo poteva essere risolta definitivamente solo in Germania.
Già quando egli aveva deciso nel 1629 di prendere parte alla guerra tedesca, gli era balenato il pensiero di completare la potenza svedese attorno al Baltico, con conquiste in Germania. Ma questo pensiero non ebbe poi importanza decisiva, e G. A. non lo formulò nei suoi particolari. La questione che spesso fu discussa, se la sua entrata in guerra sia stata determinata da motivi religiosi o politici, è artificiosa. L'educazione ricevuta da G. A. aveva fatto di lui un fervente protestante; e la sua posizione in Svezia e in Europa era così strettamente collegata con la causa protestante, che egli non avrebbe mai potuto ammettere vantaggi proprî che fossero contrarî ai successi del protestantesimo. Ambedue le cose erano per lui indivisibili.
Nel giugno del 1630 G. A. sbarcò a capo di un esercito svedese nell'isola di Usedom della Pomerania. Costrinse il duca di Pomerania a unirsi con lui come alleato; nel gennaio del 1631 concluse con Richelieu, il quale aveva a lungo cercato di spingerlo verso una guerra con la Germania, un trattato a Bärwalde, per il quale gli furono promessi grandi sussidî; e poi acquistò altri alleati in Germania, benché non potesse salvare da Tilly la città libera di Magdeburgo. Con un rapido movimento compiuto verso Berlino, costrinse l'elettore di Brandeburgo a consegnargli parecchie città importanti, mentre la politica di Tilly costringeva l'elettore di Sassonia Giovanni Giorgio a gettarsi nelle braccia di G. A. Il quale, unito coi Sassoni, riportò il 17 settembre 1631 la decisiva vittoria su Tilly presso Breitenfeld (o Lipsia; v. anche trent'anni, guerra dei). La nuova strategia di G. A. s'era affermata con risultati brillanti.
Sempre vittorioso, G. A. mosse dalla Sassonia verso SE. per ragioni politiche, cioè per cattivarsi i protestanti. Pose il suo quartiere d'inverno a Francoforte sul Meno, dove si raccolsero attorno a lui alcuni principi protestanti della Germania. Nella primavera mosse verso la Baviera, sconfisse ancora una volta presso la Lech Tilly, che fu ferito mortalmente, e occupò Monaco; ma la riapparizione di Wallenstein lo costrinse a dirigersi verso il Nord. I combattimenti attorno a Norimberga riuscirono senza risultato. La battaglia presso Lützen, il 16 novembre 1632, finì con una vittoria per gli Svedesi; ma G. A. vi trovò la morte. Il suo piano di ordinamento della Germania, espresso nelle parole Corpus evangelicorum (una solida lega fra i paesi protestanti della Germania sotto la direzione suprema della Svezia), andò in rovina con la sua morte.
Benché G. A. abbia agito soprattutto da guerriero, il suo regno fu della più grande importanza anche per l'interno sviluppo della Svezia. Qui G. A. diede compimento all'opera cominciata da Gustavo I, poiché diede forme stabili alla dieta svedese, e dal riksråd vecchio creò un vero consiglio della Corona, i cui primi membri erano rappresentanti di varî rami del governo centrale. Il commercio, lo sfruttamento delle miniere e l'industria vennero favoriti, secondo le idee economiche di quei tempi. Nella politica finanziaria egli seguì nuove vie, e cercò, spinto a ciò in parte dalla sua politica estera, di basare le finanze dello stato svedese, invece che sui beni della Corona, sulle imposte, tariffe doganali e rendite delle miniere. Verso la nobiltà fu generoso e visse in buoni rapporti con questo ceto, dal quale erano usciti il suo più ragguardevole cooperatore politico, A. Oxenstierna, e alcuni dei suoi ufficiali più valenti, come G. Horn e J. Baner.
A G. A. sono dovuti i progressi principali delle istituzioni e dell'arte della guerra nel sec. XVII. Tutti i rami dell'arte militare subirono per suo influsso sostanziali modificazioni. Mentre nel resto dell'Europa gli eserciti erano composti in massima parte di soldati d'ogni nazione e d'ogni fede, reclutati col sistema degl'ingaggi e combattenti per la paga e per la preda, egli li trasse principalmente dai suoi sudditi svedesi, obbligando i comuni a somministrarli in ragione di 5 per mille abitanti; e, in luogo di improvvisarli dalla nobiltà, volle che gli ufficiali facessero un preventivo tirocinio, come semplici soldati e come graduati di truppa. Solo una parte del suo esercito era costituita per arruolamento volontario. Da tutti pretese l'osservanza di una severa disciplina, favorita da un acceso zelo religioso; per il primo introdusse le divise uniformi di panno, con mostre e distintivi di colori diversi secondo le varie armi e i varî corpi. G. A. alleggerì al massimo l'armamento del soldato: abolì la corazza anche per la cavalleria (tranne che per i corazzieri); costruì a ruota invece che a miccia il moschetto e lo alleggerì così da potersi sparare a braccio senza l'uso della forcella: introdusse l'uso delle cartucce e della giberna. Per questi perfezionamenti gli Svedesi furono più agili e sciolti e la loro celerità di tiro fu tre o quattro volte maggiore di quella degl'imperiali. Come mezzo d'azione, G. A. diede la preminenza al fuoco, aumentando la proporzione dei moschettieri sui picchieri, che negli altri eserciti erano la metà e in quello svedese venne ridotta a un terzo: e non solo fu tolta loro ogni armatura difensiva (fu lasciato il solo elmo), ma fu diminuita di molto la lunghezza della picca. Egualmente importanti furono le innovazioni nel materiale d'artiglieria, tendenti anch'esse a maggiore scioltezza e ad inusitata rapidità di tiro. Oltre all'artiglieria pesante furono introdotti cannoni di ferro fuso leggerissimi (non più di un quintale), trainati da due cavalli; e anche per l'artiglieria venne introdotto l'uso delle cartucce. La fanteria fu divisa in reggimenti di otto compagnie ciascuno; a ogni reggimento vennero assegnati sei od otto pezzi di artiglieria leggiera. Vi furono anche reggimenti di soli moschettieri per servir d'appoggio alla cavalleria. Questa era costituita in reggimenti suddivisi in cornette di 100 cavalli circa; ed era di due specie: corazzieri e dragoni. Solo i primi avevano armi difensive, elmo e petto di ferro, e come armi d'offesa una lunga spada dritta e due pistole. I dragoni avevano moschetto, spada e pistole. Si formavano in battaglia per squadroni di circa 270 cavalli: e tra squadrone e squadrone vi era un drappello di moschettieri incaricati di proteggere i cavalieri col fuoco, fin che giungessero quasi a contatto col nemico. Allora la cavalleria, prima al trotto e poi al galoppo, si avventava contro il nemico, facendo fuoco a bruciapelo, e colpendo con la spada. Disordinatasi dopo la carica, tornava a formarsi dietro i drappelli dei suoi moschettieri.
Sul campo di battaglia l'unità tattica era la brigata formata su due reggimenti: l'ordinanza tipica dell'esercito era su due linee press'a poco di forza eguale: in ogni linea le brigate di fanteria al centro; alle ali gli squadroni di cavalleria, alternati coi loro drappelli di moschettieri. Gli intervalli tra brigata e brigata e tra squadrone e squadrone erano press'a poco uguali alla fronte di ciascuna unità. Le unità di seconda linea in corrispondenza degl'intervalli della prima (dispositivo a scacchiera). Dietro ogni linea stava una riserva speciale di fanteria e cavalleria: avanti agli intervalli della prima linea l'artiglieria reggimentale: l'artiglieria pesante era raccolta in batterie sui punti più opportuni. Nella fanteria erano riuniti in drappelli distinti i picchieri e i moschettieri, tutti schierati su una stessa linea, ma disposti in modo da sostenersi a vicenda. I moschettieri stavano ai lati dei picchieri, difendendoli col loro fuoco finché si combatteva da lontano: quando si dava o si riceveva l'urto, i moschettieri si riparavano dietro i drappelli dei picchieri. Invece negli altri eserciti la fanteria, ancora pesantemente armata, si formava su battaglioni aventi una profondità minima di dieci righe, e la cavalleria, quasi interamente armata di grosse armature difensive, caricava per lo meno su cinque. G. A. ridusse la profondità a sei righe per i picchieri, e quasi sempre a tre per i moschettieri e per la cavalleria, accrescendo assai la massa del fuoco e la velocità dell'urto (v. guerra, arte della).
G. A. è senza dubbio il più notevole re di Svezia e uno degli uomini più grandi della sua età. Egli era a un tempo uomo politico, organizzatore, diplomatico e generale; e se aveva fiducia in sé stesso, conosceva sempre le sue risorse, sì che si proponeva solo quegli scopi che potevano essere raggiunti. Seppe in un modo veramente raro trar profitto fino all'estremo di ogni singola occasione, per conseguire vantaggi, e anche sfruttare i vantaggi acquistati in modo da trarre da essi nuove risorse. La personalità di G. A. era completamente armonica. Dei molti difetti del carattere della casa Vasa appariva in lui solo una certa irascibilità. Dal suo matrimonio con Maria Eleonora di Brandeburgo, G. A. ebbe la figlia Cristina, che gli succedette sul trono di Svezia.
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Unione di Gustavo Adolfo.
Il comitato formatosi nel 1832 per erigere un monumento a Gustavo Adolfo per il bicentenario della morte (6 novembre 1632), pensò di onorare invece la memoria del principe, che in vita aveva vagheggiato la costituzione di una gran lega fra i paesi protestanti della Germania, con la fondazione di una società a lui intitolata, che avesse per scopo di sovvenire alle necessità delle comunità evangeliche povere, specialmente nei paesi cattolici. In conseguenza di ciò nel 1834 sorse, a Lipsia e a Dresda, una G. A. Stiftung che ebbe però scarsa risonanza e ristretto raggio d'azione. Solo per merito di Karl Zimmermann si poté giungere (il 16 settembre 1842) alla costituzione dell'Evangelischer Verein der G. A. Stiftung, che presto giunse a svolgere la sua attività in quasi tutti i paesi d'Europa e anche nell'America Meridionale. Gli statuti della società, che ha la sua sede centrale a Lipsia, furono fissati nel 1843. La società ha svolto anche proficua azione in favore della riunione (attuatasi nel 1922) delle chiese evangeliche tedesche.