NOSEDA, Gustavo Adolfo
NOSEDA, Gustavo Adolfo. – Nacque a Milano il 24 novembre 1837, primogenito di Giovanni, commerciante e possidente molto agiato, e di Vincenza Mazzucchelli.
A partire dal 1857 ebbe il permesso paterno di dedicarsi interamente alla musica, sua bruciante passione: a quella data aveva compiuto gli studi classici, indi quelli giuridici nell’Università di Pavia. Contemporaneamente, aveva seguito gli studi musicali con Raimondo Boucheron (armonia e contrappunto) e Giovanni Ferrari (pianoforte) nel Conservatorio di Milano.
L’ambiente musicale milanese cominciò a conoscere il nome del giovane musicista in occasione di due concerti da lui organizzati, rispettivamente il 29 marzo 1857 e il 28 marzo 1858. Al cospetto di personalità di spicco presentò musiche di compositori sommi (Ludwig van Beethoven, Giuseppe Verdi), insieme ad alcune sue proprie, sinfoniche e operistiche. Nel secondo concerto furono eseguiti brani della sua prima opera, Guerrilla catalana, su libretto di Salvator Mazza.
Nell’estate dello stesso 1858 il padre di Noseda gli acquistò un libretto di Francesco Maria Piave (ormai celeberrimo come librettista verdiano), Il duca di Foix, che tuttavia non fu musicato. Decisivo nella vita di Noseda fu il lungo soggiorno, dalla fine del 1859 al 1863, a Napoli dove si recò per perfezionare gli studi musicali con Saverio Mercadante e anche, si può supporre, per cercare sollievo alla salute cagionevole in una città dal clima meno rigido di quello milanese: sin da giovanissimo aveva infatti manifestato i primi sintomi della tubercolosi che lo condusse a morte precoce.
Fu spettatore di eventi storici epocali, in primis la caduta dei Borbone e il passaggio al nuovo regno d’Italia. La lettera al padre dell’8 settembre 1860 testimonia l’ingresso di Garibaldi in città e l’entusiasmo universale: «Balzai colla febbre e mi portai subito a Napoli desideroso di assistere all’arrivo del grand’uomo. Verso mezzogiorno fece la sua entrata [...]. Descrivere i gridi frenetici del popolo, le acclamazioni, l’entusiasmo è cosa impossibile» (in Moreni, 1985, p. 105).
A Napoli proseguì l’attività compositiva, dedicandosi a diversi generi, comprese la musica sacra e la musica da camera, ma soprattutto al melodramma: dai primi mesi del 1861 al 1863 fu impegnato a scrivere l’opera Ada, su libretto di Piave.
Le lettere al padre informano su molti dettagli circa la scelta del soggetto, la sceneggiatura, la trattativa col poeta, il contratto e il compenso pattuito; tuttavia, nulla conosciamo della musica, perduta. Piave era al lavoro con Verdi per La forza del destino, che fu rappresentata a San Pietroburgo nel novembre 1862: fatalmente, trascurò il lavoro per il giovane compositore in favore di colui che già era una gloria nazionale. Noseda mostrò la propria determinazione nella lettera al padre del 5 giugno 1861: «se egli tiene degli affari per Verdi, non è sufficiente ragione perché abbia ad essere sacrificato io» (ibid., p. 122). Comunque, Piave, pur in ritardo di qualche mese, arrivò a completare il libretto (28 giugno).
Nelle lettere Noseda esprime interessanti considerazioni drammaturgiche, anche sul teatro verdiano. Il 19 gennaio 1862 così si esprime a proposito della mancanza dell’obbligatorio «concertato di stupore», a metà del finale intermedio: «Non si deve sacrificare il soggetto alle forme [...] Chi ha dato il crollo maggiore alle forme prestabilite è stato Verdi, e tu vedi che le opere sue non sono da disprezzarsi. Io te ne citerò una solamente, che senza il pezzo concertato ha fatto il giro del mondo. Il Rigoletto» (ibid., p. 136).
Raccolse la sua imponente biblioteca di 10.253 volumi – donata dai famigliari al Comune di Milano e ora custodita nel Conservatorio di musica della stessa città – per lo più a Napoli, e infatti il fondo Noseda contiene soprattutto pezzi di provenienza napoletana del Sette e Ottocento.
C’è una ragione specifica, che emerge più volte dall’epistolario. Il 28 novembre 1861: «La miseria, vedi, ha fatto sì che vi sono molti individui artisti che si vanno privando di cose assai rare ed a prezzi così bassi che sarebbe follia lasciar scappare. Credo che occasione così favorevole poche volte si presenti nel decorso degli anni» (ibid., p. 130). Il 16 gennaio 1862: «Le condizioni politiche del nostro paese non sono bene assicurate. Se domani per un caso, la parte dell’Italia meridionale venisse smembrata dalla settentrionale con quale e quanta difficoltà non potrebbero aversi lavori che in giornata sono procurabili la mercé delle facili comunicazioni e delle mie circostanze particolari che in oggi mi permettono di poter prendere copia di cose che forse domani potrebbero rimaner chiuse a tutti come era per lo passato» (ibid., p. 134).
A Milano le condizioni d’acquisto non erano così favorevoli come a Napoli; il che non impedì a Noseda di procedere ad acquisti importanti anche nella sua città, come le biblioteche di Pietro Lichtenthal e di Alessandro Rolla. Nel fondo si trova l’unico manoscritto completo conosciuto dell’Europa riconosciuta di Antonio Salieri, l’opera che inaugurò il teatro alla Scala nel 1778, nonché autografi o preziosi esemplari (tra gli altri) di Giovani Paisiello, Domenico Cimarosa, Niccolò Zingarelli, Wolfgang Amadé Mozart, Giacomo Meyerbeer, Gioachino Rossini, Gaetano Donizetti, Vincenzo Bellini e Felix Mendelssohn.
Era ben consapevole dell’importanza storica della sua biblioteca, e ne era orgoglioso, come era anche consapevole che avrebbe dato lustro al suo nome nel futuro. Il 20 dicembre 1861: «Ho bisogno che quest’ultimo [l’archivio] diventi importante, e che abbia a racchiudere una quantità tale di opere importanti da renderlo utile al paese, e da far sì che il mio nome venga ripetuto con qualche riconoscenza da tutti gli uomini dell’arte. Sarà questo anche un modo di arrivare là dove aspiro, dove sono rivolte tutte le mie cure, le mie fatiche» (ibid., pp. 129 s.). Ma non meno rilevante è la volontà di dar lustro all’Italia, l’orgoglio nazionalistico di chi crede che i compositori italiani del passato siano stati modello per i grandi colleghi d’oltralpe, tedeschi in particolare. Il 24 maggio 1862: «Il lavoro che io sto compiendo ora è della più grande importanza, perché tende a riunire tutto quello che di buono hanno fatto i nostri padri, e rivendicare all’Italia l’onore di aver messo il germe di tutte le scuole, e di tutte le forme che poi illustrarono gli altri paesi e specialmente la Germania» (ibid., p. 144).
Nel luglio 1863 lasciò definitivamente Napoli e tornò a Milano. Ultimi eventi rilevanti nella sua vita furono i concerti di musica strumentale organizzati in casa propria tra il 6 gennaio e il 16 aprile 1864 e tra il 2 febbraio e il 17 aprile 1865. Essi ebbero larga eco nella stampa: se ne occuparono firme di primo piano come Arrigo Boito, allora ventiduenne, e Filippo Filippi. Unanimemente si sottolineò la singolarità della concezione monografica, specie nel concerto del 20 marzo 1864, che Noseda intitolò Saggio storico musicale italiano (pubblicò un breve scritto con questo titolo come programma di sala, poi stampato il giorno dopo nel periodico La Perseveranza): comprendeva sinfonie d’opera da Giovanni battista Pergolesi a Niccolò Jommelli, da Gioacchino Rossini a Mercadante.
L’ultimo melodramma cui lavorò è Arminia, ancora su libretto di Piave. Avrebbe dovuto avere un battesimo illustrissimo, nel teatro alla Scala, nella stagione di carnevale 1865-66. Il 6 maggio 1865 firmò il contratto con la direzione del teatro, in giugno propose i cantanti; ma non poté portarla a compimento: in settembre le condizioni di salute peggiorarono irreversibilmente.
Morì a Milano il 27 gennaio 1866.
Fonti e Bibl.: E. de’ Guarinoni, Indice generale dell’Archivio musicale Noseda, Milano 1897; G. Tintori, L’epistolario di Adolfo N. al Museo teatrale alla Scala, in Quadrivium, XII (1971), pp. 331-348; C. Moreni, Vita musicale a Milano 1837-1866. G.A. N. collezionista e compositore, Milano 1985 (con prefazione di F. Degrada, pp. 10-14); C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, II, p. 182; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti. Le biografie, V, p. 403.