DORÈ, Gustave
Incisore, pittore e scultore, nato a Strasburgo il 6 gennaio 1832, morto a Parigi il 23 gennaio 1883. A sei anni già disegnava e a 15 cominciò a pubblicare disegni nella Caricature. La guerra di Crimea del 1854 gli offrì l'occasione d'illustrare la Storia pittoresca, drammatica e umoristica della Santa Russia, edita da Bry aîné. Questa illustrazione lo rese celebre. Pieno di ammirazione, Paul Lacroix lo stesso anno gli affidò l'illustrazione del Rabelais, seguita nel 1855 da 425 disegni per i Contes drôlatiques di Balzac. Queste due opere confermano la sua fama. L'artista, poco adatto al disegno di costumi, alla satira, al genere del Daumier e del Gavarni, definisce in esse il suo stile, la sua vena di narratore popolare, buffonesco, visionario, il suo particolare dono d'umorista, il senso barocco o delicato, quel non so che di capriccio, di féerie che l'imparenta a certi sognatori tedeschi come ìl Hoffmann o l'Arnim e che gli dà in Francia una fisionomia speciale.
Durante lo stesso 1855 il D., insieme con Théophile Gautier, fece un viaggio in Spagna e disegnò 65 vignette per il Viaggio nei Pirenei di H. Taine. Nel 1856 si pubblicò l'edizione dell'Ebreo Errante del Sue, con le illustrazioni del D., opera più potente delle precedenti e di fattura più larga.
Il D. è all'apice della sua ascesa: ogni anno si stampano opere illustrate da lui; molte vengono tradotte e pubblicate con le sue incisioni. Non apprese mai il disegno, non ebbe maestri, non frequentò alcuna scuola; il Louvre e la sua memoria sono stati i soli maestri di cui ebbe bisogno. Nel 1861, il D. illustrò l'Inferno e il Don Chisciotte, due delle sue opere più famose; nel 1862 i Racconti di Perrault e nel 1864 pubblicò le illustrazioni per la Bibbia, che sono forse il suo capolavoro. Il Milton, pubblicato a Londra nel 1865, e le Favole di Lafontaine del 1867 completano la serie di queste splendide illustrazioni dei grandi classici, serie che termina nel 1877 con L'Orlando furioso. Verso il 1870 la produzione del D. come illustratore rallenta; egli si dà alla pittura e alla scultura senza riuscire però a ottenere in questo campo il successo che aveva avuto come incisore. Fuori di Francia, ottenne ancora favore e poté continuare a riscuotere plausi; a Londra in occasione d'una esposizione di suoi quadri fu creata in Bond Street una galleria Gustave Doré, dove ancora si possono vedere le principali fra le sue pitture: La battaglia d'Alma (1855), opera abbastanza forte, ma confusa e mal composta, la Battaglia di Balaklava (1857), dall'esecuzione abborracciata, dai toni fangosi, ma superiore per foga ai disegni più febbrili dell'artista. Infine, bisogna pure citare Il Neofita e il Cristo mentre lascia il pretorio. Il museo del Lussemburgo ha acquistato il Tobia e l'Angelo (1865). Come scultore il D. mostra più sensibilità del pittoresco che qualità monumentali. La migliore opera in questo genere è la statua di Dumas padre (1882), elevata a Parigi nel 1884. Senza essere un grande creatore, il D. ha tradotto meglio di chiunque altro certi aspetti della poesia: esiste un "mondo" del D., che non è uno dei più elevati, ma che resta uno dei più incantevoli mondi romantici.
Bibl.: L. Lemercier De Neuville, Les figures du temps, Parigi 1861; E. Montegut, Une interprétation pittoresque de Dante avec les dessins de Mr. Gustave Doré, in Rev. des Deux Mondes, 15 novembre 1861; A. Dumas fils, Le monument d'Alexandre Dumas, œuvre de Doré, Parigi 1881; B. Roosevelt, Life and Reminiscences of G. D., Londra 1885; trad. francese con pref. di A. Houssay, Parigi 1887; Blanchard Jerrold, Life of G. D., Londra 1892; L. Burchard, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, IX, Lipsia 1913 (con bibl.); G. F. Hartlaub, G. D. (Meister der Graphik, XII), Lipsia 1924; R. Delorme, G. D. peintre, sculpteur, dessinateur, graveur, Parigi 1930.