gustare
L'uso del verbo è limitato al Purgatorio, al Paradiso, al Convivio. Si noti che ben cinque volte g. è costruito, anziché con il complemento diretto, con la preposizione ‛ di ', che non indica certo un genitivo né, come potrebbe sembrare in qualche caso, ha valore partitivo; semmai talvolta potrebbe avere valore intensivo, come in Pd XXVI 115 non il gustar del legno / fu per sé la cagion di tanto essilio, che può essere spiegato: " non l'aver osato assaggiare il frutto proprio di quell'albero... " (cfr. Benvenuto: " non simplex degustatio pomi vetiti... fuit causa quare eiectus sum de paradiso terrestri... "). Similmente, in Pd I 68 tal dentro mi lei, / qual si fé Glauco nel gustar de l'erba / che 'l fé consorto in mar de li altri dèi, non significa che Glauco " assaggiò un po' di quell'erba ", ma " proprio quell'erba miracolosa... ". Altrove il ‛ di ' non ha nemmeno questa sfumatura intensiva: D. gustava di quel cibo / che, saziando di sé, di sé asseta (Pg XXXI 128; cfr. Eccl. 24, 29), in cui semmai ci si dovrà rifare all'uso di ‛ godere ', per cui la costruzione con ‛ di ' è normale. (Si ricordi If XXXIII 61-62 Padre, assai ci fia men doglia / se tu mangi di noi..., dove veramente prevale un valore etico-intensivo, nel drammatico contesto della situazione; ma è l'unico esempio di ‛ mangiare ' [‛ manicare ', ‛ manducare '] col ‛ di '). ‛ G. di ' non è raro anche al di fuori di D., in tutte le epoche della nostra lingua, ma spesso con valore partitivo o almeno con una sfumatura di questo valore.
Dal punto di vista semantico, si noti che il senso traslato prevale su quello proprio. In riferimento al ‛ senso del gusto ' o all'atto dell'‛ assaggiare qualcosa ', si veda Cv III II 12 (la potenza vegetativa... è fondamento sopra 'l quale si sente, cioé vede, ode, gusta, odora e tocca), Pd I 68 e XXVI 115.
Pure in senso proprio, ma in un contesto allegorico, in Cv I I 13, in cui i lettori sono invitati a prendere la vivanda col pane, che la far[à] loro e gustare e patire: il trattato è un ‛ convivio ' in cui ci sono le ‛ vivande ' (le canzoni) e il ‛ pane ' (il commento); e questo pane servirà ad " assaporare ", a " godere " meglio delle portate, e a " digerirle " (patire). Similmente, l'acqua del Lete è la vivanda da " assaporare ": Alto fato di Dio sarebbe rotto, / se Letè si passasse e tal vivanda / fosse gustata sanza alcuno scotto / di pentimento (Pg XXX 144). Stesso uso del verbo in XXVIII 132 (non adopra / se quinci e quindi pria non è gustato), in un contesto poco chiaro (cfr. Petrocchi, ad l. e Barbi, in " Studi d. " XVIII [1934] 17-19). Quale sia il soggetto di non adopra è questione tuttora dibattuta (v. anche Sapegno, ad l.); comunque pare certo che non è gustato, al maschile, non possa avere come soggetto l'acqua del v. 121, e sia invece da intendersi come un'espressione impersonale: " se non se ne è gustato dall'una e dall'altra parte ". Il significato simbolico è spiegato dal Buti: " nullo può bene operare nelle virtù attive e contemplative, se non riceve drento ne la mente innanti la grazia di Dio ".
In Pd XXXII 123 si ha un gioco verbale tra g. e gusto: Adamo è detto 'l padre per lo cui ardito gusto / l'umana specie tanto amaro gusta, cioè, a causa della superba colpa, della brama di Adamo, l'umanità deve adesso " subire " tante amarezze; " ardito gusto fonde in un solo concetto il ‛ gustare ' e il ‛ trapassare del segno ' di Par., XXVI, 115-17 " (Sapegno).
In altre occorrenze il verbo vale, in traslato, piuttosto " provare ", " sperimentare ", " sentire ". Così, la dolcezza... / che, non gustata, non s'intende mai (Pd III 30), ricorda quella che 'ntender no la può chi no la prova di Vn XXVI 7 11; in Pd XXXI 111 s. Bernardo è detto colui che 'n questo mondo, / contemplando, gustò di quella pace, " praegustavit de dulcedine illius gloriae " (Benvenuto). Meno piano il passo di Pd X 6 (per il testo cfr. Petrocchi, ad l., e Introduzione 157), in cui si afferma che l'ordine dell'universo è talmente perfetto che non si può, guardandolo, non gustare, ossia " avvertire " la grandezza di Dio che l'ha creato: lo primo... Valore / quanto per mente e per loco si gira / con tant'ordine fé, ch'esser non puote / santa gustar di lui chi ciò rimira, ossia " sine sentire et participare de Deo, qui est prima causa ipsius ordinis et qui dat omnibus esse et motum " (Benvenuto; e cfr. anche l'Ottimo).
Infine si osservi la differenza che D. pone tra ‛ godere ' e g. in Pd XVIII 2: Cacciaguida si godeva solo del suo verbo / ... e io gustava / lo mio, temprando col dolce l'acerbo: " venia commasticando e diducendo per la mente il mio ‛ verbo ', cioè il sermone che era toccato a me, in mia parte " (Ottimo).
Da notarsi la variante fé gustare, in luogo di fé constare, in Pg XXV 51; cfr. Petrocchi, ad locum.