GUINEA EQUATORIALE
(App. IV, II, p. 126)
Al censimento del 1983 gli abitanti erano 300.000, saliti a 417.000 secondo una stima del 1990. La capitale, già nota col nome di Santa Isabel, posta nell'isola di Bioko (già Fernando Poo), è stata ribattezzata Malabo.
Il paese sta attraversando un momento di grave crisi e si trova a dover riconvertire il proprio assetto economico, che ha subito un vero e proprio tracollo durante il periodo della dittatura di F. Macías Nguema, destituito nel 1979. Stime della Banca mondiale attribuiscono al paese un reddito pro capite inferiore ai 450 dollari: se negli anni Ottanta il PIL è aumentato a un tasso medio annuo dello 0,8%, il reddito pro capite è diminuito mediamente dello 0,5% l'anno, in termini reali.
Praticamente assente l'industria, l'economia è ancora del tutto agricola, basata su tre prodotti commerciali (caffè, cacao e legname) destinati alle esportazioni. Ai consumi locali sono dirette le produzioni di patate dolci, manioca, palma da olio e da cocco, che però non bastano a rendere il paese autosufficiente sotto il profilo alimentare. Un'altra discreta risorsa del paese è rappresentata dal legname pregiato (soprattutto okoumé), le cui esportazioni aumentano regolarmente: nel 1989 la produzione è stata di 607.000 m3. La pesca, praticata da imprese straniere, contribuisce alla formazione del prodotto nazionale lordo nella misura del 10%. La produzione elettrica, modesta fino a pochi anni fa, è attestata oggi intorno ai 27 milioni di kWh, grazie all'entrata in produzione della centrale di Riaga (1990).
Manca la ferrovia; le strade non superano i 2760 km e sono asfaltate soltanto per il 12%. Sono attivi due aeroporti, a Malabo e a Bata.
Storia. - Alla fine degli anni Settanta, la G.E., che al momento dell'indipendenza (1968) appariva economicamente prospera e politicamente equilibrata, era prossima al collasso. La produzione destinata all'esportazione (legname, cacao, caffè) stagnava e l'intero apparato economico del paese risentiva pesantemente degli effetti della fuga all'estero di circa un quarto della popolazione, ivi compresi quasi tutti gli intellettuali. Il clima politico era reso plumbeo dalla brutale dittatura instaurata da F. Macías Nguema, capo dello Stato sin dall'indipendenza. In questo panorama, reso ancor più desolato dalla rottura operatasi con la Spagna e con l'Occidente e non adeguatamente compensata da un massiccio aiuto sovietico, il 3 agosto 1979 un colpo di stato portò al potere il vice ministro della difesa T. Obiang Nguema.
Questi, appartenente allo stesso clan del dittatore rovesciato (e poco dopo giustiziato "per crimini contro l'umanità"), postosi al comando di un Consiglio militare supremo, varò alcune misure volte a rivitalizzare in ogni senso il paese. Fu predisposto un regolare bilancio dello stato come da un quinquennio non accadeva più; furono riattivate le trasmissioni radiofoniche; furono rivolti numerosi appelli ai fuorusciti perché rientrassero in patria per contribuire alla ripresa economica. Sul piano internazionale il nuovo regime attenuò i vincoli con l'URSS per aprirsi al campo occidentale. In questo quadro la G.E. è divenuta teatro di un forte antagonismo franco-spagnolo. Tra i maggiori successi di Parigi v'è stata l'adesione della G.E. all'area monetaria del franco (1° gennaio 1985); la Spagna per suo conto è riuscita a sottoscrivere un piano globale di cooperazione concernente lo sfruttamento delle principali risorse del paese, nonché l'addestramento delle sue forze di polizia.
Se sul piano economico l'operato del presidente Obiang Nguema (confermato plebiscitariamente alla suprema carica per un nuovo settennio nelle elezioni del giugno 1989) ha prodotto alcuni effetti positivi, meno roseo è da considerarne il bilancio politico. La svolta ''democratica'' attuata dal nuovo regime non ha mai convinto le opposizioni che difatti, raccolte in vari raggruppamenti, continuano a operare fuori dal paese. Così la nuova costituzione, approvata dal referendum popolare del 15 agosto 1982, è stata da più parti criticata non solo perché riserva un potere eccessivo al capo dello Stato, ma soprattutto perché non fissa una data precisa per il ripristino di un regime civile. Nei fatti, sia pure con qualche aggiustamento ''democratico'', Obiang Nguema ha mantenuto in piedi l'apparato autocratico predisposto dal suo più sanguinario predecessore.
In questa situazione di permanente blocco della transizione verso la democrazia si attuò tra il 19 e il 20 luglio 1986 un tentativo di colpo di stato capeggiato da E. Abeso Mundu (fucilato il mese successivo). Si è trattato di un evento che, per quanto rapidamente represso, ha però ulteriormente evidenziato la permanente fragilità politica e istituzionale del regime guineano.
Nel giugno del 1989 Obiang Nguema fu confermato plebiscitariamente alla carica di presidente per un nuovo settennio. Nonostante le sue caute aperture in politica interna (appello ai dissidenti affinché tornassero in patria, promulgazione di un'amnistia per i prigionieri politici), le opposizioni continuarono a premere per l'introduzione di un sistema multipartitico, e nel maggio del 1990 si costituì a Madrid un nuovo partito d'opposizione, il Partito socialdemocratico, guidato da M. Mangue Mba. Nel dicembre dello stesso anno trenta persone, fra cui il presidente della Camera, il presidente della Corte suprema e il ministro della Difesa, furono imprigionate per aver richiesto l'istituzione di un sistema democratico.
Nel gennaio 1992, Obiang Nguema varò un governo di transizione come premessa per l'introduzione del multipartitismo.
Bibl.: M. Liniger-Goumaz, Connaître la Guinée Equatoriale, Parigi 1986; Id., Brève histoire de la Guinée Equatoriale, ivi 1988.