RAYNAL, Guillaume-Thomas-François
Nato a Saint-Geniez (Rouergue) il 12 aprile 1713, morì a Chaillot presso Parigi il 6 marzo 1796. Dopo aver compiuto i suoi studî nel collegio dei gesuiti di Pézenas, fu ordinato prete e si diede per qualche anno all'insegnamento e alla predicazione, ma nel 1747 decise di andare a Parigi e ben presto abbandonò l'abito ecclesiastico ed entrò nella redazione del Mercure de France. Scrittore facile e fecondo, iniziò una serie di opere tra storia e politica, delle quali egli stesso era editore e libraio (Histoire du Stathoudérat, L'Aia 1748; Histoire du Parlement d'Angleterre, Londra 1748 e 1751; Anecdotes littéraires, Parigi 1750, voll. 2; L'Aia 1756, voll. 4; Anecdotes historiques, militaires et politiques de l'Europe, Amsterdam 1753-63, voll. 3, più tardi Mémoires politiques de l'Europe, 1754-74, dai quali fu stralciata la parte più bella su Le divorce de Henry VIII, Parigi 1763), e toccò il culmine della sua fama di pubblicista con l'Histoire philosophique et politique des établissements et du commerce des Européens dans les deux Indes (1ª ed., Amsterdam 1770, voll. 4; 1ª revisione, Amsterdam 1773-74, voll. 7; 2ª revisione, Ginevra 1780, voll. 10 e atlante; 3ª revisione, postuma, Parigi 1820, voll. 12 e atlante; 1ª ed. inglese, Londra 1776, voll. 4). Fu questa una delle opere più caratteristiche dell'illuminismo francese ed ebbe un immenso successo, ma Luigi XVI, scandalizzato dagli attacchi contro il clero, che vi erano sparsi a piene mani, ordinò di agire contro il R. Le autorità, prima fecero fuggire il R. e gli fecero porre in salvo le sue sostanze, poi, per organo del parlamento di Parigi, decretarono che il libro fosse bruciato per mano del boia, che l'autore fosse arrestato e che i suoi beni fossero sequestrati (1781). Il R. si rifugiò a Spa, dove godé della protezione del principe Enrico di Prussia; si recò, quindi, a Berlino, dove conobbe Federico il Grande, e a Pietroburgo, dove fu accolto con calda ammirazione dalla zarina Caterina. Nel 1787 il R. poté rientrare in Francia, e, dopo una breve permanenza a Saint-Geniez, si stabilì a Tolone, ospite di P.-V. Malouet (v.). Quando Marsiglia nominò il R. deputato agli Stati Generali, egli rifiutò a favore del suo ospite, che, il 15 agosto 1790, ottenne dall'Assemblea nazionale un decreto che annullava la sentenza pronunziata nel 1781 contro il R. Ma il R. era ostile alla rivoluzione e, d'accordo coi capi del gruppo monarchico liberale (Clermont-Tonnerre, Malouet e Montmorin), volle dichiarare a viso aperto, per bisogno imprescindibile di coscienza, la sua avversione, facendo leggere all'assemblea, il 31 maggio 1791, una lettera da lui firmata, ma compilata da Clermont-Tonnerre - la minuta scritta di suo pugno era stata disapprovata dagli amici per la maggiore violenza d'espressioni - nella quale si stigmatizzavano le stragi e i disordini rivoluzionarî. Fu uno scandalo: il meno che si disse del R., e ciò gli garantì la vita, fu che era ormai un vecchio rimbambito, comodo strumento di manovre politiche nelle mani del Malouet.
Tipica figura dell'illuminismo francese, R. godé d'una fama che ora appena si comprende. Giornalista di razza, s'interessa di questioni economiche, coloniali, commerciali e ne diffonde nel linguaggio del tempo la conoscenza. Mescola nelle sue opere Voltaire, Montesquieu, Helvétius, D'Holbach, Rousseau e plagia a man salva o si fa aiutare nelle sue compilazioni dagli amici, ma ha il fiuto dei problemi importanti e non gli manca ingegno per porli e illustrarli. Combatte la Chiesa, esorta i monaci a tornare ai campi, alle officine, alle armi, e non riconosce altri apostoli che i legislatori e i magistrati. È per un deismo senza profeti, senza misteri, senza miracoli e soprattutto senza preti, a meno che non siano come i gesuiti del Paraguay. In politica è in una posizione singolare: nessuno più di lui, salvo il Mably (v.), contribuì a diffondere uno stato d'animo rivoluzionario e democratico con la celebrazione del diritto all'insurrezione, ma in fondo, la sua coscienza politica è quella d'un monarchico liberale: ammira la costituzione inglese e biasima la costituzione svedese del 1720 perché aveva sostituito un dispotismo insopportabile con una libertà anarchica.
Bibl.: A. Feugère, L'abbé R. et la Révolution Française, in Annales révolutinnaires, 1913; id., Un précurseur de la Révolution: l'abbé R., 1713-1796. Documents inédits, Angoulême 1922: id., Bibliographie critique de l'abbé R., ivi 1922. Cfr. inoltre: Ch.-A. Sainte-Beuve, Nouveaux lundis, Parigi 1864-1870, XI, pp. 311-330; J. Morley, Diderot and the encyclopaedists, New York 1878, pp. 373-90; E. Schérer, Études sur la littérature française au XVIIIe siècle, Parigi 1891, pp. 269-91; A. Aulard, Histoire politique de la Révolution française, ivi 1901, p. 4; G. Chinard, L'Amérique et le rêve exotique dans la littérature française au XVIIe et au XVIIIe siècle, ivi 1913, pp. 389-98; B. Fay, The revolutionary spirit di France and America, New York 1927, pp. 8-17; Dallas D. Irvine, The Abbé R. and British humanitarianism, in The Journal of modern history, III (1931), pp. 564-77; Ch. Du Bus, Stabnislas des Clermont-Tonnerre et l'échec de la révolution monarchique, 1757-1792, Parigi 1931, pp. 423-428.