GUILLAUME de Lorris
È conosciuto soltanto come autore del Roman de la Rose. Lorris è una cittadina fra Orléans e Montargis. ll tempo nel quale egli scrisse si argomenta dalla posteriorità al poemetto di Huon de Méry, Tournoiement Antecrit, composto dopo il 1234: e ben si accordano le dichiarazioni dell'autore della seconda parte del Roman de la Rose, Jean de Meung, che dice di aver preso a continuarlo quarant'anni dopo e più. Le due parti differiscono tra loro per idee e sentimenti opposti; ma per l'intenzione del continuatore, per il metro (versi ottosillabi), la lingua, l'andamento dell'azione e i personaggi, formano una sola opera.
La prima s'interrompe al v. 4058, e si può definire una geniale rappresentazione, allegorica e dotta, di quell'amore cortese quale si è venuto elaborando dalla poesia trovatorica nei romanzi di Chrétien de Troyes, nel suddetto Tournoiement, nel trattato De amore di Andrea Cappellano, e in altre composizioni. Vi si descrive un sogno nel quale il poeta è l'attore costante di un dramma di amore, che non adombra un avvenimento suo particolare, ma la storia generica del giovine leggiadro il quale s'innamora nelle circostanze più favorevoli e si comporta nobilmente, mentre la donna amata gli corrisponde teneramente con riservatezza e fra immancabili difficoltà. Il giovine sogna di uscir di casa una mattina di primavera, lavarsi alla fresca acqua di una fiumana, e arrivare al giardino del piacere sul cui muro son dipinte all'intorno immagini odiose, come odio e villania e cupidigia, dalla cui vista si libera col ricoverarsi dentro, per un cancelletto custodito da Oiseuse, cioé l'ozio signorile: agiscono allora come persone Letizia, Beltà, Ricchezza, Liberalità, Franchezza, Cortesia, Giovinezza, e con esse il Dio d'Amore, virtù che coesiste con le altre e funziona in prima linea nella pratica amorosa. Il poeta, secondo quanto promette, avrebbe spiegato alla fine tutta l'allegoria del sogno. Col desiderio amoroso insinuatogli dalla danza e dalla vista di leggiadri animali in amore, arriva alla fonte di Narciso, dove specchiandosi vede tante rose e s'invaghisce di una specialmente, e corre al rosaio. A questo punto il Dio d'Amore si fa dare da Dolce Sguardo l'arco e ferisce il giovine con cinque frecce, Bellezza, Cortesia, Semplicità, Compagnia, Bel Sembiante, e così è cominciata ormai la corrispondenza amorosa, che se ha fondo sensuale, si adorna di ogni gentilezza di costume. Dichiarava il poeta che in questo romanzo egli racchiudeva tutta l'arte di amore; ma invece che un insegnamento, quale risaliva a Ovidio, egli presenta le consuete azioni in allegorie, sostituendo con felice fantasia la psicologia all'insegnamento diretto. Ecco ora un valletto, Bel Acueil, che è la stessa donna, incoraggiarlo a passar la siepe, ma vengono avanti le difficoltà nei personaggi di Dangier, cioè contrasto e resistenza, Honte, Paor, Pitié, e con esse Franchise; Ragione ammonisce il giovine, ma questi non dà ascolto né a lei né ad Amico, mentre interviene Venere ad accendere i sensi, e Gelosia e Maldicenza si mettono in azione. La rosa è la donna, in quanto allieta e vivifica con tutta la sua persona, e il giovine arriva a baciarla. Gelosia la chiude in una torre e mette anche una scaltra vecchia a sorvegliarla da vicino. Così s'interrompe il poema, il cui grande successo è provato da talcuni tentativi di continuazione, prima ancora che venisse Jean de Meung.
Ediz.: Le roman de la Rose par G. de L. et Jean de Meung, a cura di M. Méon, Parigi 1814, voll. 4; ristamp. da Michel, Parigi 1864, voll. 2, e da P. Marteau, Orléans 1878-80, voll. 5. Ediz. critica di E. Langlois (Société des anciens textes), Parigi 1914-24, voll. 5, con introd. e glossario.
Bibl.: E. Langlois, Origines et sources du R. d. l. R., Parigi 1891, e in Petit de Julleville, Histoire de la langue et de la littérature franå., II (1896), p 105; id., Les manuscrits du R. d. l. R., Lilla 1910 (Travaux et Mémoires de l'Université); G. Paris, La littér. franç. au Moyen Age, 3ª ed., Parigi 1905, § 112, e in Romania, XXV (1896), p. 605; F. Novati, Il codice dell'amor profano, in Freschi e minii, 2ª ed., 1925; L. F. Benedetto, Il R. d. l. R. e la letter. ital., Halle 1910 (Beihefte zur Zeitschr. d. roman. Phil., 21), su cui M. Casella, in Bull. d. soc. dant. ital., XVIII (1911), p. 107; N. Zingarelli, L'allegoria del R. d. l. R. (estr. da Studi in onore di F. Torraca), Napoli 1912.