Duchenne, Guillaume-Benjamin-Amand (detto D. de Boulogne)
Neurologo francese (Boulogne-sur-Mer 1806 - Parigi 1875). Ideatore dell’elettrodiagnosi e dell’elettroterapia: noto per i suoi studî sulla tabe, sulla paralisi bulbare progressiva, sulle atrofie muscolari.
Malattia di Duchenne Malattia neuromuscolare dovuta all’assenza della distrofina, una proteina contenuta nella membrana della fibra muscolare avente la funzione di mantenere la stabilità e l’integrità della stessa durante la contrazione muscolare. L’assenza della distrofina causa degenerazione del tessuto muscolare, progressiva perdita di forza muscolare e riduzione delle abilità motorie.
I bambini affetti dalla malatti di D. imparano a camminare in ritardo e, intorno ai 5 anni, mostrano un’andatura particolare, con difficoltà a fare le scale, a sollevarsi, correre, saltare e ipertrofia dei polpacci. Entro i 12 anni si ha perdita della deambulazione e, in seguito, della funzione degli arti superiori. Alcuni gruppi muscolari sono più interessati di altri e questo può favorire la scoliosi. Un terzo circa dei bambini può presentare disturbi nell’apprendimento della lettura e della scrittura. L’evoluzione è grave ed esita in un’insufficienza cardiorespiratoria che risulta letale. La distrofia di Becker è una variante più lieve della malattia di Duchenne.
Sia la malattia di D. che quella di Becker sono causate da alterazioni del gene per la distrofina, localizzato sul cromosoma X. Solo i maschi (che hanno un solo cromosoma X) presentano i sintomi, mentre le femmine sono portatrici sane (perché possiedono un altro cromosoma X, oltre a quello mutato).
La diagnosi si basa sull’osservazione clinica ma deve essere confermata dalla biopsia muscolare, per valutare la quantità di distrofina nel muscolo, e dall’analisi genetica. È possibile, nei casi a rischio, fare diagnosi prenatale mediante villocentesi o amniocentesi.
Non esiste una terapia risolutiva per la malattia. La qualità di vita dei pazienti può migliorare con trattamenti sintomatici e multidisciplinari che gestiscono i vari aspetti della malattia (esercizi aerobici a basso impatto, monitoraggio e cura della funzionalità cardiaca e respiratoria). Il cortisone può rallentare l’evoluzione della malattia e dei deficit motori. Il trapianto dei mioblasti non ha portato a risultati concreti. La terapia genica potrebbe avere successo una volta superati i molti problemi tecnici ancora insoluti, mentre la terapia con mesangioblasti, le cellule staminali normalmente associate ai vasi sanguigni, capaci di rigenerare il tessuto muscolare danneggiato e ripristinare la sua funzionalità, sembra promettente anche nei casi di degenerazione avanzata.