BISENZIO, Guiduccio di
Figlio - quasi certamente l'unico che riuscì a superare l'infanzia - di Guido, signore di Bisenzio (e dell'attuale isola Bisentina nel lago di Bolsena), e di sua moglie Porcacchia, nipote di Niccolò, nacque probabilmente nello stesso anno della morte del padre, cioè nel 1262, 0 poco prima.
Da una serie di notizie, conservateci nelle Riformagioni del Comune di Orvieto, relative agli anni 1304-1310, il B. ci appare come un feudatario in relazioni amichevoli col Comune di Orvieto, entro i cui confini si trovavano le sue terre. Sappiamo infatti che in questo periodo di tempo egli fornì truppe al Comune; che ottenne da quest'ultimo il permesso di risiedere per qualche tempo a Tuscania; che gli Orvietani gli concessero, inoltre, il diritto di rappresaglia commerciale nei confronti dei Viterbesi, quando egli ebbe a patire danni dovuti ad abigeato. Fu anche in questo periodo di tempo che il B. ebbe una seria controversia con i signori di Farnese, che venne risolta in Orvieto da un arbitrato delle autorità comunali (22 marzo 1310).
Questo atteggiamento politico del B. finì per mutare radicalmente quando Enrico VII discese in Italia, nel 1310. In seguito all'aumentare del potere e dell'influenza sulla penisola del nuovo re dei Romani, egli si schierò decisamente dalla sua parte: dal 1312, anno in cui Enrico venne incoronato imperatore in Roma, il B. appare - come del resto la maggior parte dei feudatari del Lazio - un fedele e deciso alleato dell'Impero: nell'agosto dell'anno 1313 prese personalmente parte ad un colpo di mano col quale gli Imperiali miravano ad impadronirsi della città di Orvieto; il tentativo, però, dopo cinque giorni di accaniti combattimenti, fallì. Scomparso Enrico VII a Buonconvento (agosto 1313), i suoi antichi fautori del Lazio settentrionale costituirono una potente coalizione, entrato nella quale il B. ben presto vi acquistò la posizione di rilievo maggiore.
Alleatosi con Viterbo e col rettore del Patrimonio di S. Pietro in Tuscia - allora Bernardo di Cucuiaco -, il B. portò la coalizione a schierarsi contro i guelfi del Lazio settentrionale, che erano capeggiati da Orvieto e dai signori di Farnese: occupate, con l'aiuto delle truppe del rettore, Grotte e San Lorenzo nella valle del lago di Bolsena, si trovò fra i difensori di Montefiascone allorché le forze guelfe posero il loro duro quanto infruttuoso assedio alla città sede del rettore nel novembre del 1315. L'anno successivo la guerra si estese a tutto il territorio del Patrimonio di S. Pietro in Tuscia. Mentre il B. insieme con altri feudatari, coadiuvato dalle truppe pontificie e da contingenti tedeschi, compiva incursioni su Acquapendente, sul suo circondario, e faceva scorrerie nella zona ad occidente di Orvieto, l'esercito orvietano aveva posto l'assedio a Bisenzio e, dopo aspri combattimenti, l'aveva occupata (marzo 1316). E se la seconda moglie del B. riuscì a sfuggire, insieme col suo figlioletto, alla cattura, caddero invece nelle mani dei nemici i due figli natigli dal primo matrimonio, Toscanuccio e Giacobuccio, che vennero tradotti sotto buona scorta ad Orvieto e rinchiusi nel palazzo del Comune; ma non appena giunse in città la notizia che un battello orvietano era stato catturato sul lago di Bolsena dal B. e dal capitano del Patrimonio, la plebaglia irruppe tumultuando nel palazzo ed essi vennero uccisi.
Nel 1317 Orvieto, che aveva cercato di contenere lo strapotere del B. attirando dalla propria parte due cugini, Vanne e Cataluccio figli di Galasso, suoi antichi nemici, affidò loro il compito di custodire Bisenzio e Capodimonte sul lago di Bolsena, in qualità di vassalli. Immediatamente il B. si appellò alle autorità del Patrimonio, che si affrettarono a ordinare a Vanne di sgombrare l'isola.
Durante gli anni che seguirono, dal 1319 al 1322, il B. svolse un ruolo veramente importante nella lotta contro Orvieto, dimostrandosene irriducibile avversario e sottoponendo a sistematiche devastazioni le terre a nord ed a nord-est del lago di Bolsena. Nel 1320, con l'appoggio delle milizie delle comunità di Tuscania e di Corneto, devastò i territori di Civitella Tiberina e di Val del Lago; l'anno dopo si spinse a razziare ancora più a nord, facendo incursione entro i confini senesi. Nel 1322 condusse, sempre in territorio senese, una seconda e più terribile incursione, avendo con sé Binduccio, suo figlio bastardo, insieme col quale occupò e tenne per qualche tempo la città di Bagnorea. È questa l'ultima notizia relativa al B. in nostro possesso.
Almeno uno dei suoi figli legittimi era ancora vivo tra il 1335 ed il 1340: ne conosciamo il nome, Giovanni, e di lui sappiamo che occupò Piansano e che accampò diritti su Tuscania.
Quando Orvieto cadde nelle mani dei Monaldeschi della Cervara (maggio 1346), la notizia di questo avvenimento venne portata ad un "Guido di Bisenzio": non sembra tuttavia che questo Guido sia da identificarsi col B., a quell'epoca probabilmente già morto; si deve trattare di un suo omonimo.
Fonti e Bibl.: Sottosezione dell'Archivio di Stato di Orvieto,Riformagioni, 1308, f. 162v-1309, f. 263; 1310, ff. 40, 81v; L. Fumi,Codice diplomatico della Città d'Orvieto, Firenze 1884, pp. 414, 424, 441 s., 446, 784 n.; Ephemerides Urbevetanae, in Rerum Italic. Script., 2 ediz, XV, 5, a c. di L. Fumi, pp. 136, 176, 178-81, 346 n., 349, 355 n., 358, 361 n., 369 n., 370 n., 375 n., 378 n.; M. Antonelli,Una ribellione contro il vicario del Patrimonio, in Arch. della Soc. romana di storia patria, XX (1897), p. 203; C. Pinzi,Storia di Viterbo, III, Roma 1899, p. 207; M. Antonelli,Vicende della dominazione pontificia nel Patrimonio, in Arch. della Soc. romana di storia patria, XXV (1902), pp. 361-62; XXVI (1903), pp. 294-297.