BONGHI, Guidotto
I dati cronologici desumibili dalle fonti consentono di precisare che il B. visse tra la metà del sec. XIII e gli inizi del successivo. Appartenente a una delle più note famiglie guelfe di Bergamo, egli non va confuso con altri personaggi omonimi, originati dallo stesso ceppo gentilizio, vissuti prima o dopo di lui.
Per quanto manchi tuttora un'indagine esauriente sulle origini della famiglia, è ormai assodato che i Bonghi costituivano un'ulteriore ramificazione del casato "illorum de Scano". Già nel 1156 troviamo un "Bungus de Scano" da cui nacque il figlio "Petrus de Bungo" citato in due atti del 1177 e del 1198. Agli albori del secolo seguente, nel 1206, incontriamo un "Robertus filius quondam Petri de Bungo de Scano" e i fratelli Guidotto ed Enrico. Poco più tardi, quando il casato aveva ormai assunto una configurazione autonoma rispetto al ceppo d'origine, i Bonghi occupavano una posizione di primo piano nella vita pubblica di Bergamo. Lo prova, tra l'altro, il fatto che Guidotto, nel 1230, partecipò all'atto costitutivo della Società del popolo di Bergamo. Di pari passo con l'accrescersi dell'influenza politica della famiglia, acquista sempre maggiore consistenza il patrimonio immobiliare del consorzio gentilizio. I Bonghi vantavano estesi possessi nelle valli bergamasche, come a Dossena, ove nel 1288stipularono un patto con gli homines del luogo. Nei primi anni del sec. XIII troviamo in Parre la "casa dominorum de Bongis" ed un loro ramo vi prese stabile dimora, tanto è vero che più tardi ricorre menzione dei "Bungi de Scano de Parre". Altri possessi erano ubicati a Clusone, ma risulta con certezza che la maggior parte dei loro beni era accentrata a Castione della Presolana, ove la famiglia esercitò a lungo la signoria feudale.
Nella Cronaca dello pseudo Manfredo Zezunone (Mazzi, Gli "Annales Italiae")- tardiva miscellanea di fonti cronistiche e documentarie variamente interpolate, composta con intenti apologetici nel sec. XVI da persona appartenente all'ambiente dei Bonghi - è stato inserito un atto del 1277 dal quale risulta che il B. e il fratello di lui, Roberto, rivestivano alternativamente a Castione la carica di podestà e vi esercitavano la giurisdizione civile e criminale. Non è purtroppo possibile, oggi, controllare la fondatezza della notizia, ma si può considerare la circostanza verosimile, se teniamo presente che effettivamente la famiglia Bonghi possedeva in quella località estesi possedimenti. Non è da escludersi quindi che la signoria feudale esercitata dai Bonghi sulla località comprendesse anche il diritto di nomina del podestà, la cui scelta doveva cadere sui membri stessi della casata. Sappiamo del resto che a Castione la famiglia possedeva un fortilizio che dominava in posizione strategica la zona circostante. Da una imbreviatura pure inserita nella Cronaca dello pseudo Zezunone, e risalente al 12 genn. 1275, apprendiamo che Gaspare Biraghi, podestà guelfa di Bergamo, aveva fatto occupare militarmente qualche tempo prima la casa munita di torre che i Bonghi avevano in Castione. Il B. e il fratello Roberto, in seguito, chiesero al podestà Ranieri d'Arzago, successore del Biraghi, che il presidio stabilito nella rocca fosse richiamato, assicurando che essi stessi l'avrebbero tenuta ben guardata, e difesa, a disposizione delle autorità municipali. Si riservavano comunque di chiedere l'applicazione di uno statuto promulgato dal Consiglio dei sapienti della città di Bergamo, nel caso fossero stati riconosciuti aggravati da tale impegno. I fratelli Bonghi intendevano evidentemente uscire dalla situazione eccezionale in cui erano venuti a trovarsi, e chiedevano quindi di essere posti nelle condizioni volute da quello statuto offrendo una "ydonea satisdatio". Va tenuto presente, a proposito di questo episodio, che la presenza di un presidio armato in Castione è da attribuire con ogni verosimiglianza all'iniziativa personale del Biraghi, parente e fautore dei milanesi Torriani, il quale, nel periodo in cui resse la podesteria di Bergamo, si sforzò di porre presidi in tutte le zone strategicamente importanti di quel Comune, anche in quelle che appartenevano a famiglie di tendenza apertamente guelfa. Non appena egli ebbe deposte la carica, tuttavia, i Bonghi si affrettarono a chiedere al successore la restituzione del fortilizio di Castione, ciò che probabilmente ottennero.
Non abbiamo altre notizie del B. sino al 1281 quando, nominato podestà di Parma, fece togliere il carroccio dalla cattedrale di quella città per marciare contro Buoso di Dovara, in soccorso di Cremona e di Lodi. Sappiamo, inoltre, che nel dicembre 1287 gli vennero affidati, per intervento delle Sette Arti e dei tre Ordini in opposizione alla signoria dei conti Ugolino e Nino di Gallura, i poteri di podestà e di capitano del popolo in Pisa. Rientrato a Bergamo, fu coinvolto nelle agitazioni politiche che portarono, in un primo momento, all'espulsione della sua famiglia e di quella dei Rivola ad opera dei Suardi, e che nel 1296, dopo la loro adesione alla "parte estrinseca" e l'accordo con i Colleoni fuorusciti, sfociarono, rientrati i Colleoni con un migliaio di armati in Bergamo, nei disordini in seguito ai quali si giunse alla completa disfatta della parte ghibellina e all'espulsione dei Suardi. Il carattere guelfo della nuova amministrazione costituitasi, dopo questi avvenimenti, nel 1298 è dimostrato dal fatto che essa era praticamente monopolio di famiglie appartenenti a quella parte politica e che fra i suoi esponenti figura anche un Enrico Bonghi. Qualche anno dopo, rappacificatisi con i Colleoni, i Suardi ritornarono in città dopo un'aspra lotta con i Rivola e i Bonghi, che ancora una volta dovettero esulare dopo aver abbandonato le loro case al saccheggio. L'anno seguente però, quando i Torriani riacquistarono il predominio politico a Milano, anche a Bergamo le parti si invertirono: il 19 giugno 1302 i guelfi Rivola e Bonghi poterono rientrare in città, mentre la fazione ghibellina fu costretta ad uscirne. Sembra però che poco dopo le due fazioni stabilissero una sorta di tregua perché nel 1303, in una questione riguardante la collazione della prebenda arcipresbiteriale di Clusone, che aveva dato origine a gravi contrasti, veniva concluso un compromesso arbitrale alla presenza del B., di Alberto Suardi e di Guidotto Rivola, vale a dire dei rispettivi capi delle fazioni guelfa e ghibellina, che evidentemente dovevano aver stabilito in precedenza una tregua temporanea. Del B. non si hanno notizie sicure dopo il 1303, il che induce a credere che egli sia deceduto qualche tempo dopo.
Fonti e Bibl.: A. Mazzi Gli "Annales Italiae" di G. Michele Alberto Carrara, in Boll. d. Civica Bibl. di Bergamo (poi Bergomum), X (1916), 2, p. 93 nota 293; Id., Castione della Presolana,ibid., XI (1917), 2-4, pp. 67 ss.; E. Cristiani, Nobiltà e Popolo nel Comune di Pisa, Napoli 1953, pp. 193 s.; B. Belotti, Storia di Bergamo e dei Bergamaschi, Bergamo 1959, II, pp. 65, 67, 187.