GUIDO
Figlio di Ugo "de Castro Ficeclo" (morto ante 1139) e fratello di Ubaldino, Rolando (morto ante 1144), Ubichio e Ranuccio. A Fucecchio, dunque, nella diocesi di Lucca, G. dovette nascere, presumibilmente tra il primo e il secondo decennio del secolo XII.
La famiglia di origine, nonostante i numerosi casi di omonimia (Ugo e Guido sono infatti gli antroponimi più ricorrenti), non sembra potersi identificare con un ramo dei conti Cadolingi (che risultano estinti nel 1113) ovvero con quella dei visconti di Fucecchio, succeduta ai primi e ben radicata in tale area già dal secondo decennio del secolo XII.
Un Ugo vicecomes compare a Fucecchio già in una carta del 20 febbr. 1113, mentre un Ugo "q. Guidonis" figura, due giorni prima, nel testamento del conte cadolingio Ugolino (III) di Fucecchio. Le uniche coordinate prosopografiche sicure di G. si evincono da una carta poi confluita nel Liber censuum della Chiesa romana con la quale, il 18 marzo 1144, un Guido cardinale diacono e il fratello carnale di lui, Ubaldino, figli del fu Ugo del Castello di Fucecchio, donavano a papa Lucio II e ai successori del vescovo di Roma l'intera quota dei loro possedimenti presso il castello di Montalto, ubicato nella diocesi di Lucca, nelle vicinanze dell'Arno, un'area contesa tra Lucchesi e Pisani nel quarto decennio del secolo XII. Un Ubaldo e un Rolando "q. Ugonis", verosimilmente identificabili con i fratelli di G. menzionati nella donatio del 1144, figurano inoltre, rispettivamente, come rogante e testimone in un patto stipulato a Fucecchio il 21 febbr. 1139. Non è da escludere l'ipotesi che G. appartenesse al lignaggio fucecchiese dei da Ghiaia ("illi de Glaria"), cui dev'essere ascritto un "Torpynus de Glaria" presumibilmente tutt'uno con il "Torpinus q. Rolandi", documentato il 20 genn. 1173 e il 27 maggio 1180 (1181 secondo lo stile pisano), e figlio di quel Rolando del fu Ugo che dall'atto del 1144 risulta fratello del card. Guglielmo.
G., che a partire dal 29 apr. 1140 (giusta la datazione fissata dal Brixius, p. 43; mentre Spätling, p. 309, la retrocede al 27 febbraio di quell'anno) sottoscrive i documenti papali con un semplice "sanctae Romanae Ecclesiae diaconus cardinalis" e sempre senza l'indicazione del titulus di appartenenza, non può essere confuso con gli altri otto cardinali di nome Guido attestati in quegli stessi anni, tra i pontificati di Innocenzo II e di Adriano IV (1130-58), come sembra provare il confronto delle rispettive sottoscrizioni e titolarità. In particolare, G. non può essere ritenuto tutt'uno con il Guido "pisanus", cardinale diacono del titolo dei Ss. Cosma e Damiano dal 1132 al 1149, noto, fra l'altro, per la sua legazione in Spagna e in Portogallo; né con il "Guido sanctae Romanae Ecclesiae indignus sacerdos" che sottoscrive negli stessi anni e con il quale, nonostante le due contigue sottoscrizioni attestate rispettivamente nei documenti del 23 gennaio e del 1° apr. 1142, egli è stato talvolta erroneamente identificato. Soltanto in quella che appare manifestamente come l'ultima sua sottoscrizione, il 27 dic. 1146, G. figura con l'appellativo "indignus diaconus". Dal momento che è assai difficile ammettere che a quell'epoca un cardinale fosse privo di una Titelkirche (e precisamente anche nei casi, analoghi al nostro, in cui essa non appaia nelle sottoscrizioni ufficiali), e ritenendo d'altra parte poco verosimile che Innocenzo II, dopo la fine dello scisma anacletista, abbia creato una nuova diaconia, si è potuto supporre, ma senza addurre prove dirette, di assegnare a G. il titolo di una delle diaconie vacanti in quel periodo, S. Teodoro, S. Agata o i Ss. Vito e Modesto.
Anche se non disponiamo di attestazioni dirette in proposito, pare verosimile l'ipotesi che la formazione di G. sia da ricondurre proprio all'ambiente ecclesiastico pisano di quegli anni se teniamo presente quanto sappiamo intorno alle vicende e agli esiti dello scisma del 1130 e in particolare ai solidi legami tra la sede metropolitana di Pisa e il Papato. Si pensi, per esempio, al grande concilio riformatore del maggio 1135, convocato da Innocenzo II a Pisa, dove il pontefice si era rifugiato dal settembre 1133 insediandovi la Curia; ai rapporti privilegiati con l'ambiente cistercense e con Bernardo di Chiaravalle; alla presenza di arcivescovi, tutti di titolo cardinalizio, fedeli al partito innocenziano: Uberto, Baldovino e poi, ancora, Villano, chiamato da Eugenio III, di origine lui stesso pisana, a dirigere quell'arcidiocesi quand'era già cardinale.
Fu proprio Innocenzo II, il 21 ag. 1142, ad annunciare al vescovo Enrico (II) di Olmütz (Heinrich Zdik) di aver inviato G. come legato "de nostro latere" nelle terre di Moravia "pro enormitatibus corrigendis" (Migne, CLXXIX, col. 597c) pregandolo di offrirgli assistenza e consiglio. G. aveva l'incarico di portare a termine, secondo gli auspici del II concilio Lateranense, la riforma dei costumi e della disciplina del clero regolare e secolare in tutta la regione boemo-morava.
In questa prima legazione, durata fino all'autunno del 1143 (G. risulta infatti presente a Roma già il 1° dicembre di quell'anno), G. incontrò non poche difficoltà a causa della guerra tra il duca Vladislao di Boemia e i principi ribelli di Moravia. Dovette infatti trattenersi in Austria per qualche tempo; quindi, dopo un incontro con i principi moravi, poté stabilirsi a Passau, in Baviera. Raggiunse Praga in compagnia del vescovo Enrico di Olmütz e del prevosto Geroh di Reichersberg, con il quale G. nel frattempo era entrato in rapporti di amicizia e di collaborazione, e che, in quei frangenti, s'interessava alla fondazione del priorato cistercense di Raitenhaslach e alla riforma del clero di quelle regioni.
G. visitò le diocesi di Praga, di Olmütz e di Vysehrad stabilendo rigide sanzioni disciplinari contro i chierici concubinari e simoniaci che non esitò a rimuovere dalle funzioni indegnamente ricoperte sostituendoli con uomini di provati costumi. Il prevosto del duomo di Praga, un laico, non poté venire separato dalla moglie ma il decano, trigamo e simoniaco, fu sollevato immediatamente dal suo ufficio; bigamo e laico, il prevosto di Vysehrad venne anch'egli destituito e così pure la badessa del monastero dei Ss. Giorgio e Ludmilla. A tutti i vescovi della regione, e in particolare Ottone di Praga ed Enrico di Olmütz (la collaborazione dei quali G. avrà modo di sottolineare nel successivo rendiconto a papa Celestino II, che avrebbe manifestato il suo compiacimento per l'opera del legato in una lettera a Geroh di Reichersberg del 27 genn. 1144), impose di edificare nuove chiese pievane ("plebales ecclesias") e, più in generale, di regolarizzare e intensificare il sistema della cura d'anime non accontentandosi delle già esistenti fondazioni monastiche; infine, così come avverrà nel corso delle successive missioni, G. ebbe modo di occuparsi di questioni confinarie tra le diocesi di Praga e di Olmütz.
Durante questo primo soggiorno G. accolse a Praga l'esule e contumace Arnaldo da Brescia, fuggiasco da Costanza, sul quale ormai da due anni pendevano la grave condanna inflittagli, unitamente al maestro di lui Abelardo, dal concilio di Sens, e le successive misure disciplinari. A segnalare la presenza del canonico bresciano nella città boema, "domesticus et contubernalis" del legato papale, è una celebre lettera di Bernardo di Chiaravalle indirizzata allo stesso G., che viene messo in guardia dal rischio e dal sospetto di favorire un eretico notorio, ciò che avrebbe comportato contraddire niente di meno che il papa e addirittura porsi contro Dio stesso. Com'è stato autorevolmente supposto, è molto probabile che G., di cui però non conosciamo eventuali risposte alla missiva, avesse preso in seria considerazione l'eventualità che una sua mediazione potesse favorire la riconciliazione di Arnaldo alla Chiesa romana, ciò che in effetti sarebbe accaduto a Roma, alla fine del 1145, con l'adempimento della penitenza imposta da Eugenio III; e che, in ogni caso, egli si fosse avvalso della collaborazione dello stesso Arnaldo per dar corso alla riforma del clero boemo-moravo.
Informato della morte di Innocenzo II (24 sett. 1143) G. fece ritorno a Roma e poté sottoporre a Celestino II (nuovo pontefice dal 26 settembre) i primi risultati favorevoli della sua legazione. Dopo il 18 marzo 1144 (donazione a Lucio II, subentrato da pochi giorni a Celestino II) G. ripartiva per la Boemia, dove rimase fino ai primi del 1145. Nell'ambito delle sue nuove attività di legato sospese dall'ufficio l'abate Silvestro di Sazawa, che poi avrebbe reintegrato nel corso della sua terza e ultima missione. Lo ritroviamo a Roma, sottoscrittore di documenti papali del neoeletto Eugenio III (papa dal 15 febbraio), tra il 14 marzo e l'8 apr. 1145. Nel corso dell'estate successiva G. si recò per la terza volta in Boemia, da dove sarebbe rientrato definitivamente prima del 2 giugno 1146. A quella data, infatti, Eugenio III indirizzava al duca Vladislao di Boemia una lettera in cui, fra l'altro, poteva compiacersi della "extirpatio" dei peccati del popolo grazie all'opera indefessa del card. legato G., del vescovo Enrico di Olmütz e del prevosto Daniele di Praga.
Dopo l'ultima, probabile sottoscrizione documentata di G. in un documento ufficiale (27 dic. 1146) si perdono definitivamente le sue tracce: non sono infatti da riferirsi a lui le occasionali menzioni di omonimi, impegnati in funzioni di legato in Italia e nel Nord Europa negli anni immediatamente seguenti.
Si deve perciò ipotizzare che G. morisse poco dopo il suo rientro nella Curia papale.
Fonti e Bibl.: Monachi Sazaviensis continuatio Cosmae, a cura di G.H. Pertz, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, IX, Hannoverae 1851, pp. 147, 151, 159; XVII, ibid. 1861, p. 651; J.-P. Migne, Patr. Lat., CLXXIX, coll. 580c, 590ab 597bc, 511a, 514b, 542d, 545cd, 552d, 554a, 557c, 578c, 580c, 590b, 594a, 597c, 797ac; CLXXX, coll. 1016d, 1022b, 1143c-1144b, 1175a; CXCIII, coll. 1105d-1106b; L.A. Muratori, Antiquitates Italicae Medii Aevi, IV, Mediolani 1741, coll. 241 s.; Codex diplomaticus et epistolaris Moraviae, a cura di A. Boczeck, I, Olmütz 1836, p. 233; Ph. Jaffé, Regesta pontificum Romanorum, a cura di S. Löwenfeld et al., Leipzig 1885-88, nn. 8092, 8484, 8717, 8744, 8757, 8930, 8931, 8974; Codex diplomaticus et epistolaris Regni Boemiae, a cura di G. Friedrich, I, Praha 1904, p. 136; P.F. Kehr, Italia pontificia, III, Etruria, Berolini 1908, p. 482 n. 1; Le Liber censuum de l'Église Romaine, a cura di P. Fabre - L. Duchesne, Paris 1905-10, pp. 403 s.; Regesto del capitolo di Lucca, a cura di P. Guidi - O. Parenti, I, Roma 1910, n. 926 pp. 404 s.; G. Degli Azzi Vitelleschi, Regesti del R. Archivio di Stato in Lucca, I, Pergamene del Diplomatico, I, 2, Lucca 1911, nn. 226-227 pp. 78 s.; Bernardus Claraevallensis, Epistola CXCVI, a cura di J. Leclercq - H. Rochais, in S. Bernardi opera, VIII, Roma 1977, pp. 51 s.; J.M. Brixius, Die Mitglieder des Kardinalskollegiums von 1130 bis 1181, diss., Strassburg-Berlin 1912, p. 43; J. Bachmann, Die päpstlichen Legaten in Deutschland und Skandinavien (1125-1159), Berlin 1913, pp. 67-70; D. van den Eynde, L'œuvre littéraire de Gerhoh von Reichersberg, Romae 1957, pp. 195 s., 200 s.; L. Spätling, Kardinal G. und seine Legation im Böhmen-Mähren 1142-1146, in Mitteilungen des Instituts für österreichische Geschichtsforschung, LXVI (1958), pp. 306-330; R. Wenskus, Zu einigen päpstlichen Legation nach Böhmen und Mähren, in Zeitschrift für Kirchengeschichte, LXX (1959), pp. 14 s.; P. Classen, Gerhoh von Reichersberg. Eine Biographie, Wiesbaden 1960, pp. 104 s.; B. Zenker, Die Mitglieder des Kardinalskollegiums von 1130 bis 1159, diss., Würzburg 1964, pp. 188-190; G. Miccoli, La storia religiosa, in Storia d'Italia (Einaudi), II, 1, Torino 1974, pp. 617, 626 s.; K. Bosl, Das Verhältnis von Augustinerchorherren (Regularkanoniker), Seelsorge und Gesellschaftbewegung in Europa im 12. Jahrhundert, in Istituzioni monastiche e istituzioni canonicali in Occidente (1123-1215). Atti della VII Settimana internaz. di studio, Mendola… 1977, Milano 1980, pp. 449 s., 455; R. Pescaglini Monti, La famiglia dei visconti di Fucecchio (1096-1254), in La Valdinievole tra Lucca e Pistoia nel primo Medioevo. Atti del convegno… Fucecchio… 1985, Pistoia 1986, pp. 68, 84; A. Frugoni, Arnaldo da Brescia nelle fonti del secolo XII, Roma 1989, pp. 29-32, 114, 132 s., 156; A. Malvolti - P. Morelli, L'ospedale di S. Iacopo di Altopascio e il Valdarno inferiore nel Medioevo: dipendenze e proprietà, in Altopascio, un grande centro ospitaliero nell'Europa medievale. Atti del Convengo… 1990, Altopascio 1992, pp. 99-102, 108-110; P. Zerbi, Bernardo di Chiaravalle e le controversie dottrinali, in Id., "Ecclesia in hoc mundo posita". Studi di storia e storiografia medioevale raccolti in occasione del 70° genetliaco dell'autore, Milano 1993, p. 459; Id., S. Bernardo di Clairvaux e Milano, in S. Bernardo e l'Italia. Atti del Convegno… 1990, a cura di P. Zerbi, Milano 1993, p. 58; G.G. Merlo, Il problema degli eretici nell'Italia dell'età bernardiana, ibid., p. 176; Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XXII, coll. 1248 s.