GUIDO (Guido Pisano)
Nacque a Pisa presumibilmente verso la fine dell'XI secolo; appartenne probabilmente alla famiglia dei conti di Caprona.
Il 4 marzo 1132 Innocenzo II lo nominò cardinale diacono del titolo dei Ss. Cosma e Damiano; la sua sottoscrizione appare per la prima volta nei privilegi pontifici l'8 marzo 1132. Nel 1133-34 G. ebbe il suo primo incarico come legato nel Sud della Francia e in Spagna.
Nel Sud della Francia G. definì a favore di St-Thibéry un'aspra vertenza tra le abbazie di St-Thibéry e di La Chaise-Dieu per il possesso della chiesa di Bessan, stabilendo così una temporanea pacificazione. La vera destinazione del suo viaggio era però la Spagna. Dopo un soggiorno presso l'arcivescovo di Santiago de Compostela Diégo (II) Gelmírez, G. tenne un concilio a León, nel 1133 o al più tardi nell'agosto 1134. L'oggetto principale del concilio era la controversia tra Diégo e un chierico a lui sottoposto, Bernardo de Compostela; nel conflitto era coinvolto - ma non sappiamo in quale ruolo - anche Alfonso VII re di Castiglia e León. Dopo un pubblico dibattimento, G. decise la liberazione del chierico e obbligò l'arcivescovo alla restituzione dei beni sottrattigli. A León inoltre fu assegnata la sede vescovile di Salamanca all'arcidiacono Berengario, contro la volontà di Diégo.
G. tornò quindi a Roma dove lo troviamo nel dicembre 1134. Nella primavera 1135 fu al fianco di Bernardo di Chiaravalle quando questi, in occasione dello scisma papale, cercò di guadagnare Milano alla causa di Innocenzo II. L'attenzione di G. si volse quindi di nuovo alla Spagna.
Dopo il 1134 i rapporti tra l'arcivescovo Diégo e Alfonso VII erano drasticamente peggiorati; parte dell'episcopato spagnolo e alcuni membri del capitolo del duomo di Santiago, insieme con Alfonso, sollecitavano la destituzione di Diégo. Nel 1136 fu richiesto a Roma l'invio di G. che sembra godesse di considerevole stima dopo il suo primo soggiorno. Giunto nell'estate in Spagna, G. mise in chiaro immediatamente di non volere farsi strumentalizzare in alcun modo dagli avversari dell'arcivescovo; dichiarò che la deposizione di Diégo non era stata autorizzata dal papa e mandò Bosone (un familiaris del suo seguito, cronista e futuro camerario) da Innocenzo II per ricevere il suo assenso.
Nel frattempo, su richiesta di Alfonso, G. intraprese un viaggio di visitazione attraverso la Spagna. Durante un soggiorno di circa 15 giorni a Compostela, dove fu ricevuto dall'arcivescovo con grande sfarzo, anche gli avversari di Diégo cercarono di conquistarsi il favore di Guido. Secondo il racconto della Historia Compostellana i canonici oppositori di Diégo che si rivolsero a G. furono così numerosi che egli a stento trovava il tempo di consumare i pasti. Poco dopo la ripresa del viaggio di G., il 10 agosto si giunse a una violenta sollevazione contro Diégo alla quale questi a stento poté sfuggire, rifugiandosi a Burgos. Qui nel settembre - ottobre 1136 G. tenne una grande assemblea ecclesiale e compose una serie di conflitti. Così la lite sui confini tra Burgos e Osma che durava dal 1134 fu definitivamente risolta. G. esercitò molto consapevolmente, a quanto pare, la facoltà di decidere da solo che gli era stata concessa dal papa, e accordò ai partecipanti al concilio unicamente il diritto del consilium. Pronunziò inoltre il riconoscimento della Confraternita di Belchite. A Burgos si trattò soprattutto della controversia relativa all'arcivescovo Diégo; conformemente alle direttive papali, nel frattempo giunte da Roma, e con un vigoroso sostegno da parte di Cluny, G. rafforzò l'autorità dell'arcivescovo di Santiago di Compostela e risolse in suo favore la vertenza. Poi tornò a Roma.
Nel giugno 1139 fu nuovamente mandato in Francia. Nell'estate tenne a Uzès un affollato concilio nel quale dovette comporre una vertenza tra il monastero di Cluny e la Chiesa di Lione; sull'esito della questione non sappiamo nulla.
Le fonti, però, ci informano che la lite tra i monasteri di St-Thibéry e di La Chaise-Dieu si era riaccesa e G. a Uzès presentò una proposta di compromesso che prevedeva che la chiesa di Bessan rimanesse possesso di St-Thibéry, ma La Chaise-Dieu ricevesse come compenso un pagamento annuo.
Al più tardi alla metà di novembre 1139 G. era nuovamente a Roma. Vi si trovava sicuramente nel 1141 come partecipante a una vertenza che Ariulfo di St-Riquier sostenne personalmente davanti alla Curia dopo che era stato deposto dalla carica di abate del monastero di Oudenbourg in sua assenza e senza essere stato ascoltato.
Nel 1143 G. tornò nuovamente in Spagna. Scopo principale di questa terza legazione era la definizione della "questione portoghese". Il Papato cercava allora di affermare definitivamente la sua autorità sulla penisola iberica e in modo particolare di realizzare una conciliazione tra Castiglia e Portogallo che rendesse possibile un'azione contro i Mori e quindi la riconquista dei territori sotto il dominio arabo. Conosciamo solo in modo approssimativo la cronologia e l'itinerario di questa legazione. Nell'estate G. si recò prima a Porto, dove risolse un'annosa lite confinaria tra le diocesi di Porto e Coimbra, e poi a Coimbra. Qui svolse opera di mediazione in molte vertenze e colse un trionfo particolarmente significativo per gli interessi del Papato nella penisola iberica: Alfonso I di Portogallo, che dal 1139 si era intitolato rex, consegnò nelle mani di G. il giuramento di vassallaggio a papa Innocenzo II per il suo Regno.
Il soggiorno di G. in Portogallo fu ricco di straordinari successi su tutti i piani: la sua autorità come rappresentante del papa era così forte che il clero portoghese lo pregò di chiarire situazioni controverse e le sue decisioni furono accettate da tutti. G. non solo riuscì in questo modo a rafforzare l'autorità della Chiesa romana in Portogallo, ma fu anche il primo legato papale la cui attività in Portogallo lasciò tracce persistenti.
Il 19 e 20 sett. 1143 G. tenne a Valladolid un concilio cui presenziarono numerosi vescovi e arcivescovi nonché i re di Portogallo e di Castiglia. In adesione alle decisioni del II concilio Lateranense del 1139 furono adottate misure per la riforma del clero e per il riconoscimento dell'autorità pontificia da parte dei vescovi, e furono regolate controversie patrimoniali e questioni di giurisdizione di singole Chiese. Una serie di altri provvedimenti servì alla pacificazione interna della Spagna. A Valladolid ebbero luogo anche i primi colloqui tra G., Alfonso di Portogallo, che perseguiva l'indipendenza dalla Castiglia, e Alfonso VII di Castiglia e León, che la osteggiava. L'accordo fu raggiunto alla fine alla conferenza di Zamora (4-5 ott. 1143; la datazione è però controversa): Alfonso di Portogallo riconobbe la posizione superiore del re di Castiglia e León, quest'ultimo riconobbe l'indipendenza del Portogallo. G. si recò quindi con Alfonso VII a Najera. Qui Alfonso il 29 ottobre, con la mediazione di G., assegnò a Cluny il monastero di S. Vicente a Salamanca.
Il 26 novembre G. tenne un sinodo a Gerona nel corso del quale il conte Raimondo Berengario IV di Barcellona donò ai templari la quinta parte del territorio strappato ai Mori. Alla fine G. tornò a Roma.
Nei rapporti sulla sua legazione spagnola G. ha sempre sottolineato che gli pareva di essere riuscito con facilità a svolgere i suoi compiti e a risolvere le questioni che si presentavano.
L'influenza di G. in Curia non diminuì durante il pontificato di Celestino II, di Lucio II e di Eugenio III. Quest'ultimo, infatti, tra il 10 e il 17 dic. 1146 nominò G. cancelliere della Chiesa romana, come successore del defunto Roberto, cardinale dei Ss. Silvestro e Martino.
G. doveva il suo incarico, oltre che alle sue eccellenti doti diplomatiche, presumibilmente alla sua particolare conoscenza della Spagna e del Portogallo - che in quegli anni occupavano un posto importante nella politica papale - e anche ai suoi ottimi rapporti con significative personalità del suo tempo. Come cancelliere G. non solo godeva di una fondamentale posizione di fiducia, ma costituiva anche il tramite tra il papa e i suoi postulanti.
L'importanza per il Papato delle capacità di G. nelle trattative si evince dal fatto che egli, nonostante la sua nuova attività, fu incaricato ancora di una legazione nella primavera 1147. Essa lo portò tra l'11 aprile e il 5 giugno (in questo periodo non ci sono sue sottoscrizioni nei documenti pontifici) nell'Impero germanico. La questione di fondo era l'assunzione della croce da parte di Corrado III il giorno di Natale 1146. In termini generali si sa che G. incontrò nell'aprile 1147 Corrado III a Bamberga (20 aprile: Pasqua) o a Norimberga (23 aprile: Dieta imperiale) per parlare con lui della questione della crociata; l'incontro non è però documentato.
Negli ultimi giorni di aprile G. incontrò a Würzburg Vibaldo di Stavelot (Wibald von Stablo) al quale era legato da una stretta amicizia più che ventennale documentata da un vivace scambio epistolare e caratterizzata da grande franchezza.
Vibaldo si trovava allora in una difficile situazione e sperava che G. intercedesse per lui presso il papa. Vibaldo - che nel 1122 sotto Lotario III era stato nominato cancelliere imperiale e anche sotto Corrado III era tra i più importanti consiglieri del Regno tedesco - dal 1130 era abate del monastero di Stavelot. Il 20 ott. 1146 egli fu eletto anche abate di Corvey. Questo doppio incarico era molto problematico dal punto di vista del diritto ecclesiastico e quindi in un primo momento Eugenio III aveva negato il suo assenso. Vibaldo chiese allora a G. verbalmente e per lettera di intercedere per lui. Sembra che G. si sia in realtà adoperato per Vibaldo, poiché una delegazione di Corvey, che il 10 giugno 1147 si era recata a St-Denis da Eugenio III, era riuscita finalmente il 22 giugno a Meaux a ottenere il riconoscimento di Vibaldo. Nell'autunno 1147 G. si adoperò nuovamente presso il papa in favore di Vibaldo, questa volta per la situazione del monastero di Stavelot. Anche in questo ebbe successo e sollecitò Vibaldo a comparire personalmente davanti al papa. L'incontro ebbe luogo a Treviri agli inizi del 1148. L'ultimo contatto documentato con certezza tra G. e Vibaldo avvenne nel corso del 1148, quando G. in una lettera al vescovo Enrico di Minden esortò quest'ultimo a prendere provvedimenti a favore del monastero di Corvey, rispondendo così a una richiesta di Vibaldo.
Nel 1147 G. accompagnò Eugenio III che, passando per Pisa, si recò via mare in Francia, dove il papa voleva accelerare i preparativi per la crociata e dove tenne alcuni sinodi di riforma. G. si trovava al fianco del papa quando questi il 30 novembre fece il suo ingresso a Treviri sfarzosamente e con un vasto seguito. I GestaAdalberonis nel racconto di questo episodio caratterizzano G. come un uomo estremamente saggio e facondo ("virum prudentissimum et breviloquio notabilem"). Presumibilmente G. fece ritorno a Roma con Eugenio III alla fine di aprile 1148, dopo che giunse in Francia la notizia del fallimento della seconda crociata.
L'ultima sottoscrizione di G. in un documento pontificio è datata 16 maggio 1149. Dal novembre 1149 Bosone compare come cardinale diacono dei Ss. Cosma e Damiano; G. deve quindi essere morto prima di questa data.
G. fu tra i membri più illustri del Collegio cardinalizio e tra i più importanti sostegni del Papato; fu uno dei diplomatici più impegnati della Curia ed ebbe la più alta stima dei suoi contemporanei, come Ottone di Frisinga che in occasione di una legazione a Corrado III diede particolare rilievo a G. ("ex parte Romanae ecclesiae viros magnos et claros, quorum unus Guido Pisanus, eiusdem curiae cardinalis et cancellarius erat"). Aveva inoltre ottimi rapporti personali con importanti consiglieri del re tedesco, come Vibaldo di Stavelot e Anselmo di Havelberg.
Fonti e Bibl.: Gesta Adalberonis archiepiscopi Trevirensis, a cura di G. Waitz, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, VIII, Hannoverae 1848, p. 255; Gesta Treverorum, a cura di G. Waitz, ibid., XXIV, ibid. 1879, p. 378; Otto Frisingensis, Gesta Friderici, a cura di G. Waitz - B. de Simson, ibid., Scriptores rerum Germanicarum in usum scholarum, XLVI, Hannoverae-Lipsiae 1912, p. 47; Bernardi abbatis Claraevallensis Vita prima, lib. II auctore Ernaldo, in J.-P. Migne, Patr. Lat., CLXXXV, coll. 273-275; Wibaldus Corbeiensis, Epistolae, a cura di Ph. Jaffé, Berlin 1864, nn. 35, 37, 47, 55, 62 s., 67, 113, 121 s., 154, 158 s., 160, 194 s., 198, 252; Johannes Sarisberiensis, Historia pontificalis, a cura di M. Chibnall, London 1956, p. 11; Bernardus Claraevallensis, Epistolae, a cura di J. Leclercq - H. Rochais, Roma 1977, nn. 332, 334, 367 s.; Historia Compostellana, a cura di E. Falque Rey, Turnhout 1988, pp. 493 s., 504, 506 s., 513-517, 519; A. Ciaconius - A. Oldoinus, Vitae et res gestae pontificum Romanorum…, I, Romae 1677, p. 987C; B. Dorado, Compendio histórico de la ciudad de Salamanca, Salamanca 1776, pp. 119-121; W. Bernhardi, Konrad III., Berlin 1883, pp. 560 s., 694 s., 697, 764, 776-778, 805, 808; T. Minguella y Arnedo, Historia de la diócesis de Sigüenza y de sus obispos, Madrid 1910, p. 359 n. 11; J.M. Brixius, Die Mitglieder des Kardinalskollegiums von 1130-1181, Strassburg-Berlin 1912, pp. 43 n. 22, 89 n. 61; J. Bachmann, Die päpstlichen Legaten in Deutschland und Skandinavien (1125 bis 1159), Berlin 1913, pp. 79 s.; P. Rassow, La Cofradía de Belchite, in Anuario de historia de derecho español, III (1926), pp. 200-227 (con facsimile della sottoscrizione di G.); C. Erdmann, Das Papsttum und Portugal im ersten Jahrhundert der portugiesischen Geschichte, in Abhandlungen der Preussischen Akademie der Wissenschaften zu Berlin, phil.-hist. Klasse, 1928, pp. 29-32; P. Rassow, Die Urkunden Kaiser Alfons' VII. von Spanien, in Archiv für Urkundenforschung, X (1928), p. 438; E. Müller, Der Bericht des Abtes Hariulf von Oudenbourg über seine Prozessverhandlungen an der römischen Kurie im Jahre 1141, in Neues Archiv, XLVIII (1930), p. 104; G. Säbekow, Die päpstlichen Legationen nach Spanien und Portugal bis zum Ausgang des 12. Jahrhunderts, Berlin 1931, pp. 43-47; C. Erdmann, Nachrichten Nr. 144, in Neues Archiv, XLIX (1932), pp. 606 s.; A.G. Biggs, Diego Gelmirez first archbishop of Compostela, Washington 1949, pp. XXIV, 250, 298, 308, 310 s., 314, 320 s., 325-327, 343, 345, 357; W. Janssen, Die päpstlichen Legaten in Frankreich… (1130-1198), Köln 1961, pp. 31-35; B. Zenker, Die Mitglieder des Kardinalskollegiums von 1130-1159, diss., Würzburg 1964, pp. 125, 146-149, 207, 213, 222, 230, 232, 234, 238, 243; F.J. Jakobi, Wibald von Stablo und Corvey. Benediktinischer Abt in der frühen Stauferzeit, Münster 1979, pp. 45, 96-99, 107 s., 127, 130, 134, 143, 219, 244; L. Vones, Die "Historia Compostellana" und die Kirchenpolitik des nordwestspanischen Raumes (1070-1130), Köln-Wien 1980, pp. 516, 544 s.; Wibald, abbé de Stavelot-Malmédy et de Corvey (1130-1158) (catal.), a cura di J. Stiennon - J. Deckers, Stavelot 1982, pp. 47 n. 30, 53 n. 39; A. García y García, Concilios y sínodos en el ordinamiento del Reino de León, in El Reino de León en la Alta Edad Media, I, Cortes, concilios y fueros, León 1988, pp. 430-433, 436 s.; O. Engels, Papsttum, Reconquista und spanisches Landeskonzil im Hochmittelalter, in Id., Reconquista und Landesherrschaft. Studien zur Rechts- und Verfassunggeschichte Spaniens im Mittelalter, Paderborn 1989, pp. 361-365, 372-374; Id., Reconquista und Reform. Zur Wiedererrichtung des Bischofssitzes von Segovia, ibid., pp. 397, 399 s.; S. Weiss, Die Urkunden der päpstlichen Legaten von Leo IX. bis Coelestin III. (1049-1198), Köln-Weimar-Wien 1995, pp. 118-123; Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XXII, coll. 1247 s.; Lexikon des Mittelalters, IV, coll. 1771 s.