Guidi, Guido VI (Guido Guerra)
Guido VI dei conti G. di Dovadola, nato verso il 1220; soprannominato Guerra perché " fuit magnus guerriger, et vir bellicosus multum " (Benvenuto), figlio di Marcovaldo conte di Dovadola (Ruggero, secondo G. Villani [V 3] e altri) e di Beatrice degli Alberti, nepote fu de la buona Gualdrada (If XVI 37), della figlia cioè di Bellincione Berti dei Ravignani (i Ravignani, ond'è disceso / il conte Guido, Pd XVI 97-98) " valorosa e onorabile donna " secondo la testimonianza del Boccaccio e di numerose cronache fiorentine del tempo. " Fu molto guelfo, - scrisse di lui F. Villani nelle Vite d'illustri fiorentini - spesso capitano, sprezzatore de' pericoli, e quasi troppo sollecito ne' casi sùbiti, d'ingegno e d'animo maraviglioso, donde spesso i fatti quasi perduti riparava, e spesso quasi tolse la vittoria di mano a' nemici: d'animo alto e liberale, e giocondo molto, da' cavalieri amato, cupido di gloria... ".
Sodomita, è additato a D. da Iacopo Rusticucci nel terzo girone del settimo cerchio dell'Inferno (XVI 34-39), bruciato dalla pioggia di fuoco e perciò nudo e dipelato.
G. fu, ai suoi anni, il principale sostegno della Parte guelfa in Toscana: dichiarato benemerito della Chiesa da Innocenzo IV nel 1243, comandò l'esercito fiorentino contro i ghibellini di Arezzo nel 1255; fu esule coi guelfi fiorentini dopo la battaglia di Montaperti (1260); condusse a Carlo d'Angiò una schiera di quattrocento cavalieri fuorusciti, esuli guelfi, combatté sotto le insegne dell'Angioino a San Germano e si batté coi suoi cavalieri guelfi in modo determinante, a Benevento, contro Manfredi. Fu perciò il restauratore delle fortune guelfe in Firenze, dove poté tornare, trionfante, l'anno seguente. Morì nel 1272 nel castello di Montevarchi che egli stesso aveva fatto edificare; sulla sua sepoltura si leggeva " Guido Guerra comes: sit tibi Virgo comes ".
Il conte G. rappresentò per D. e per molti guelfi del suo tempo il campione valoroso del guelfismo e il suo restauratore in Firenze: egli dovette apparire agli occhi dei contemporanei di sua parte l'anti-Farinata, il liberatore armato, il resuscitatore del potere antighibellino. La contrapposizione G.-Farinata si può cogliere anche nell'Apologia di D. e di Firenze di Cristoforo Landino: " E certo fu in Farinata grandezza d'animo cesariana. Prudenza fabiana in Guido Guerra, velocità papiriana, e occhio cerviero in prevedere i futuri casi, e provvedere a quelli ". Ma nel XVI dell'Inferno G. non emerge né giganteggia, non diventa personaggio drammatico come Farinata.
Il suo onesto e rispettoso ritratto si colloca in una serie fiorentina' di dignitosi cavalieri, rappresentanti di una generazione passata in cui fioriva cortesia e valor; simboli un po' sfocati e spenti, più che persone vitali, di un mondo al tramonto. G. si confonde con loro, non trova lo scatto per superare la miseria d'erto loco sollo (If XVI 28).