STRAZZA, Guido
Pittore e incisore, nato a Santa Fiora (Grosseto) il 21 dicembre 1922. Mentre si laureava in ingegneria a Roma, coltivava da autodidatta esperienze artistiche: F.T. Marinetti gli fece conoscere le opere dei primi futuristi e lo invitò a mostre di aeropittura e alla Biennale di Venezia nel 1942. Dal 1948 trascorse in Perù alcuni anni e partecipò, tra l'altro, alla 1ª Biennale di San Paolo del Brasile (1951); alla seconda edizione, nel padiglione peruviano, presentò dipinti e litografie sul tema Cuzco Machu-Picchu. Tornato in Italia, nel 1954 si stabilì a Venezia e nel 1957 a Milano. A Roma, presso la Calcografia nazionale, cominciò a sperimentare (1964) le tecniche dell'incisione esponendo il lavoro nel 1967 e organizzò (1974-77) una didattica sviluppata come ricerca di gruppo sul segno. È stato titolare della cattedra d'Incisione all'Accademia dell'Aquila e dal 1976 all'Accademia di Belle Arti di Roma di cui è divenuto direttore (1985-88). Dopo aver eseguito nel 1965 una vetrata e dipinto la Via Crucis per la nuova chiesa di Ponte Lambro a Milano, nel 1983 a Roma ha realizzato per la chiesa dei SS. Gioacchino e Anna quattro grandi vetrate e le tavole della Via Crucis. Intensa la sua attività espositiva: oltre che nelle più importanti rassegne internazionali di grafica, è stato più volte presente alla Biennale di Venezia (1964, 1968, 1984 con sala personale), alla Quadriennale di Roma (1959, 1965, 1973, 1986), ecc. L'Accademia Nazionale dei Lincei gli ha conferito il premio A. Feltrinelli per la grafica (1988).
Fondamento del limpido e articolato iter artistico di S. è il segno che, indagato nelle sue potenzialità di grafia, di tono e di composizione, struttura un'immagine luministico-spaziale. Acuto ricercatore dei segni della natura, del tempo, della storia, di "qualcosa di cui si è perduta memoria" e con cui si vuole dialogare, S. formula un suo codice di segni e inventa una sintassi sostanziata di razionalità analitica e di sintesi lirica nei percorsi paralleli ma organici di pittura e grafica, con risultati quanto mai rilevanti. Se nelle prime opere egli evoca desinenze delle avanguardie storiche, in seguito partecipa al clima artistico milanese alimentato da varie modalità dell'Informale. Sulla scia della spazialità instabile di A. Gorky e del grafismo sensitivo di Wols, S. matura la sua riflessione sul segno-colore. Privilegiando temi seriali, dai Racconti segnici (1954-57, lunghe pitture arrotolabili) ai Balzi rossi (1958) alle Metamorfosi (1959-60), egli vaglia andamenti di linee, vibrazioni di punti, densità cromatiche in una spazialità fluente fra piani indefiniti e toni sfumati. Successivamente nel settore dell'incisione trova nuove soluzioni tecnico-formali e introduce l'uso del colore per varianti luminose. Appaiono ricordi di ''figure'', anche geometriche, che, attivate dalla sovrapposizione di schermi mobili, trasparenti e trattati ad acquatinta, si tramutano in campi spaziali dinamici, ordinati secondo cadenze modulate; talora, invece, le ''figure'', gradualmente invase dalla luce fino all'evanescenza dei contorni, mostrano il divenire e il lento disfarsi dell'immagine. Ulteriori meditazioni sul segno offrono le serie Ricercare (1972-73), Orizzonti olandesi (1973-74), Trama quadrangolare (1975-79), Gesto e Segno: esse propongono sintesi minimali aliene da referenti concettuali; ritmi visivi annotati su una bipartizione orizzontale del piano; tessiture ortogonali di grave intensità. Con i Segni di Roma S. libera, dai primi anni Ottanta, altre valenze del colore fino a inondare con esso la superficie, pur sempre scalfita o sottesa da segni, delle tele e delle carte: è la memoria, melanconica e lucida, velata dalla patina del tempo, di colonne, cortine di mattoni, archi, pavimenti cosmateschi; è la metamorfosi floreale di geometrie nel Giardino di Euclide; è l'amplificazione dell'immagine in Partiture che compongono un'inedita concordia discors; è la manifestazione di Aure di energia cromatica, pervase da moti segreti dell'animo e della mente. Accanto alle ''edizioni d'arte'' (le cartelle di incisioni: Ricercare, 1973; Orizzonti olandesi, 1974; Balada sin tiempo, 1975; Insetti, 1980; Roma, 1982; Giardino d'Euclide, 1988), da ricordare gli scritti di S.: Analisi dei segni di alcune incisioni di G.B. Piranesi... (1976); Il gesto e il segno, tecnica dell'incisione (1979); Il segno e il colore negli occhi, per un allievo ideale (1993); Vedere (1993). Vedi tav. f.t.
Bibl.: M. Valsecchi, Guido Strazza, Bologna 1960; G. Marchiori, Guido Strazza, Galleria Lorenzelli, Milano 1962; M. Calvesi, Guido Strazza, Catalogo xxxiv Biennale, Venezia 1968; Id., Ricercare, Galleria Collezionista d'arte contemporanea, Roma 1979; M. Volpi Orlandini, Segni di Roma, Galleria Editalia, ivi 1979; G. Di Genova, Generazione anni 20, Bologna 1980; L. Trucchi, Guido Strazza, opere 1981-1982, Galleria Giulia, Roma 1982; F. D'Amico, G. Appella, Strazza, opere su carta 1955-1985, Gallerie Il Segno, L'Arco, Il Millennio, ivi 1985; F. D'Amico, Guido Strazza, Aure, Galleria Forni Tendenze, Bologna 1991; G.C. Argan, C. Bertelli, M. Cordaro, Strazza, opere grafiche 1953-1990, Istituto nazionale per la grafica, Calcografia, Roma 1991 (con bibl.).