SPERA, Guido
– Nacque a Tito (Potenza) l’11 febbraio 1886 da Carlo e da Dina Albarella D’Afflitto (Laurino, in Radogna et. al., 2009, p. 75).
Trascorsa l’infanzia a Tito, dove frequentò le scuole primarie, si diplomò poi nel capoluogo lucano, presso il liceo classico Salvator Rosa, e, nel 1906, si trasferì a Napoli, dove risiedevano gli zii e i nonni materni. Qui, mentre frequentava la scuola superiore di agricoltura di Portici, collaborò saltuariamente con il teatro di S. Carlo in qualità di scenografo e poté iniziare a intessere quella rete di rapporti con musicisti, intellettuali e artisti che si sarebbe infittita e ampliata negli anni a seguire.
Appassionatosi all’arte grafica fin dalla giovane età, aveva già avuto modo di impratichirsi presso la tipografia fondata dal padre Carlo a Potenza e lì attiva fin dal 1890. Il debutto presso i lettori risale poi al 1911, quando, tra le pagine di Il Risveglio umoristico – supplemento mensile al Risveglio, stampato a Potenza presso la tipografia La Perseveranza – firmò, con lo pseudonimo Giesse, un autoritratto e una vignetta caricaturale raffigurante quattro militari. Allo stesso anno risale anche la testata per il Don Chisciottino, quindicinale «satirico pupazzettato» (Settembrino, in Radogna et al., 2009, p. 17) stampato all’epoca dalla tipografia paterna. A partire da questo momento le riviste sarebbero diventate un elemento costantemente presente nella vita di Spera.
Nel 1914, dopo essersi addottorato in agraria, convolò a nozze con Adelaide Natalia Speranza, giovane aristocratica di origini partenopee, che nello stesso anno lo rese padre del primogenito Luigi. Dal 1915 partecipò poi a più riprese al primo conflitto mondiale, fino al rientro definitivo dal fronte, quando fu dapprima assistente alla cattedra di patologia vegetale e quindi, dal 1919 al 1920, impiegato presso l’ufficio centrale napoletano del caseificio Mazzoni (Laurino, in Radogna et al., 2009, p. 75).
Pur essendosi già prestato nel corso degli anni, in qualità di caricaturista e disegnatore, a diverse testate lucane e campane – tra cui 6 e 22, Monsignor Perrelli, La Basilicata e Il Mattino –, la prima occasione che Spera ebbe di collaborare in maniera continuativa con un periodico si presentò solo nel 1924, quando la Provincia di Basilicata s’imbarcò in un’importante iniziativa editoriale: la pubblicazione della rivista bimestrale illustrata La Basilicata nel mondo, stampata a Napoli presso lo stabilimento di arti grafiche Francesco Giannini e destinata agli emigrati d’Oltreoceano. Il direttore responsabile Giovanni Riviello aveva affidato proprio a Spera il compito di illustrare un album dedicato ai ritratti dei «migliori uomini lucani» (Settembrino, in Radogna et al., 2009, p. 25) e di ornare con testatine, finalini e cornici i testi che sarebbero stati pubblicati fra le pagine della rivista. Sull’ultimo numero del 1924 compariva inoltre per la prima volta la pubblicità per l’Amaro Lucano – liquore prodotto a Pisticci (Matera) dal cavalier Pasquale Vena – firmata da Giesse. Tra alti e bassi, la collaborazione di Spera con La Basilicata nel mondo continuò fino al 1927, anno in cui fu pubblicato l’ultimo numero della rivista.
Nel 1925 Giesse aveva intanto avuto l’opportunità di affermarsi anche al di fuori dei confini regionali. In quello stesso anno, infatti, la sua firma comparve sull’illustrazione a corredo della prefazione di Alfredo Galletti al testo di Concetto Valente Le città morte dell’Ionio.
Nel 1926, vinto il concorso nazionale per l’assunzione di cento reggenti presso le cattedre ambulanti di agricoltura, fu assunto presso la cattedra consorziale di Potenza e rientrò definitivamente in Basilicata.
È a questa data che risale il primo contatto con Gaetano Baudin, direttore di Terra Lucana, il quale gli affidò l’incarico di curare le vesti grafiche della rivista e di realizzare le dodici copertine dell’anno 1926, concepite da Spera come un calendario stagionale raffigurante scene di vita agreste e pastorale racchiuse in tondi. A partire dal numero di gennaio del 1927, Terra Lucana uscì con una nuova copertina che sarebbe poi stata riproposta, con una serie di varianti cromatiche, per tutti i numeri pubblicati fino al 1928.
La collaborazione con la rivista era intanto andata ridimensionandosi; di lì a breve, infatti, Spera, dopo un periodo di aspettativa, sarebbe stato assegnato alla cattedra di Matera, dove, dopo la scomparsa della moglie Adelaide, si trasferì l’intera famiglia, nel frattempo accresciuta dalla nascita di altri quattro figli (Giuseppe, Dina, Maria e Myriam).
Nel 1928 Spera convolò in seconde nozze con Vincenza Margherita Sarli, insegnante originaria di Irsina. In quello stesso anno, sotto la direzione di Eugenio Alceste Filesi, vedeva la luce Agricoltura materana, organo della cattedra ambulante di agricoltura di Matera, che, pensato come strumento divulgativo e informativo, costituì anche un palcoscenico artistico per Giesse, il quale ne firmò le ventiquattro copertine.
Parallelamente all’intensa attività editoriale, Spera iniziò a essere richiesto anche nelle vesti di pittore e decoratore. La prima occasione di presentarsi al pubblico con un’opera autonoma si verificò in concomitanza della I Mostra nazionale del grano, tenutasi presso il palazzo delle Esposizioni di Roma nell’ottobre del 1927.
Qui Spera si occupò della decorazione dello stand, realizzando un grande dipinto a soggetto campestre e un allestimento pensato come una vera e propria scenografia: da due colonne pendevano spighe di grano, pampini e grappoli d’uva e, lungo diversi scaffali sistemati al centro della scena, erano esposti quarantotto vasi, decorati dallo stesso Giesse con scene di vita pastorale e contenenti le varietà di grano e sementi presentate al concorso (Settembrino, in Radogna et al., 2009, pp. 51 s.).
Dopo una lunga e prolifica carriera in ambito agronomico, libero ormai dagli impegni professionali, nel 1953 Spera intraprese l’ultima collaborazione con una rivista, Nuova Agricoltura lucana, in qualità di redattore e illustratore, realizzando una serie di copertine a soggetto agricolo e pastorale, che testimoniano un ripiegamento stilistico verso soluzioni compositive più tradizionali.
Ricordato principalmente per le sue qualità di divulgatore agricolo e di illustratore, nel corso della sua carriera Spera – come è emerso dallo studio dell’archivio privato sito a Matera – si cimentò anche nella stesura di racconti a tema folcloristico e di favole per bambini (Laurino, in Radogna et al., 2009, p. 76), come pure nella realizzazione di suppellettili in ceramica e prototipi di giocattoli in legno.
Da sempre legato alla sua regione, non la abbandonò fino al momento della morte, sopraggiunta a Bari il 5 febbraio 1956 (Settembrino, in Radogna et al., 2009, p. 44).
Fonti e Bibl.: F. Assante, G. S. Artista per vocazione, agronomo per professione, in Rassegna storica lucana. Bollettino del Centro studi per la storia del Mezzogiorno, XXVII (2007), 45-46, pp. 239-248; F. Radogna et al., G. S. L’arte illustrata e il divulgatore agricolo, Tito 2009 (in partic. C. Settembrino, G. S. e l’arte illustrata, pp. 17-50; I. Settembrino, S. divulgatore agricolo, pp. 51-70; G.A. Laurino, Archivio privato e pubblicazioni di G. S., pp. 75-78); G. Spera, La processione dei turchi di Potenza, a cura di G.A. Laurino - A. Pellettieri, Matera 2013.