PELLIZZARI, Guido
PELLIZZARI, Guido. – Nacque a Firenze il 30 ottobre 1858 da Giorgio e da Adelaide Marzichi Lenzi.
I Pellizzari erano una delle più distinte famiglie toscane che già aveva dato alla scienza uomini insigni, quali il padre Giorgio e lo zio paterno Pietro, entrambi eminenti medici. Anche il fratello, Celso Pellizzari, divenne ben presto una figura di primissimo piano in ambito dermatologico. Nel 1905 fondò a Firenze l’Istituto fototerapico per la cura delle neoplasie cutanee, mediante applicazioni fototerapiche e radioterapiche.
Guido Pellizzari iniziò i suoi studi di chimica sotto la guida di Hugo Schiff, fondatore della scuola chimica fiorentina. Il 19 luglio 1882 si laureò con il massimo dei voti; rimase all’Università come assistente del maestro, interessandosi alla sintesi dei derivati degli acidi sebacico, succinico e ftalico. Nel 1887 ottenne una seconda laurea in farmacia; dopo un periodo di due anni di assistentato, il 1° novembre 1889 fu nominato professore di chimica generale presso la R. Università di Catania. Il soggiorno in Sicilia fu breve: nel novembre 1891 fu trasferito alla cattedra di chimica generale della R. Università di Genova.
Pellizzari, che non si era creato una famiglia, trascorreva lunghi periodi di vacanza nella città natia presso i suoi genitori. In quei soggiorni in riva d’Arno, soleva passare molto tempo nel laboratorio di via Gino Capponi e con spirito di gioviale cameratismo, nonostante la differenza di età, fraternizzava con i giovani chimici all’inizio dei lori studi. Merita di essere ricordato il sodalizio con un altro allievo di Schiff, destinato a diventare un celebre scienziato, Mario Betti. Con amichevole bonomia e schiettezza prendeva parte alle discussioni scientifiche che sorgevano nel laboratorio, confortava questo o quello studente ripreso talvolta con eccessivo rigore da Schiff e capitava non di rado che elargisse consigli scientifici perfino all’anziano maestro.
Per oltre venti anni si dedicò sia alla sintesi organica (per es., la sintesi dell’N-Amino-1, 3, 4-triazolo, la tetrazolina, cfr. Sintesi del triazolo e dei suoi derivati, 1894, e Guanazolo e i suoi derivati alchilici, 1894) sia alla risoluzione di alcuni problemi tecnici legati allo sviluppo delle lastre fotografiche. In tal senso studiò e sviluppò l’utilizzo dei bisolfiti di basi organiche nel processo di sviluppo fotografico.
Le ricerche scientifiche di Pellizzari sono inquadrabili quasi esclusivamente nel campo della chimica organica. Già negli anni Ottanta del XIX secolo aveva iniziato a sintetizzare e descrivere una lunga serie di composti derivati dall’acido amido-benzoico. Questi studi furono il germe di importanti ricerche successive: da talune di essi egli stabilì le condizioni nelle quali si può effettuare una copulazione tra gruppi -NH2 di due molecole distinte con eliminazione di ammoniaca, analogamente a quanto era stato osservato unendo due molecole di urea per ottenere biureto. Fu la chimica dei composti eterociclici e in particolare quelli penta-atomici ad attrarre l’attenzione di Pellizzari.
Nel 1883, infatti, Viktor Meyer aveva scoperto il tiofene e aveva richiamato l’attenzione dei chimici sui composti ad anello eterociclico pentatomico (Über den Begleiter des Benzols im Steinkohlenteer, in Berichte der Deutschen chemischen Gesellschaft, 1883, vol. 16, pp. 1465-1478). Poco tempo dopo, Giacomo Ciamician aveva intrapreso gli studi sul pirrolo e ne aveva individuato le proprietà analoghe con il benzene (oggi diremmo aromaticità), scoperta che gli valse il Premio reale per la chimica 1887 (G. Ciamician - M. Dennestedt, Synthesis of pyridines from pyrroles, in Berichte der Deutschen Chemischen Gesellschaft, 1881, vol. 14, pp. 1153-1160; G. Ciamician - P. Magnaghi, Pyrrole-derived bases, in Berichte der Deutschen Chemischen Gesellschaft, 1885, vol. 18, pp. 2079-2085). Nel 1893 Luigi Balbiano si aggiudicò l’ambito premio con un lavoro su un’altra molecola eterociclica, il pirazolo, che divenne molto famoso in seguito alla scoperta dell’antipirina, nome commerciale dell’1-fenil-2,3-dimetilpirazolone, utilizzata come potente analgesico e antinfiammatorio (seppur tossica nei trattamenti prolungati). Seguirono nel giro di breve tempo le sintesi dell’ossazolo, del triazolo e di tutti i composti da essi derivati. La chimica degli eterocicli era un argomento che suscitava vivo interesse accompagnato da un fervore di nuove scoperte, soprattutto intorno agli ‘anelli eterogenei’, dotati di particolare resistenza agli agenti chimici.
Effettuando un’addizione di fenil-idrazina con la di-acetammide, Pellizzari ottenne il derivato di un nucleo eterociclico che può mettersi in relazione con il triazolo, ma che egli preferì denominare guanazolo per meglio accentuarne il tipo di struttura e del quale confermò brillantemente la costituzione in modo rigoroso e completo. Parallelamente, basandosi sull’analogia tra guanidina e urea, descrisse la sintesi, per mezzo di idrazina e urea, di un nucleo analogo al guanazolo che chiamò urazolo. Queste ricerche gli suggerirono una nuova sintesi del ‘triazolo libero’ per azione della formamide e formil-idrazina, reazione semplice e netta, che rappresentava all’epoca forse la più elegante sintesi di nuclei eterociclici mai descritta. Tale strategia sintetica, poi perfezionata, gli permise di sviluppare ampiamente la chimica dei derivati del triazolo. Questa sintesi opportunamente modificata permise poi a Pellizzari di ottenere dei derivati del nucleo della tetrazolina. A completamento di queste vaste ricerche, ottenne la sintesi di un nuovo composto eterociclico, di tipo per così dire intermedio tra il guanazolo e l’urazolo, da lui denominato imido-urazolo. Altri studi lo portarono a scoprire nuove sintesi di composti eterociclici a nucleo condensato.
Pellizzari e la sua scuola perfezionarono le ricerche sulle guanidine sostituite, gruppo di sostanze azotate che presentano particolare interesse in campo biochimico, sia per l’impiego tecnico di alcuni derivati guanidinici, come, per es., la nitro-guanidina, efficace esplosivo, o i derivati acil-guanidinici che ebbero largo impiego come acceleranti nella vulcanizzazione del caucciù.
Già dal 1894 Pellizzari seppe descrivere correttamente la struttura della nitro-guanidina, dalla quale ottenne l’amino-guanidina per azione dell’idrazina sulla cianamide: tale reazione risultò di applicabilità generale. Dopo la sintesi della diamino-guanidina, intraprese con successo la sintesi della triamino-guanidina, composto assai singolare contenente sei atomi di azoto raggruppati intorno a un solo atomo di carbonio. Alcuni di questi composti guanidinici sono intermedi di reazioni molto importanti, come, per es., la formazione di composti ciclici. Interessante, anche perché di carattere fondamentale, la reazione di trasformazione dei composti guanidinici in composti cianurati, con eliminazione di ammoniaca per azione dell’acido nitroso.
Pellizzari raggiunse notevoli risultati sintetici grazie al largo impiego del bromuro di cianogeno. Si deve alle sue ricerche se oggigiorno per generare una mappa peptidica si ricorre a questa molecola.
Per tale operazione si deve infatti evitare l’idrolisi completa del peptide; a tale scopo l’unico metodo chimico non ancora soppiantato da metodi enzimatici prevede l’impiego di una molecola di CNBr, la quale taglia selettivamente il polipeptide a livello della metionina.
Fu durante questi lavori che la salute di Pellizzari fu messa in serio pericolo: inalando vapori di bromuro di cianogeno, i cui effetti fisiologici erano fino a quel momento poco noti, corse il rischio di perdere la vita. L’incidente in laboratorio lasciò lunga memoria tra il personale e provocò danni semipermanenti alle vie respiratorie del professore. L’azione insidiosa del bromuro di cianogeno fu così messa in evidenza, tant’è che in Italia questo gas fu largamente utilizzato come aggressivo chimico durante la Grande Guerra.
Il 16 ottobre 1916, piegandosi alle pressioni di colleghi, quali Antonio Garbasso, e dei parenti, Pellizzari tornò a Firenze presso l’Istituto di studi superiori, pratici e di perfezionamento, su invito della scuola di farmacia. Nel lasciare Genova, per voto della facoltà di scienze fu nominato professore emerito della locale Università. Il 18 marzo 1919 venne eletto socio corrispondente dell’Accademia dei Lincei e quattro anni più tardi ricevette il premio dell’Accademia dei Lincei per i suoi studi sulla guanidina.
Per quanto di carattere modesto e schivo, alieno dal perseguire ogni forma di onore personale, Pellizzari fu eletto socio dell’Accademia delle scienze di Torino, di quella Gioenia di Palermo nonché socio dell’Accademia dei Lincei. Dopo la morte nel 1910 della madre, gli unici legami familiari erano rappresentati dai fratelli, Celso e Maria, la quale si era coniugata poco più che ventenne con lo scultore Mario Salvini. Guido Pellizzari prese così a trascorrere sempre più tempo in viaggi in Italia e all’estero. Celso rimase celibe e morì il giorno di Natale del 1925 a settantaquattro anni di età. Della grande casa avita egli rimase presto il solo occupante. Riempiva le giornate con lo studio e la passione per la musica e l’arte. Non mancava mai di partecipare alle più interessanti manifestazioni artistiche o musicali che si tenevano a Firenze. Tuttavia, la solitudine poté più della cultura e l’anno seguente decise di prender moglie. Mario Betti, suo collega e amico, descrisse la futura consorte come «amorevole ed eletta Signora» (Betti, 1939). Elena Casanova - Jerserink, vedova senza prole del conte Quentin – questo era il nome della non più giovane sposa –, al momento del matrimonio aveva cinquantasette anni, mentre il futuro marito era prossimo ai sessantotto.
Il 12 dicembre 1929, un anno dopo il suo pensionamento, fu eletto socio nazionale dell’Accademia dei Lincei. A conclusione di cinque anni di fuori ruolo, andò definitivamente in pensione nel 1933.
Pellizzari venne solennemente festeggiato dai suoi colleghi e dai numerosi allievi. Egli accettò, ma pose una condizione: utilizzare quell’occasione per collocare il busto del suo grande maestro, Schiff, nell’aula dove aveva insegnato. Fino all’approssimarsi della fine, usava recarsi con regolarità in quello che era stato il suo laboratorio, facendo visita al suo allievo Mario Passerini, poi successore nell’insegnamento della chimica.
I coniugi Pellizzari vissero nel grande palazzo di via della Colonna appena una dozzina di anni. Nel 1938 Pellizzari si era recato al Congresso internazionale di chimica a Roma e aveva partecipato con energia e con spirito giovanile alle gite, alle sessioni e alle adunanze. Il primo giugno, nell’imminenza della seduta della Reale Accademia d’Italia, aveva scritto a Nicola Parravano di non poter prendere parte alla consueta riunione, trovandosi leggermente indisposto. Inoltre, pregava il collega che non lo includesse nella commissione per l’attribuzione del premio Cannizzaro, perché, come aggiungeva scherzosamente, alla soglia degli ottant’anni non sarebbe stato prudente prendere impegni a lunga scadenza. Il giorno seguente le condizioni di salute peggiorarono e una subdola broncopolmonite si manifestò nella sua completa gravità.
L’indomani, 3 giugno 1938, alle ore 8:40, Pellizzari cessava di vivere.
La famiglia si estinse nel giro di pochi anni: la sorella Maria scomparve il 23 luglio 1946 all’età di ottantatré anni, mentre la signora Elena Casanova-Jerserink vedova Pellizzari chiuse per sempre gli occhi nel 1952 a quasi ottantacinque anni. I figli di Maria Pellizzari furono il regista Guido Salvini, che avrebbe ‘scoperto’ Vittorio Gassmann, e l’attore Celso Salvini. Entrambi i nipoti morirono senza discendenza.
Opere. Guanazolo e i suoi derivati alchilici, in L’Orosi, 1894, vol. 17, pp. 143-155; Nuova sintesi del triazolo e dei suoi derivati, in Gazzetta chimica italiana, 1894, vol. 24, pp. 222-229; Urazolo e triazolo, ibid., pp. 499-511; Derivati dell’amidoguanidina, ibid., 1896, 26, pp. 174-193; Sintesi del triazolo e dei suoi derivati. II. Derivati monosostituiti, ibid., pp. 413-429 (con C. Massa); Sintesi dei derivati del 1.3.4-triazolo, in Atti dell’Accademia nazionale dei Lincei. Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Rendiconti, 1901, vol. 10, pp. 363-367 (con C. Massa); Sintesi dei derivati del 1.3.4-triazolo, in Gazzetta chimica italiana, 1901, vol. 31, pp. 105-111 (con C. Massa); Derivati monosostituiti dell’1.3.4-triazolo, ibid., pp. 111-122 (con M. Bruzzo); Prodotti trisostituiti dell’1.3.4-triazolo, ibid., pp. 123-132 (con A. Alciatore); Ricerche sul guanazolo, ibid., pp. 477-513 (con C. Roncagliolo); Sulla formula del triazolo, ibid., 1902, vol. 32, pp. 189-201; Azione del bromuro di cianogeno sull’idrazina, ibid., 1905, vol. 35, pp. 291-302 (con C. Cantoni); Azione degli alogenuri di cianogeno sull’idrazina, ibid., 1907, vol. 37, pp. 444-449; N-Amino-1,3,4-triazolo (tetrazolina), ibid., 1909, vol. 39, pp. 520-540; Triazolo e i suoi derivati, ibid., 1911, vol. 41, pp. 20-42; Azione del bromuro di cianogeno sulla fenilidrazina, ibid., pp. 54-59; Sulla triammino-guanidina, ibid., 1914, vol. 44, pp. 78-85 (con G. Gaiter).
Fonti e Bibl.: M. Passerini, G. P., in La chimica e l’industria, XX (1938), 7, pp. 498-499; M. Betti, G. P. 1858-1938, in Rendiconti della R. Accademia nazionale dei Lincei, XXIX (1939), 7, pp. 353-361.