FUSINATO, Guido
Nacque a Castelfranco Veneto il 15 febbr. 1860 da Arnaldo e da Erminia Fuà. Laureatosi in giurisprudenza a Roma nel 1880, approfondì la sua preparazione culturale a Berlino, dove soggiornò per due anni.
Nel 1883 fu chiamato come professore incaricato di diritto internazionale presso l'università di Macerata, dove nel 1885 assunse anche l'insegnamento di legislazione comparata.
La prima produzione scientifica del F. si caratterizza per il tentativo di rintracciare nel diritto romano i precedenti della disciplina che regola i rapporti tra Stati. Nel 1882 pubblicò nell'Archivio giuridico (XXVIII, pp. 145-155) Alcune considerazioni sopra la regola Dies interpellat pro homine in diritto romano (poi nella raccolta postuma Scritti giuridici, Torino 1921, I, pp. 1-10) e nel 1884, a Roma, come memoria della R. Accademia dei Lincei, la monografia Dei feziali e del diritto feziale. Contributo alla storia del diritto pubblico esterno di Roma. In questo studio egli prendeva le mosse dalla tesi di M. Voigt, secondo cui Roma aveva conosciuto sin dagli inizi regole di diritto internazionale, per precisare che dette norme erano costituite soprattutto dallo ius fetiale (sul tema il F. tornerà successivamente con la voce Feciali, del Digesto italiano, XI, Torino 1895, pp. 574-587).
A queste ricerche il F. affiancò indagini di diritto internazionale privato relative sia a istituti del passato - nel 1884 pubblicò sempre nel Digesto italiano la voce Albinaggio (Diritto di), I, ibid. 1884, pp. 235-243 - sia a problemi attuali. Così nel saggio Questioni di diritto internazionale privato, in Giurisprudenza italiana, IV (1884), coll. 129-170 (ora in Scritti, I, pp. 251-314) affrontò la questione della competenza dei tribunali italiani nelle "questioni di stato che si agitino fra stranieri" - e in particolare in merito al riconoscimento del divorzio tra stranieri sposati e residenti in Italia - alla luce del principio locus regit actum. E nel volume L'esecuzione delle sentenze straniere in materia civile e commerciale (Roma 1884) formulò uno schema di convenzione internazionale, articolata in nove punti, da presentare in una conferenza internazionale per la disciplina della materia.
Raccolse, inoltre, le sue lezioni maceratesi nel volume Introduzione ad un corso di diritto internazionale pubblico e privato, Macerata 1885, e nello stesso anno pubblicò sull'Archivio giuridico (ora in Scritti, I, pp. 539-632) Il principio della scuola italiana nel diritto privato internazionale, in cui ribadiva la sua adesione all'indirizzo seguito dai giuristi italiani che vedevano nel principio di nazionalità il cardine delle relazioni internazionali. E tale adesione ebbe modo di approfondire ulteriormente nel volume Le mutazioni territoriali. Il loro fondamento giuridico e le loro conseguenze (Lanciano 1885) dove, nell'esaminare i modi di acquisto territoriale, sottolineava l'importanza dell'elemento psicologico nella formazione della identità nazionale.
Nel 1885 divenne professore straordinario di diritto internazionale presso l'università di Torino, quindi, nel 1890, fu promosso professore ordinario di questa materia; dal 1888 al 1892 fu incaricato, nel medesimo ateneo, anche di legislazione comparata.
Negli anni successivi il F. tornò su alcuni temi affrontati nei primi lavori con saggi brevi e note a sentenza in cui l'analisi di problemi concreti si legava sempre alla trattazione di questioni dottrinali.
Al principio di nazionalità come perno del diritto internazionale dedicò alcuni saggi tra cui La teoria della nazionalità nel sistema del diritto pubblico internazionale (in Rivista di diritto pubblico, I [1890]; ora in Scritti, II, pp. 333-340), dove ribadiva la centralità dell'elemento spirituale nell'idea di nazione, nonché la voce Annessione dell'Enciclopedia giuridica italiana, I, Milano 1892, pp. 2055-2143. Inoltre riprese in numerosi studi l'esame delle forme e dei limiti che trovava in Italia l'applicazione del principio locus regit actum.
Curò anche le tre Rassegne annuali di diritto internazionale per il 1888, 1889 e 1890, pubblicate nel 1890, 1891 e 1892, nei primi tre volumi dell'Annuario di dottrina, di legislazione e di giurisprudenza (ora, parzialmente in Scritti, II, pp. 101-266), rassegne corredate da ricche note bibliografiche in merito all'ordine pubblico, alle persone giuridiche e al regime patrimoniale tra coniugi. Si interessò anche del problema del "diritto risultante dalla cooperazione giuridica internazionale", vale a dire dei limiti e dei "complementi nell'esercizio della sovranità interna, dedotti dal principio della comunità giuridica internazionale" (cfr. Scritti, II, pp. 469-492). Si occupò, poi, di problemi di diritto civile, affrontando, in particolare, la materia dei rapporti di lavoro: nel 1887 pubblicò a Roma Gli infortuni sul lavoro e il diritto civile, in cui sottolineava l'obbligo giuridico dell'indennità anche in assenza di una "specifica responsabilità" del datore di lavoro.
Iscritto alla massoneria, nel 1892 il F. fu eletto per la prima volta alla Camera dei deputati nel collegio di Feltre e si schierò con la Destra moderata. Membro di diverse commissioni e segretario del regolamento della Camera, si impegnò soprattutto su temi di politica internazionale. Nel maggio 1899 fu nominato sottosegretario al ministero degli Affari esteri nel secondo governo Pelloux (ministro era E. Visconti Venosta) e conservò l'incarico anche nel successivo governo Saracco (giugno 1900-febbraio 1901). Si occupò in particolare di questioni relative alla politica coloniale italiana, come la concessione a Tientsin e i problemi finanziari e territoriali nei possedimenti italiani in Africa.
L'attività politica non allontanò del tutto il F. dai suoi studi. Tra la fine del secolo e i primi anni del Novecento pubblicò alcuni pareri, note a sentenza e brevi saggi sia su argomenti già trattati in precedenza, sia su questioni di politica estera, come il parere redatto nel giugno 1896 su richiesta del ministero degli Affari esteri Sullo stato di guerra fra l'Abissinia e l'Italia e sul diritto dell'Italia di catturare una nave olandese (Doelwijk) carica di contrabbando di guerra e diretta a un porto neutrale (ora in Scritti, II, pp. 551-566).
Nel novembre 1903 fu di nuovo nominato sottosegretario agli Esteri nel secondo governo Giolitti (ministro era T. Tittoni) e conservò l'incarico anche nel successivo governo Fortis (marzo-dicembre 1905). In tale veste condivise gli indirizzi principali della politica estera giolittiana che reclamavano per l'Italia, nel pieno rispetto degli impegni della Triplice, una maggiore libertà di azione e nuove iniziative autonome per farle acquistare, in maniera graduale, un più significativo ruolo internazionale.
L'interesse scientifico del F. si indirizzò in questi anni soprattutto al tema dell'arbitrato internazionale che egli giudicava strumento determinante per la soluzione di controversie tra Stati - uno strumento essenziale, in particolare, per evitare le guerre - e di cui sosteneva, di conseguenza, l'obbligatorietà almeno per alcune categorie di conflitti.
È del 1906 il lavoro Gli ultimi progressi dell'arbitrato internazionale. Brevi note, a proposito di due recenti convenzioni generali d'arbitrato concluse dall'Italia, in Rivista di diritto internazionale, I (ora in Scritti, II, pp. 623-630), composto per illustrare le convenzioni di arbitrato sottoscritte, per iniziativa dello stesso F., dall'Italia con il Perù e con la Danimarca rispettivamente il 18 aprile e il 16 dic. 1905.
Partecipò, inoltre, a numerose conferenze internazionali sul tema - come quelle dell'Aja, dove rappresentò l'Italia (1907), e di Londra per la codificazione del diritto marittimo di guerra (1908-09) - e fece parte di collegi arbitrali internazionali - tra i quali si possono ricordare quello che nel 1908-09 risolse la questione tra la Francia e la Germania per i fatti di Casablanca, quello che nel 1912 trattò la vertenza tra l'Italia e il Perù per la questione del Canevaro e l'altro che nel 1913 giudicò la controversia tra l'Italia e la Francia per gli incidenti delle navi "Manouba", "Carthage" e "Tavignano" -dando sempre prova di grande raffinatezza interpretativa e di notevole equilibrio politico.
Per un breve periodo, dal 29 maggio al 1° ag. 1906, fu ministro della Pubblica Istruzione nel terzo governo Giolitti.
Dopo aver declinato l'offerta di trasferirsi presso l'università di Roma, nel marzo 1907 rinunciò alla cattedra di Torino - dove gli venne conferito nel 1908 il titolo di professore emerito - perché chiamato al Consiglio di Stato.
Continuò, comunque, a dedicarsi allo studio del diritto internazionale: così nel 1911 nell'Enciclopedia giuridica italiana, Milano, IV, pp. 616-642, pubblicò la voce Delibazione (Giudizio di), nella quale tornò sull'applicabilità delle sentenze straniere in Italia, e riprese il tema dell'arbitrato con la Relazione al Consiglio del contenzioso diplomatico sul diritto dell'Italia di esigere il giudizio arbitrale in alcune sentenze col Venezuela, apparsa nel novembre dello stesso anno (ora in Scritti, II, pp. 647-660). Continuò inoltre ad occuparsi di questioni di diritto coloniale; fondatore nel 1908 dell'Istituto coloniale, nel 1910 ne divenne presidente e nel 1912 promosse, all'interno dell'Istituto stesso, la nascita di uno "speciale comitato per Tripoli" allo scopo di coordinare gli interessi economici italiani in Libia. Nel 1912 pubblicò nella Rivista di diritto internazionale, VI (ora in Scritti, II, pp. 661-670) il saggio Le capitolazioni e la guerra, e il parere Sulla questione sorta fra l'Italia e l'Inghilterra relativamente alla linea di confine fra i possedimenti dei due paesi nell'Africa orientale in seguito allo spostamento della foce del Giuba (ora in Scritti, II, pp. 639-646).
Deciso sostenitore dell'impresa libica, nella quale vedeva l'occasione per l'Italia di affiancarsi alle maggiori potenze europee e svolgere una funzione primaria nella conservazione degli equilibri internazionali, venne incaricato da Giolitti, insieme con P. Bertolini e G. Volpi, di condurre le trattative di pace con l'Impero turco. Nel corso dei negoziati il F. dette prova della sua linea politica moderata, aliena da eccessi di nazionalismo, al punto che si mostrò disponibile verso non poche richieste avanzate dal governo turco. Tra i firmatari del trattato di Losanna del 18 ott. 1912, fu oggetto, insieme con gli altri plenipotenziari, di aspre critiche da parte della stampa nazionalista per le concessioni accordate (Malgeri).
Nel 1913 formulò su richiesta del ministro degli Esteri il parere Sul diritto dell'Italia di non restituire alla Turchia le isole dell'Egeo (ora in Scritti, II, pp. 685-690) e nell'agosto dello stesso anno ricevette la laurea honoris causa dall'università di Oxford. Il suo ultimo lavoro fu il parere pubblicato nella Rivista di diritto internazionale, VIII (1914; ora in Scritti, II, pp. 697 ss.) su La personalità giuridica dell'Istituto internazionale di agricoltura, nel quale ricordava che la convenzione internazionale da cui era nato l'Istituto aveva riconosciuto a questo personalità giuridica internazionale.
Il F. morì suicida il 22 sett. 1914 a Schio. È probabile che la decisione di togliersi la vita fosse maturata in lui, dopo lo scoppio della guerra, per l'angoscia di vedere l'Italia venir meno al "debito d'onore" nei confronti della Triplice (Salvemini) e allo stesso tempo per la consapevolezza dell'impreparazione bellica del Paese che costituiva comunque un insormontabile impedimento al suo intervento immediato nel conflitto (in proposito appaiono significative le sue lettere a Giolitti del 19 e 20 ag. 1914).
Il F., figlio di due noti intellettuali, si dilettò anche di studi letterari. Nel 1920, a cura della sorella Teresita, fu pubblicato postumo a Torino il volume Le idealità della vita, dove erano raccolti i testi di alcune sue conferenze, tra cui una lettura del canto XI del Purgatorio e uno studio su s. Francesco d'Assisi, insieme con il lavoro Un cantastorie chioggiotto sugli usi e i costumi, ormai desueti, della città veneta e una raccolta di poesie rimaste fino ad allora inedite.
Aveva fondato con F. Schupfer la Rivista critica di scienze giuridiche e sociali (dal 1886 Rivista italiana per le scienze giuridiche). Membro dell'Istituto di diritto internazionale, vicepresidente del Consiglio del contenzioso diplomatico, presidente del Consiglio superiore della Istruzione pubblica, fu insignito di numerose onorificenze, tra cui, nel 1886, la medaglia d'argento al valore della Marina assegnatagli per aver salvato la vita a una donna che stava affogando nelle acque di Civitavecchia.
Fonti e Bibl.: Necr. in L'Illustraz. italiana, 27 sett. 1914, p. 279; Riv. italiana per le scienze giuridiche, LIV (1914), pp. I-XIV; Nuova Antologia, 1° genn. 1915, pp. 80-93; Roma, Archivio centr. dello Stato, Ministero della Pubbl. Istruzione, Direz. generale istruz. superiore, b. 64, fasc. personale; G. Carocci, Giolitti e l'età giolittiana, Torino 1961, p. 107; Dalle carte di Giovanni Giolitti. Quarant'anni di politica italiana, Milano 1962, I, a cura di P. D'Angiolini, p. 366; II, a cura di G. Carocci, pp. 121, 404, 420, 436; III, a cura di C. Pavone, pp. 35, 103-105, 107; L. Albertini, Epistolario. 1911-1926, I, Dalla guerra di Libia alla Grande Guerra, a cura di O. Bariè, Milano 1968, ad Ind.; F. Malgeri, La guerra libica, 1911-1912, Roma 1970, ad Ind.; G. Salvemini, La politica estera italiana dal 1871 al 1915, a cura di A. Torre, Milano 1970, p. 477; R.A. Webster, L'imperialismo industriale italiano. Studio sul prefascismo 1908-1915, Torino 1974, p. 443; A.A. Mola, Storia della massoneria italiana dall'Unità alla Repubblica, Milano 1977, pp. 287, 294; H. Ullrich, La classe politica italiana nella crisi di partecipazione dell'Italia giolittiana. 1909-1913, Roma 1979, ad Ind.; A.A. Mola, L'imperialismo italiano. La politica estera dall'Unità al fascismo, Roma 1980, p. 136; F. Gaeta, La crisi di fine secolo e l'età giolittiana, in Storia d'Italia, XXI, Torino 1982, pp. 247, 411; R.J.B. Bosworth, La politica estera dell'Italia giolittiana, Roma 1985, ad Indicem.