FILANGIERI, Guido
Nacque attorno alla metà del sec. XIII dalla nobildonna Ricca Ruffo, del ramo siciliano della famiglia dei conti di Catanzaro, e da un Riccardo (di difficile identificazione dati i molti omonimi contemporanei) dell'antica casata dei filiiAngerii, che faceva risalire il proprio albero genealogico fino al normanno Angerio.
Il F. era probabilmente troppo giovane per essere coinvolto in prima persona nella sconfitta della parte sveva e non fu quindi costretto ad abbandonare la Sicilia; riuscì, al contrario, a consolidare il proprio patrimonio rinnovando l'alleanza già stretta da suo padre Riccardo con la famiglia Ruffo. Sposò infatti la cugina Ricca, unica figlia di Ruggero Ruffo, che alla morte gli trasmise i feudi di San Marco, Mirto e Mazzacalar. Il ramo dei Filangieri conti di San Marco, che ebbe inizio con il F. e Ricca Ruffo, si estinguerà solo nel XIX secolo.
Il F. visse il proprio momento di gloria durante il grande rebellamentu contro i Francesi del 30 marzo 1282. Sembra infatti essere stato responsabile della sollevazione delle città di Polizzi, Corleone e Salemi - così, almeno, dice un'antica tradizione (Flandina, p. 7) - piazzeforti strategicamente essenziali per il controllo della Sicilia occidentale e delle vie d'accesso a Palermo, e quindi necessarie a garantire almeno il successo iniziale dell'insurrezione.
Dopo il Vespro il F. fu tra i nobili ribelli che stipularono il patto con Pietro d'Aragona; il suo nome, tuttavia, figura soltanto dopo quelli dei quattro capi riconosciuti (Alaimo da Lentini, Giovanni da Procida, Palmieri Abate e Gualtieri da Caltagirone), confuso tra molti altri. La partecipazione attiva alla rivolta e al trattato con il sovrano aragonese. per quanto non di primissimo piano, valse comunque al F. il titolo di barone, assegnatogli da Pietro d'Aragona nell'ambito della grande riorganizzazione della nobiltà di Sicilia precedente la sua partenza, il 1º giugno 1283, per la "singolar tenzone" con Carlo d'Angiò (Mugnos, p. 140).
Per quasi un ventennio non sappiamo altro del Filangieri. Nel 1299 fu tra i combattenti di parte aragonese nella battaglia navale di Capo d'Orlando e dopo la disfatta finì insieme con molti altri - tra cui suo fratello Abbo - nelle mani degli Angioini. L'anno successivo - evidentemente dopo essere stato liberato, forse in seguito ad uno scambio di prigionieri o dopo aver pagato un riscatto - figura tra i congiurati che tramarono maldestramente contro la vita del re di Sicilia Federico III. Non sono noti i motivi di questa congiura; resta infatti tutta da provare l'ipotesi, avanzata dal Fazello (p. 516), che i congiurati fossero stati corrotti dall'oro angioino, anche se proprio il recente ritorno del F. dalla prigionia potrebbe in qualche misura avvalorarla. Il ruolo del F. nella congiura non fu comunque decisivo. Il suo nome venne infatti omesso nel rapporto sui fatti di Sicilia che C. Spinola inviò a Giacomo II d'Aragona il 7 luglio 1301 (pubbl. in Acta Aragonensia, a cura di H. Finke, I, Berlin-Leipzig 1908, p. 99), e Federico stesso, al momento di punire i colpevoli, condannò a morte il solo Pietro da Caltagirone come principale responsabile, mentre "ceteros vero exilium tantuin mulctavit" (Fazello, p. 516, che riprende la narrazione di N. Speciale).
Con la partecipazione alla fallita congiura e il conseguente esilio il F. esce dalla storia. Tutte le notizie relative agli anni successivi si riferiscono infatti - secondo ogni verosimiglianza - ad un suo omonimo nipote, figlio del fratello Abbo, e non a lui come si è generalmente inteso. Troviamo infatti un Guido Filangieri pretore di Palermo per tre volte (1306-1307, 1324 e 1328).
Allo stesso Guido di Abbo si riferiscono altri documenti posteriori, in particolare il privilegio del 16 dic. 1325 col quale Federico III concedeva "Guidoni de Filingerio militi suisque heredibus" una rendita di 26 once e 12 tarì sul Demanio della città di Palermo (I capibrevi, p. 324)e la memoria del matrimonio nel 1335 di questo stesso Guido con la domina Cisaria de Cassaro, che gli portò una ricca dote in beni mobili e immobili (Arch. di Stato di Palermo, Spez. 72N bis, 1335, febbr. 11). È davvero improbabile che l'anziano F., torturato ed esiliato nel 1301,avesse potuto conoscere un secondo periodo di fortunata attività politica e vivere abbastanza per risposarsi nel 1335.
Fonti e Bibl.: Palermo, Bibl. comunale, ms. Oq. E. 29, ad annum 1282 (copia del 1667dell'Annuale delle cose occorse nella città di Palermo e delli officiali che sono stati, e persone nominate, cavato dalli libri del Senato del tempo, 1257-1405); N. Speciale, Rerum Sicularum libri VIII, in J. G. Graeve-P. Burinan, Thesaurus antiquitatum et historiarum Siciliae, V,Lugduni Bat. 1723, coll. 101 s.; I capibrevi di G. L. Barberi, III, I feudi del Val di Mazzara, a cura di G. Silvestri, Palermo 1888, p. 324(per Guido iunior); T. Fazello, De rebus Siculis decades duae, Panormi 1558, p. 516;G. Zurita, Anales de la Corona de Aragon, Saragoza 1610, I, p; 399; F. Baronio, De maiestate Panormitana, Panormi 1630, lib. III, cap. XI (senza numerazione della pagina; nei Filangieri); F. Mugnos, I raguagli historici del Vespro siciliano, Palermo 1645, pp. 80 ss., 140, 163; F.M. Emanuele e Gaetani di Villabianca, Sicilia nobile, Palermo 1759, pp. 36, 39(per Guido iunior); F. Mugnos, Histoire généalogique de la maison Ruffo, a cura di G. de Montgrand, Marseille 1880, pp. 62 s.; C.De Lellis, Casa Filangieri, a cura di B. Candida Gonzaga, Napoli 1887, pp. 70 ss.; A.Flandina, Intr. a Il codice Filangeri e il codice Speciale..., a cura di A. Flandina, Palermo 1891, p. 7;E. Sicardi, Introd. a Due cronache del Vespro in volgare siciliano del sec. XIII, in Rer. Ital. Script., XXXIV, 1, p. XXXVII n. 1; M. Amari, La guerra del Vespro siciliano, a cura di F. Giunta, I, Palermo 1969,p. 594; M.-M. Costa, Un atemptat frustrat contra Frederic III de Sicilia, in La società mediterranea all'epoca del Vespro. XI Congresso di storia della Corona d'Aragona, Palermo 1983, II, p. 447.