FARINA, Guido
Nacque a Verona il 22 dic. 1896, quarto dei sei figli di Giuseppe e Maria Manfrin. La sua famiglia si trasferì, al seguito del padre commerciante, a Trento, prima, e, successivamente, a Linz e a Cracovia. I giovani Farina in questi spostamenti ricevettero un'educazione scolastica elementare in lingua tedesca (Reynolds-Thorpe, 1967). Nel 1909, tornato a Verona con la famiglia per stabilirvisi in modo pressoché definitivo, il F. manifestò con molta precocità la propria propensione alla pittura. Il padre lo sistemò come apprendista presso un certo Barbesi, restauratore e decoratore con cui il giovane F. strinse un duraturo legame affettivo.
Si dedicò così in varie occasioni al restauro di dipinti murali nelle chiese cittadine, attività che lo mise in rapporto diretto con opere d'arte del passato (Silvestri, 1959). In questo stesso periodo, alla vigilia del primo conflitto mondiale, approfondì l'amicizia con il coetaneo Pino Casarini, decoratore e scenografo, già suo compagno d'infanzia (Casarini, 1959). Alla stessa epoca, inoltre, risale l'iscrizione e la frequenza dei corsi dell'Accademia Cignaroli, dove entrò in contatto col paesaggista Orazio Pigato. Partecipò come volontario alla prima guerra mondiale. La mostra di opere prodotte dai reduci (Esposizione d'arte pro assistenza civica), organizzata nel Museo civico di Verona nell'autunno del 1918 (Reynolds-Thorpe, 1967), offrì al F. la prima occasione d'esporre, nonché la possibilità di conoscere Felice Casorati, che acquistò pure un suo dipinto. Oltre a quest'ultimo, in un breve periodo di tempo il F. cominciò a frequentare, ottenendone la stima, anche altri artisti di rilievo come Gino Rossi, Arturo Martini e Pio Semeghini (A. Marini, in G. F., 1969). Per essi il caffè Dante divenne un luogo d'incontro e di discussione che servì a mettere il F. al corrente delle novità dell'arte europea ed a raffinarne la formazione (Reynolds-Thorpe, 1967). Già da anni, del resto, il F. raccoglieva cartoline illustrate riproducenti opere soprattutto di Cézanne, Degas, Matisse, Picasso e Derain (Casarini, 1959). Nel 1919 conobbe Olga Grigolli, con cui si sposò sette anni dopo.
I dipinti del F. ebbero una crescente fortuna di mercato e, a partire dalla seconda metà degli anni Venti, raggiunsero quotazioni considerevoli. Dalle 67 opere vendute fra il 1918 ed il 1926 si giunse alle 143 del periodo 1926-1934 (Reynolds-Thorpe, 1967). Lo stesso re Vittorio Emanuele III, che acquistò per la sua collezione quattro dipinti, contribuì a tale fenomeno.
Al successo di mercato si aggiunse il crescente favore della critica. Con i citati Rossi, Martini, Casorati e Semeghini, partecipò alla cosiddetta scissione di Ca' Pesaro (1923), in polemica con l'arretratezza delle esposizioni veneziane. Nel 1923 fu invitato alla Quadriennale di Torino, e l'anno successivo fu presente alla Biennale di Venezia, dove le sue opere furono riproposte ininterrottamente fino al 1948. Partecipò alle due mostre del Novecento italiano (1926 e 1929), pur non adeguandosi strettamente alle caratteristiche di stile ed alla poetica tipiche di quel movimento.
Tra il 1925 e il 1929, in occasione della creazione del Museo di Castelvecchio e del restauro dell'edificio, il F. affrescò le sale XXXII e LIII; sempre a Verona, tra il 1929 e il 1930, decorò inoltre alcuni ambienti del palazzo del Podestà.
Negli anni fra il 1926 ed il 1939 il F. venne invitato ad esporre in quasi centocinquanta mostre in Italia ed all'estero (Reynolds-Thorpe, 1967). In questo periodo compì numerosi viaggi in Europa: significative furono le sue visite in Inghilterra, ove dipinse paesaggi che furono apprezzati, al punto che nel 1963 venne organizzata in quel paese una sua mostra itinerante. La Francia, più spesso frequentata, fu la meta di maggiore interesse, sia come incomparabile fonte documentaria sulle tendenze dell'arte europea dagli impressionisti ai fauves, sia come soggetto da ritrarre nei suoi aspetti eterogenei (Orti di Parigi, 1938, Verona, coll. O. Farina; Pescatori sulla Marna, cfr. Reynolds-Thorpe, 1967, figg. 14, 29). La fine della seconda guerra mondiale significò la definitiva consacrazione critica del F., il quale fu investito di ruoli istituzionali diversi (fu membro dell'Accademia Cignaroli e di alcuni comitati di ricostruzione).
Morì a Padova il 30 dic. 1957.
Mostre postume di rilievo vennero tenute a Verona (1957 e 1969), Venezia (gall. La Masa, 1961) e a Trento (1967).
Il F. rimase ancorato ad uno stile e ad una poetica sostanzialmente invariati, prediligendo soprattutto paesaggi e nature morte. Uno dei suoi primi dipinti, Ilcirco di Villafranca, del 1912 (Venezia, coll. O. Farina; ReynoldsThorpe, 1967, fig. 6) prelude alla vivacità di tinte della produzione matura. Le opere giovanili, come l'Altopiano di Piné (1938 c.; Venezia, coll. Perocco; ibid., fig. 4) e Le cave di ghiaia (ibid., pp. 61 s.), rivelano una scelta cromatica priva di festosità, i colori sono scuri e i contorni decisi. Dalla metà degli anni Venti la sua tavolozza cominciò a schiarirsi, accennando talvolta tendenze sperimentali, particolarmente frequenti nel corso del decennio successivo. A questo secondo periodo risalgono molte vedute del lung'Adige e del lago di Garda, che gli valsero l'appellativo di "pittore della luce" (Silvestri, 1959).
Fonti e Bibl.: P. Rubele, Le opere di pittura alla XXXIX Mostra d'arte, in Corriere della sera, 13 maggio 1925; G. Moschetti, I pittori veronesi alla IV Esp. d'arte delle tre Venezie, in Corriere del mattino, 2 luglio 1926; S. Baganzani, Un artista sincero - G. F., in Il Garda, V (1930), pp. 39-41; A. E. Kessler, La XIX Biennale a Venezia e gli artisti veronesi, in L'Arena, 27 maggio 1934; U. Ojetti, G. F. alla Quadriennale romana, in Corriere della sera, 3 febbr. 1935; J. Z. Simeonì Zanollo, Ricordi dì G. F., in Vita veronese, XI (1958), pp. 35 ss.; G. Silvestri, in G. F.: pittore della luce (catal.), Verona 1959, pp. 7-18; P. Casarim, ibid., pp. 24-26; G. Perocco, G. F. 1896-1957, Bergamo 1965; B. Reynolds-L. Thorpe, G. F., Verona 1967 (con bibliografia ed elenco mostre); G. F. (catal.), Verona 1969; A. Masson, Monet et le fondateur de l'hommage à Monet (catal.), Paris 1980, pp. 26 s.; A. Serra, in La pittura a Verona dal Primo Ottocento a metà Novecento, II, Verona 1986, ad Indicem; L. Lorenzoni, in La pittura in Italia. Il Novecento/1, II, Milano 1992, pp. 878 s. (con bibl.); G. F. (catal.), a cura di F. Butturini-G. Cortenova, Milano 1992.