CARPEGNA (Carpigna), Guido di
Il C. è noto soprattutto per essere stato ricordato da Dante (Purg., XIV, 98) tra i valorosi e cortesi nobili della Romagna di mezzo secolo prima, che egli elenca per contrapporre le vecchie tradizioni cavalleresche alla corruzione presente nei nobili locali.
Apparteneva a una famiglia che faceva risalire le proprie origini a un certo Armileone Carpineo, compagno di Odoacre, e che nel 962 sarebbe stato infeudato di terre e castelli nel Montefeltro e nel contado di Rimini dall'imperatore Ottone I. Dopo il 1140, la famiglia si sarebbe divisa in tre rami: il C. apparterrebbe al primo; il secondo si sarebbe estinto e il terzo avrebbe dato origine ai Montefeltro, da cui discesero i conti e i duchi di Urbino. A causa di questi complessi rapporti di parentela, non sempre documentabili, ma forse anche con l'intento di trovare illustri antenati, il C. è stato confuso dal Guerrieri con Guido il Vecchio da Montefeltro.
Figlio del conte Rinieri, il C. aveva raggiunto la maggiore età nel 1232, quando giurò cittadinanza al Comune di Rimini e ratificò assieme al padre e al fratello l'atto con il quale lo zio Ugo sottometteva le terre della famiglia Carpegna a quel Comune. Successivamente nel 1249i Carpegna, e verosimilmente anche il C., passavano sotto la protezione della Chiesa, abbandonando il partito filoimperiale, con uno di quei mutamenti politici che si possono definire tipici nella storia delle grandi famiglie romagnole. Questo passaggio al partito pontificio spiega anche la diversa valutazione che è stata data del C., qualificato da alcuni come ghibellino, da altri come guelfo.
Negli anni successivi esistono testimonianze di una presenza del C. a Ravenna, che lasciano supporre l'esistenza di qualche legame dei Carpegna con la potente Chiesa ravennate, e ci riconducono in qualche modo alla contea di Bertinoro, possesso di quella Chiesa. Infatti i commentatori danteschi, come Benvenuto da Imola, conoscono il C. come appartenente all'ambiente cavalleresco di quella contea romagnola. Nell'anno 1251il C., in qualità di podestà del castello di San Pietro in Vincoli di Ravenna - che era presidio di fuorusciti guelfi -, presenziò a un consiglio nel quale l'arcivescovo di Ravenna, Filippo Fontana, legato in Romagna e in Lombardia, ammonì i chierici e i laici partigiani di Corradino di Svevia a giurare obbedienza alla Chiesa e pubblicò le lettere del pontefice contro i ghibellini di Romagna. L'anno successivo, a Perugia, fu testimone di un atto nel quale Ugolino, vescovo di Urbino, e i ghibellini feretrani da una parte, e Taddeo da Montefeltro per i guelfi, e i rappresentanti del Comune di Rimini dall'altra si rimettevano all'arbitrato dell'arcivescovo di Ravenna. Infine, molti anni più tardi, nel 1270, l'arcivescovo di Ravenna incaricò il vicario della Chiesa feretrana di consegnare al C. il castello di San Marino.
In verità le poche notizie biografiche che restano non danno molta luce al personaggio, la cui figura si perde nei complessi giochi politici e nelle effimere alleanze delle grandi consorterie romagnole ed appenniniche del sec. XIII e nei loro costanti tentativi di inurbarsi e di contrastare le autonomie comunali nella conquista del contado cittadino. Nel 1256 il C., assieme ai figli Ranieri e Contuccio e al fratello Ugo, si alleò con il Comune di Città di Castello e promise di mettere a disposizione della città cavalieri e fanti contro gli uomini della Massa Trabaria e di alleviare pedaggi ed altre imposizioni. Da parte loro i cittadini tifernati si impegnavano a difendere i Carpegna da tutti i loro nemici, ma si riservarono la facoltà di non prendere le armi contro Firenze, Perugia, Rimini ed Urbino, né contro i signori di Montefeltro, Taddeo Montefeltrino e Cavalcaconte, in rispetto di antiche alleanze. Nel 1269 il C. cedette alle comunità di Pennabilli e di Santa Agata Feltria i diritti di giuspatronato e alcune terre.
Si ritiene che il C. sia morto prima del 1289, poiché in quell'anno "Guido del fu conte Guido da Carpegna", a quel che pare suo figlio, cedette agli uomini di Bascio tutti i diritti e le ragioni vantate su persone e cose e sul castello.
In conclusione, la moderna critica, sulle scarse fonti d'archivio e sulle tarde notizie dei commentatori, ha individuato in un protagonista di vicende minori, ignorato dalle cronache maggiori, il personaggio reso famoso dal verso di Dante. Il risultato è in contrasto con la conoscenza che ne aveva il poeta, che lo ricorda tra i romagnoli illustri, in una celebre invettiva ove sono posti a confronto gli uomini delle generazioni passate con quelli delle presenti.
Fonti e Bibl.:M. Fantuzzi, Monumenti ravennati de' secoli di mezzo, Venezia 1802, II, p. 376 n. 102; III, p. 422 n. 24; Benevenutus de Rambaldis de Imola, Comentum super Dantis Aldigheris Comoediam, a cura di J. Ph. Lacaita, III, Florentiae 1887, p. 389; H. Rubei Historiarum Ravennatum libri decem, Venetiis 1590, p. 427; P. A.Guerrieri, Geneal. di casa Carpegna…, Rimini 1667, pp. 5, 8, 10-13, 18 s., 29 ss.; G. C. Tonduzzi, Hist. di Faenza, Faenza 1675, p. 286; G. Muzi, Mem. civili di Città di Castello, I, Città di Castello 1844, pp. 53, 59; L. Tonini, Della storia civile e sacra riminese, Rimini 1856, II, p. 405 n. 1; III, pp. 61 s.; O. Olivieri, Mem. del Montefeltro, a cura di G. Ginepri, Pennabilli 1880, pp. 104, 106, 117; M. Salvadori, Compendio geneal. della famiglia dei conti di Carpegna, Urbino 1880, p. 41; T. Casini, Dante e la Romagna, in Giornale dantesco, I (1894), pp.310 ss.; Id., Il canto XIV del Purgatorio, Firenze 1902, pp. 39 ss.; Id., Toscana e Romagna. Nel secondo cerchio del Purgatorio, in Studi danteschi, Città di Castello 1913, pp. 51-76; F. Torraca, Studi danteschi, Napoli 1912, pp. 150 s.; C. Ricci, Dante e la Romagna, in Cogliendo biada e loglio, Firenze 1924, p. 131; G. Barberi Squarotti, Il canto XIV del Purgatorio, in Lettere classensi, Ravenna 1966, pp. 23-62; P. Litta, Le famiglie celebri ital., sub voce Carpegna, tav. III; Enciclopedia Dantesca, I, s. v.Carpegna, p. 850.