BIANDRATE, Guido di
Figlio di Raineri di Guido il Grande, il B. nacque prima del 1193, dato che in un documento dell'agosto 1218 è qualificato come "maior... annis vigintiquinque". Viene ricordato per la prima volta il 1º sett. 1209 nel diploma con il quale l'imperatore Ottone IV riconfermò ai nipoti di Guido il Grande, cioè al B. e ai fratelli Corrado e Opizzone figli di Raineri, e a Uberto, Goffredo, Gozio e Ottone figli di Uberto, tutti i beni posseduti dalla famiglia sin dai tempi di Guido il Grande; si trattava dei feudi nel Canavese e nel Chierese, passati in precedenza in possesso di Uberto e di Goffredo, e di quelli molto più numerosi nella Valsesia e nella Val d'Ossola, il cui possesso si dividevano il B., i fratelli e i cugini Gozio e Ottone. In più il B. e i fratelli lo stesso giorno ottennero dall'imperatore un secondo privilegio, che confermò loro tutti i diritti imperiali nella città, nel contado e nel vescovato di Ivrea, la Villa Erasci, già di proprietà di S. Benigno di Fruttuaria, e 40 marchi d'argento da prelevarsi annualmente sul pedaggio della città di Torino, concessione fatta a suo tempo da Enrico VI a loro padre.
Ma, nonostante la conferma imperiale, i possedimenti dei conti di Biandrate andavano sempre più diminuendo a causa della crescente espansione dei Comuni vicini (e in particolare di Novara e di Vercelli), favorita anche dall'indebolimento dell'autorità imperiale in Italia dopo la scomunica di Ottone IV nel 1210. Mentre i cugini Uberto e Goffredo nell'estate del 1210 furono costretti a venire a patti con Chieri, il B. e il fratello Corrado l'11 ag. 1211 conclusero un accordo con i cugini Ottone e Gozio, impegnandosi mutualmente a non alienare i loro castelli (Mongrando, Biandrate, Breceme, Vanzone, Pollago, Rocca, Briga, Invorio, Megolo e Megoletto), senza il consenso di tutti. L'accordo però, che avrebbe dovuto garantire l'integrità dei loro domini, non resistette alle prime scosse: Novara nell'aprile del 1217 intimò al B., al fratello Corrado e al cugino Gozio, sotto pena di cinquanta marchi, di presentarsi in città per assicurare la difesa del Comune, secondo i patti conclusi nel 1202 dal padre Raineri e dai cugini Uberto, Goffredo, Gozio e Ottone. La risposta dei conti fu decisa: pur dichiarandosi disposti ad osservare le clausole dell'accordo del 1202, negarono al Comune ogni diritto di bando nei loro confronti e si appellarono al papa e all'imperatore. Non si conoscono le fasi del conflitto che ne scaturì. Certo è che, mentre Gozio, Ottone, Corrado e Opizzone cercarono l'appoggio di Vercelli, accettando il 28 ott. 1217 la sovranità del Comune sui loro castelli di Robiallo e di Montrigone e cedendo il diritto di esigere il fodro dai loro uomini della Valsesia che avrebbero anche dovuto giurare la cittadinanza vercellese, il B. venne a patti con Novara. Il 19 ag. 1218 vendette al Comune, in evidente violazione dell'accordo del 1211, tutti i suoi diritti e possedimenti nella Val d'Ossola, compresi i castelli di Megolo, Megoletto e Invorio Inferiore, riservandosi solo la giurisdizione e il fodro, e riconfermò l'obbligo di soccorrere il Comune in caso di guerra. Una clausola speciale riguardava il castello di Briga che il B., in caso di guerra, si impegnava di consegnare ai Novaresi, perché fosse usato come base militare.
Ristabilita la pace nell'Impero con il riconoscimento di Federico II di Svevia, i conti di Biandrate si affrettarono a mettersi sotto la sua protezione. Seguendo l'esempio del cugino Goffredo, il B. si recò nel 1220 alla corte del re in Hagenau, dove ottenne il 20 maggio un diploma con la conferma del possesso di Ivrea e della Villa Erasci per sé e per i suoi eredi legittimi. Forte dell'appoggio del re che nello stesso 1220 era disceso in Italia, il B. decise di rompere la sua alleanza con Novara e, come i fratelli e cugini, nel maggio del 1222 passò dalla parte di Vercelli, giurò la cittadinanza vercellese e si impegnò di pagare il fodro al Comune e di consegnare il castello di Briga al fratello Corrado "ad guerram faciendam Comuni Novarie". In cambio i Vercellesi gli promisero di non fare pace con Ivrea, finché il B. non ne avesse conseguito il possesso. Tuttavia la breve guerra tra Novara e Vercelli, che seguì a questo passo, non portò certamente ai risultati desiderati dal Biandrate. Già nell'ottobre del 1222 i Milanesi tentarono una pacificazione che fallì per sua opposizione. Le trattative furono riprese nella primavera seguente, dopo che le operazioni militari non avevano, a quanto pare, conseguito risultati definitivi. Nel maggio anche il B. finì col cedere e il 30 diede licenza al podestà di Vercelli di accettare l'arbitrato del podestà di Milano, a condizione che fossero rispettati gli accordi dell'anno precedente tra lui e il Comune vercellese. Il 25 nov. 1223 finalmente fu conclusa la pace: Novara revocò ogni sanzione nei confronti dei conti, tenendo fermo però agli antichi accordi. Ai conti fu permesso di conservare la cittadinanza di Vercelli, ma il Comune si doveva impegnare a non aiutarli in nessun caso contro Novara. I rapporti del B. con Vercelli rimasero anche in seguito abbastanza amichevoli. Il Comune lo investì infatti, il 12 luglio 1224, dei castelli di Montrigone e di Robiallo, tenuti in precedenza dal fratello Corrado deceduto poco prima.
Tuttavia, quando esplose il grande conflitto tra l'imperatore Federico II e i Comuni della lega lombarda, il B., a differenza degli altri membri della sua famiglia, non vi aderì, benché sollecitato dai Vercellesi. Quest'atteggiamento filoimperiale gli fruttò, il 1º dic. 1227, un privilegio con cui l'imperatore lo autorizzò a ricostruire il castello di Biandrate, distrutto già ai tempi di Guido il Grande. Dopo la battaglia di Cortenuova del 1237, il B. compare al seguito dell'imperatore vittorioso: nel febbraio 1238 sottoscrisse a Torino un privilegio imperiale all'abbazia di Fruttuaria e nel marzo dello stesso anno un altro privilegio in favore dell'abbazia di St.-Oyen. Nel maggio seguente fu a Pavia, dove Federico II gli confermò tutti i diritti e i possessi della sua famiglia.
Gli scacchi subiti dall'imperatore negli anni seguenti si ripercossero subito anche sulla posizione del Biandrate. Nel settembre del 1242 fu costretto a investire il Comune di Biandrate a titolo feudale di tutti i diritti da lui posseduti nel territorio e nel maggio dell'anno successivo, indotto dal cardinal legato Gregorio di Montelongo, aderì alla lega antiimperiale, ottenendo in cambio la protezione papale per i suoi interessi.
Intanto anche all'interno della propria famiglia erano esplosi violenti contrasti, con tutta probabilità per motivi di interesse, che determinarono il definitivo tracollo dell'antica potenza dei Biandrate. Il 24 apr. 1247 si venne, con la mediazione del Comune di Vercelli, ad una pacificazione tra i due gruppi. familiari, cioè tra il B. e il nipote Uberto figlio di Ottone da un lato, e Ruffino, Guglielmo, Goffredo e Ottone, figli di Gozio dall'altro, ma non pare che la raggiunta concordia durasse a lungo. Il vero beneficiario di questi contrasti fu, naturalmente, il Comune di Vercelli. Il 14 luglio 1247 il B., agendo a nome dei figli Guglielmo e Guideto, e i quattro figli di Gozio (Uberto, assediato dai Novaresi nel castello di Robiallo, l'8 luglio 1247 era stato costretto a cedere al Comune novarese Robiallo e le parti a lui spettanti dei castelli di Vanzone, Rocca e Agnona) cedettero a Vercelli i loro diritti sui castelli di Montrigone e di Robiallo e la giurisdizione in tutta la Valsesia.
Il B. dev'essere morto non molto tempo dopo questi avvenimenti, in ogni caso prima dell'8 febbr. 1256, quando Guglielmo e Guideto di Biandrate, detti ormai "quondam comitis Guidonis", conclusero un accordo con Ottone, figlio di Gozio.
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