GUIDO da Vallecchia (Guido da Corvaia)
Membro dell'importante casata signorile che prendeva nome dal castello versiliese di Vallecchia; figlio di Ugolino Sannuto di Guido, attestato tra il 1218 e il 1245 e defunto prima del 1253, e di Rimborgia, morta il 1° ag. 1272, G. nacque intorno alla metà degli anni Trenta del secolo XIII.
I da Vallecchia e i loro consorti da Corvaia nel XII secolo si erano trovati al centro delle lotte tra i Comuni di Pisa e di Lucca per il controllo della Versilia: allorché Pisa riuscì a consolidare il dominio sulla costa versiliese, le due casate accettarono la preminenza pisana e stipularono accordi con la città nell'ottobre 1173. Molti dei loro membri divennero perciò cittadini pisani (anche se non è possibile localizzare la loro residenza in città) e a Pisa svolsero vari incarichi, mantenendo però nel contempo buoni rapporti con l'ambiente lucchese, per i forti interessi sulle aree controllate da Lucca e per le relazioni di parentela e di consorteria con casate gravitanti su quella città, come i da Bozzano, i da Montemagno e i da Porcari.
I patti con Pisa furono rinnovati nel 1223 e nel 1253 e garantiti negli statuti del Comune del 1287 e del 1302. Particolarmente significativa è la data del 1253, poiché quegli accordi s'inserirono nei contrasti che, dopo la morte di Federico II nel 1250, dilaniarono la Toscana e opposero Pisa a Firenze e a Lucca. Quest'ultima città, preso atto della scelta ghibellina e filopisana compiuta dai nobili versiliesi, nel 1254 pose al bando, tra i traditori, i da Corvaia e i da Vallecchia e rinnovò la sentenza nel 1267, quando la discesa di Carlo d'Angiò e la successiva sconfitta di Manfredi provocarono la ripresa del guelfismo in Toscana.
E proprio negli atti del 1253 e del 1254 incontriamo la prima menzione, per quanto indiretta, di G., poiché in essi, a rappresentare il suo gruppo familiare, era nominato Bonaccorso del fu Ugolino con i fratelli, uno dei quali era appunto Guido. Pochi anni dopo, invece, alla fine del 1258, fu G. l'esponente della famiglia indicato nella concessione di proprietà da parte del Comune di Pisa.
A Pisa si svolse buona parte della vita e della carriera di G., la cui fama è legata all'opera da lui redatta e nota come Libri memoriales, suddivisa in tre libri. Il primo, iniziato a Pisa il 12 marzo 1265, elenca le proprietà e i redditi appartenenti a lui e ai suoi fratelli, cominciando da quelli concessi dal Comune di Pisa e posti in città e nel suo contado e proseguendo con la lista dei vassalli e dei fideles in Versilia e Lunigiana, degli appezzamenti in Versilia con la ripartizione delle prerogative signorili spettanti, tra i diversi membri dei due gruppi parentali, ai nobiles di Corvaia e di Vallecchia. In particolare, G. e il fratello Orlando detto Lando erano titolari di due ventiquattresimi della giurisdizione competente alla loro casata.
Il secondo libro è propriamente il "libro di ricordi" di G., che inizia con l'anno 1270 e termina con il 1290 allorché, dopo aver lasciato Pisa, egli intraprese la vita religiosa ed entrò nella canonica di S. Frediano di Lucca. In esso G. registrò le vicende personali dei suoi parenti e consorti (matrimoni, nascite, morti, incarichi e uffici) e principali eventi politici di cui fu testimone nella città di Pisa, dalla pace tra quel Comune e Carlo I d'Angiò, re di Napoli, nella primavera del 1270 fino alla caduta della signoria del conte Ugolino Della Gherardesca conte di Donoratico e di Ugolino Visconti il 1° luglio 1288.
Il terzo libro, iniziato venerdì 25 genn. 1269, enumera i documenti relativi al patrimonio familiare. A tutto questo seguono, diremmo in appendice, le feste che G. faceva celebrare e le elemosine elargite in tali occasioni, con riferimenti cronologici al periodo 1268-85, la divisione patrimoniale operata tra i da Vallecchia sabato 17 agosto di un anno imprecisato (il giorno si accorda con gli anni 1269, 1275, 1280, 1286) e qualche altra notizia sparsa, prevalentemente di carattere economico, degli anni Ottanta del XIII secolo.
Le notizie su G., che si dice giudice nel 1265, provengono in massima parte dalla sua opera; la professione giuridica, non infrequente all'interno della sua consorteria, consentiva di ricoprire nell'amministrazione comunale importanti incarichi, che rappresentavano un'utile fonte di reddito.
Di G. sono noti tre fratelli e tre sorelle. Bonaccorso, probabilmente il maggiore, rappresentò la famiglia negli accordi con il Comune di Pisa del 4 dic. 1253, e forse già defunto alla fine del 1258, quando il suo ruolo fu assunto proprio da Guido. Niente è noto di Gherardo, salvo che morì il 1° sett. 1271; maggiori sono le informazioni su Orlando, maritato a Fiandina (morta il 31 marzo 1277) e padre di cinque figli (di cui due naturali). Le sorelle erano: Contessa, che sposò il pisano Filippo Grasso, fu madre di Enrico e morì il 1° genn. 1271; Brandolisia, che sposò nel 1270 il nobile pisano Giovanni Laggi e morì il 22 ott. 1276 e, infine, Tommasa, monaca nel monastero cisterciense pisano di S. Bernardo, ricordata nel 1288 dal testamento di Guido.
Particolarmente forte fu il legame di G. con Orlando. Essi contrassero matrimonio lo stesso giorno, il 9 nov. 1267, a Pietrasanta, G. con Preziosa detta Ciocia, Orlando con la già ricordata Fiandina: non conosciamo le famiglie cui appartenevano le due donne, né se esse fossero tra loro parenti, ma, poiché le nozze avvennero in Versilia, potremmo pensare a casate della zona. Anche dopo i rispettivi matrimoni i due fratelli conservarono la comunanza di beni e di abitazione e procedettero alla divisione solo l'11 maggio 1275, dopo di che Orlando andò ad abitare per proprio conto. G. ebbe quattro figli, tre maschi, Bartolomeo detto Bacciameo, Bonaccorso e Lando, nati rispettivamente il 3 nov. 1268, il 31 maggio 1274 e il 23 ott. 1278, e una figlia, Franceschina, nata nel 1285, oltre a un figlio illegittimo nato nel novembre 1278, morto subito dopo. Di Bartolomeo sappiamo che entrò il 7 maggio 1283 nell'Ordine domenicano.
Come mostra lo stesso contenuto dei Libri memoriales, forte era l'interesse di G. per il patrimonio familiare, e infatti già nelle prime pagine del secondo libro è riferita l'attività di G. per la sua tutela. Il 4 giugno 1270 G. lasciò Pisa insieme con gli ambasciatori che il Comune cittadino, dopo la stipulazione della pace con Carlo I d'Angiò, inviò al sovrano a Napoli per trattare, tra le altre cose, anche le questioni relative ai da Corvaia e ai da Vallecchia i quali, rimasti fedeli a Pisa e al ghibellinismo, cercavano ora di ottenere il riconoscimento delle loro giurisdizioni signorili. Tale scopo non fu però raggiunto e anzi, dopo la pace tra Pisa e Lucca del 18 settembre, i possessi versiliesi delle due casate furono attaccati dai Lucchesi e addirittura, alla fine di ottobre, per volere del vicario di Carlo d'Angiò in Toscana, Guido di Monfort, fu nuovamente pronunciata una sentenza contro i da Corvaia e i da Vallecchia. Così il 14 novembre G. lasciò di nuovo Pisa, insieme con gli ambasciatori di Pisa, di Genova e di Venezia, per recarsi presso il re Carlo, che si trovava a Tunisi con l'esercito francese impegnato nella crociata.
Oltre a questa attività diplomatica, G. ci ha lasciato memoria degli uffici di giudice cui lo chiamò il Comune di Pisa, tutti concentrati in un breve volgere di anni: in Corsica nel secondo semestre del 1271, a Piombino nel primo semestre del 1274 e nel primo semestre del 1276, del tribunale cittadino detto curia nuova o dei pupilli nel secondo semestre del 1274 e nel secondo semestre del 1275. Intanto, nel giugno 1275 i guelfi toscani, malgrado l'opposizione di Carlo d'Angiò, intrapresero nuovamente la guerra contro Pisa: G. e alcuni suoi consorti rimasero fedeli al Comune di Pisa (lo stesso fratello di G., Orlando, fu fatto prigioniero dai Lucchesi) mentre altri presero invece le parti di Lucca e fu in questo contesto che uno di essi, Paganello di Gherardo Cavicchia di Paganello da Porcari, fu consacrato vescovo della città.
Dopo la sconfitta pisana e la successiva pace del 13 giugno 1276, la narrazione di G. si concentra sugli eventi familiari e sui fatti storici generali (la successione dei pontificati, la legazione del cardinale Latino Malabranca, i Vespri siciliani): poche sono le notazioni relative agli avvenimenti pisani ma continua è l'attenzione alle vicende lucchesi. Addirittura G. non menziona l'ufficio di giudice del Comune di Campiglia Marittima nel secondo semestre del 1280, tramandatoci da una fonte documentaria. Un ruolo importante assunsero di nuovo gli interessi familiari: G. riferisce accuratamente come il 21 luglio 1281, insieme con il fratello Orlando e i principali rappresentanti della consorteria, si recò a San Miniato a giurare fedeltà al vicario imperiale, il quale a sua volta reinvestì i da Corvaia e i da Vallecchia dei loro diritti.
L'attenzione per gli avvenimenti toscani si fa più forte con la ripresa nel 1282 della guerra tra Pisa e Genova, di cui G. narra le vicende fino alla sconfitta subita dai Pisani alla Meloria il 6 ag. 1284. Questo episodio segnò un profondo rivolgimento nella vita di G., che decise di lasciare la città in cui era vissuto e a cui era rimasto a lungo fedele per trasferirsi dapprima a Carrara e poi intraprendere la vita religiosa a Lucca, ove, come si è visto, era vescovo un suo consorte ed egli aveva molteplici legami di parentela e d'interessi.
La motivazione di tutto questo non può essere cercata semplicemente nella volontà di salvaguardare il patrimonio familiare, minacciato dalla forte lega antipisana, formatasi il 13 ottobre e comprendente tutte le città da sempre rivali di Pisa e pronte ad approfittare di ogni sua debolezza - Genova, Lucca, Firenze -, oltre ai minori centri guelfi della regione: era evidente che i beni versiliesi sarebbero stati velocemente investiti da Genovesi e Lucchesi. Alla base della scelta di G. stavano ragioni più profonde, esistenziali: la stanchezza per le lotte che dilaniavano la città al suo interno e per gli incessanti contrasti che la opponevano all'esterno a quasi tutta la Toscana, un profondo desiderio di pace e la consapevolezza che solo nella scelta religiosa egli avrebbe potuto trovare quella pace negata dalle vicende mondane.
Con la consueta precisione cronologica (frequente è in tutta l'opera l'indicazione anche del giorno della settimana e sovente della ricorrenza secondo il calendario liturgico) G. enumera le tappe di questa seconda parte della sua vita. Il 6 ott. 1284 Preziosa lasciò Pisa per Carrara, seguita da G. il 17, mentre altri membri della famiglia rimasero a Pisa. I due coniugi soggiornarono qualche tempo a Carrara, ove nel 1285 nacque la loro ultima figlia, Franceschina. Nel 1286 G., evidentemente in vista del trasferimento a Lucca, lasciò al fratello Orlando (probabilmente rimasto a Pisa) i redditi delle proprietà comuni che essi avevano in città. Il 2 giugno di quell'anno a Lucca G. e la moglie presero l'abito dei frati minori, senza però entrare in un convento: Preziosa infatti rimase nella sua casa e G. si trasferì, in un momento imprecisato, nel monastero benedettino pulsanese di S. Michele di Guamo presso Lucca: qui, evidentemente insoddisfatto della scelta precedentemente fatta, il 30 maggio 1287 si spogliò dell'abito francescano. Egli soggiornò nel cenobio finché il 25 ottobre il vescovo di Lucca Paganello e il priore claustrale della canonica di S. Frediano di Lucca lo vestirono con l'abito di quei canonici, che vivevano secondo la regola di S. Agostino, e lo condussero in città in quella canonica, ove fu ricevuto come novizio il 30 maggio 1288. Pochi mesi dopo, il 22 febbr. 1289, fece la professione e intraprese il cammino verso il sacerdozio. Nel dicembre il vescovo Paganello gli conferì dapprima, il giorno 11, i quattro ordini minori e subito dopo, il 17, il suddiaconato. Al diaconato fu promosso il 25 febbr. 1290 e infine, il 18 marzo, il presule lo ordinò sacerdote. Con questa notizia si chiude la narrazione dei Libri memoriales.
Di G. ci è pervenuto il testamento, dettato a Lucca il 19 ott. 1288, quando egli, ancora novizio nella canonica di S. Frediano, fu colpito da grave malattia e decise di regolare tutti i suoi affari e disporre delle sue proprietà.
Il documento consente di cogliere un altro aspetto dell'attività di G., gli investimenti finanziari compiuti a Pisa insieme con il fratello Orlando, impiegando danaro appartenente alla sorella Contessa (e da restituire al figlio di costei, Enrico Grasso) e alla madre Rimborgia, e la concessione di prestiti. G. lasciò eredi in parti uguali i figli Bonaccorso e Lando e dispose legati per gli altri figli, Bartolomeo e Franceschina, nonché per la sorella Tommasa. Un ruolo particolare era attribuito a Preziosa, del cui giudizio G. doveva evidentemente fidarsi molto: ella era tutrice dei figli (tutti minorenni salvo Bartolomeo) insieme con Orlando e altri sette membri della casata, ed esecutrice testamentaria, ancora insieme con Orlando, il priore dei domenicani di Lucca e il figlio Bartolomeo; niente poteva essere fatto senza l'approvazione della donna, che poteva anche agire da sola senza gli altri esecutori testamentari. A lei poi dovevano essere restituiti il danaro e gli oggetti appartenenti a sua madre Margherita e la dote; infine le spettava, finché avesse abitato con i figli, l'usufrutto di una parte del patrimonio.
La malattia non condusse però G. alla morte, poiché, come si è visto, sopravvisse almeno fino al 1290: non sappiamo quando morì, certo prima del 1315, allorché, in base agli accordi di pace tra Pisa e Lucca, quest'ultimo Comune tolse il bando a suo tempo posto sui da Corvaia e i da Vallecchia: tra questi compaiono il figlio di G., Lando, e il cugino Guiduccio, figlio di Orlando, il fratello di G., anche lui già defunto a quella data.
Il secondo dei Libri memoriales, attribuito a Guido da Corvaia, fu edito da L.A. Muratori nei Rer. Ital. Script., XXIV, Mediolani 1738, coll. 673-694 con il titolo Liber memorialis. Un'edizione integrale è stata curata da M.N. Conti (La Spezia 1973).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Diplomatico, Comune di Volterra, 21 sett. 1281; Raccolta di scelti diplomi pisani, a cura di F. Dal Borgo, Pisa 1765, pp. 187-194; Statuti inediti della città di Pisa dal XII al XIV secolo, I, a cura di F. Bonaini, Firenze 1854, p. 331; Carte dell'Archivio arcivescovile di Pisa. Fondo Luoghi vari, 2, (1251-1280), a cura di L. Carratori Scolaro - R. Pescaglini Monti, Pisa 1993, pp. 149 s., n. 71; Statuto del Comune di Lucca dell'anno 1308, a cura di S. Bongi, Lucca 1867, p. 177; E. Cristiani, Gli avvenimenti pisani del periodo ugoliniano in una cronaca inedita, in Boll. stor. pisano, XXVI-XXVII (1957-58), p. 27; Id., Nobiltà e popolo nel Comune di Pisa. Dalle origini del podestariato alla signoria dei Donoratico, Napoli 1962, pp. 125, 180, 386 s.; F. Sardi, Per una rilettura di G. da V., in Studi versiliesi, III (1985), pp. 15-27; M. Barbieri, Il giudice e cronista duecentesco G. da V. e la sua famiglia: la documentazione del manoscritto I.A. 29/101 della Biblioteca comunale di Pescia, tesi di laurea, Università di Pisa, a.a. 2000-01; Rep. fontium historiae Medii Aevi, V, p. 286.