CANOSSA, Guido da
Figlio di Rolando, è tra i più importanti membri della famiglia che - estintasi con Matilde la grande dinastia feudale dei Canossa - fu investita di beni già appartenenti alla contessa e venne poi in progresso di tempo chiamata essa pure da Canossa.
Notevole è la confusione che si fa su di lui, unificando due diversi personaggi omonimi o distinguendoli malamente come già era accaduto al Tiraboschi. La prima sicura notizia che abbiamo del C. èdel 1185. Nel febbraio di tale anno Federico I lo investì, anche a nome dei fratelli Rolandino e Albertino, dei feudi di Canossa, Bianello, Gesso (sul Crostolo) e Paderna, posti nel Reggiano. Per questi beni, costituenti un complesso omogeneo e unitario e rimasti sempre il centro dei possessi familiari pur nelle discordie che presto seguirono, il C. giurava fedeltà come vassallo e si impegnava a tenerli "veluti eius pater et avus tenuerunt" (Arch. Turri, 38, n. 2).
Nel 1186 appare fra i consoli di Reggio; è questo il primo atto relativo ad una sua partecipazione diretta alle vicende della città, con la quale i rapporti erano destinati a mantenersi frequenti, dato il sempre più attento interesse che questa veniva mostrando per il contado. Il 13 ott. 1197 con due altri membri della famiglia canossiana, i fratelli Gerardino e Giannello, il C. giurò fedeltà al Comune; gli uomini di Gesso e di Paderna faranno altrettanto il mese successivo. È da ritenersi che il giuramento sia stato rinnovato con una certa periodicità (cfr. Gatta, n. XI). Il 19 sett. 1200 il C. fu presente al giuramento di fedeltà prestato al Comune dalla famiglia da Dallo.
Oltre che dell'azione svolta da Reggio, le fortune della famiglia (curate sempre dal C. anche per le assenze dei fratelli impegnati nelle crociate) risentivano delle complesse vicende dell'eredità matildica e giunsero ad un momento critico nel settembre 1215, quando a Carpi Salinguerra Torelli giurò, nelle mani del legato papale Pellegrino, fedeltà al pontefice Innocenzo III e ricevette in feudo i beni appartenuti a Matilde, in particolare, fra gli altri, Canossa e Bianello. La podesteria bolognese del C. nel 1217, ricordata dalla cronachistica (con l'eccezione di Matteo Griffoni che la assegna a un Guglielmo da Canossa), suggerisce un avvenuto ripiegamento verso nuove attività in concomitanza col momentaneo, e sia pure parziale, ridimensionamento dell'effettivo potere esercitato. Tuttavia già nel 1221 era tornato in possesso degli antichi feudi, investito, anche a nome dei fratelli, dal legato papale Ugo cardinale ostiense, alla presenza del vescovo e del podestà di Reggio.
Nell'ottobre 1224 un suo procuratore e il figlio Fredenzono, recatisi a Roma, chiesero a Onorio III il rinnovo dell'investitura. Non l'ottennero, però, perché alla morte dei fratelli del C. erano sorte difficoltà nella successione, soprattutto per l'eredità di Albertino, la cui figlia Beatrice aveva sposato Uberto Pelavicino che ora avanzava i propri diritti. Il pontefice dichiarò di non poter prendere una decisione in materia, tanto più che Uberto si trovava allora "in servitio Dei in Romania" partecipando alla spedizione di Guglielmo di Monferrato (Arch. Turri, 38, n. 5). Ciò non significò comunque per il C. una perdita dei beni da tempo in suo possesso. Dovette infatti continuare a tenere Canossa, Bianello, Gesso e Paderna, poiché di questi feudi si tratta nella concordia del 14 ag. 1228 tra il C. e i nipoti Guglielmo e Bonifacio, figli di Rolandino, con la quale si procedette alla sistemazione dei rapporti concernenti i beni e i diritti della famiglia; i due giovani nipoti subentrarono parzialmente all'ormai anziano Canossa.
È questa l'ultima notizia sul C., del quale non conosciamo la data di morte. Oltre a Fredenzono ricordato nel 1224, il C. ebbe probabilmente un altro figlio, Rolando, che compare come fideiussore nella concessione dei castelli di Banzola e Cavazola fatta al Comune di Reggio dai da Banzola il 7 marzo 1221.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Reggio Emilia, Arch. Turri, busta 38, nn. 1-6; L. A. Muratori, Antiquitates Ital. Medii Aevi, I, Mediolani 1738, coll. 609 s.; Corpus Chronicorum Bononiensium, in Rer. Italic. Script., 2 ediz., XVIII, 1, II, a cura di A. Sorbelli, p. 80; Matthaei de Griffonibus Memoriale historicum,ibid., XVIII, 2, a cura di A. Sorbelli-L. Frati, p. 7; J. von Pflugk-Harttung, Iter Italicum, Stuttgart 1883, p. 775; J. F. Böhmer, Regesta Imperii, V, 2, Innsbruck 1892, nn. 12788, 12898; Alberti Milioli Liber de temporis, in Monumenta Germaniae historica,Scriptores, XXI, Hannoverae 1903, a cura di O. Holder-Egger, p. 451; Liber grossus antiquus Comunis Regii, a cura di F. S. Gatta, I, Reggio Emilia 1944, nn. XI, XII, XXXII, XCIII, XCVIII, XCIX; G. Tiraboschi, Diz. topogr. storico degli Stati Estensi, I, Modena 1824, p. 123; A. Overmann, Gräfin Mathilde von Tuscien, Innsbruck 1895, pp. 67, 72, 95, 113; A. Hessel, Geschichte der Stadt Bologna von 1116 bis 1280, Berlin 1910, pp. 97, 101, 105; O. Rombaldi, Il Comune di Reggio Emilia e i feudatari nel sec. XII, in Studi Matildici, I, Modena 1964, pp. 123, 128; F. Fabbi, Quattro Castella, Reggio Emilia 1960, p. 10.