GUIDO d'Arezzo
Musicista, vissuto tra il 990 e il 1050. È ormai ammesso ch'egli sia nato ad Arezzo (e non in Francia o in Inghilterra o altrove). Secondo quanto egli stesso narrò di sé in due sue lettere indirizzate a un frate Michele e al vescovo Teobaldo, sembra che la vita di G. possa suddividersi in tre epoche: nella prima, la sua gioventù si svolge nel monastero di Pomposa, presso Ferrara, da dove l'invidia e la gelosia di confratelli lo obbligano ad allontanarsi; nella seconda egli compie grandi viaggi che, dopo lunga assenza, lo riconducono in Arezzo; nell'ultimo periodo, trascorso prima in Arezzo, poi in Roma, la sua fama di didatta si diffonde per tutta Italia. Giovanni XIX lo chiama a sé e vuole da lui apprendere la maniera, da lui ritrovata, di solfeggiare e di leggere all'improvviso la musica. Minacciato e forse già tormentato dalla malaria, G. abbandona Roma, forse col proposito di far ritorno a Pomposa; ma da allora ogni traccia di lui si perde. Non è possibile precisare in quale città e in quale anno egli sia morto.
L'importanza dell'opera di G. (che venne, col tempo, esagerata sino al punto da far ritenere quell'opera origine e base di gran parte del movimento musicale moderno) sta, particolarmente, nel fatto che i varî tentativi praticati, prima dell'epoca guidoniana, allo scopo di dare ordine, chiarezza e precisione all'insegnamento della musica e all'interpretazione della notazione neumatica furono da lui coordinati e completati in modo tale da dare ai cantori la possibilità di leggere e d'intonare all'improvviso, con esattezza, qualunque nuovo canto, senza l'aiuto del monocordo e senza la guida della mano del maestro. Questo risultato chiudeva un'epoca di tentativi e di tentennamenti (Ucbaldo e poi Ermanno Contratto) e, nel contempo, dava all'insegnamento della musica un indirizzo chiaro e semplice.
L'opera riformatrice di G. portò la sua azione conclusiva specialmente sui seguenti due punti della dottrina musicale: 1. sulla notazione neumatica, ove, dando importanza assoluta e definitiva al rigo, determinandone il numero delle linee, accordando un egual significato agli spazî e alle linee e adoperando (come, f0rse, già si era cominciato a fare nei tempi antecedenti) le lettere-chiavi e i colori giallo e rosso a indicare i suoni diversi della scala, egli tolse ai neumi ogni incertezza d'interpretazione e ogni ambiguità di significato, fissandone esattamente l'intonazione e facendo della notazione musicale dei suoi tempi la base della scrittura musicale odierna; 2. sulla teoria e sulla pratica del solfeggio ove, adoperando il sistema dell'analogia, per il quale i suoni e gl'intervalli contenuti in una determinata melodia (l'inno a S. Giovanni) sono presi a modello per ritrovare l'intonazione di altri suoni e intervalli contenuti in altra melodia, egli abituò i cantori a distinguere e intonare, senza fatica, i diversi intervalli, e diede inizio a una forma di solfeggio che, fondandosi sulla scala esacordale e prendendo, poi, ampio e singolare sviluppo (forse non in tutto rispondente alle intenzioni di G.), durò non meno di cinque secoli.
Da questo e dal fatto che il frate aretino curò, con singolare attenzione, lo sviluppo della primitiva polifonia medievale (l'organum e la diafonia) preparando la non lontana fioritura della forma del discanto, appare evidente che l'opera di G. fu, se non opera innovatrice, opera di riordinamento, di completamento e di semplificazione. Ma alle regole stabilite da G. altre regole presto si sovrapposero. Dall'applicazione del rigo, delle lettere-chiavi e dei colori sorse una nuova forma di scrittura musicale derivata direttamente dalla neumatica, ma di questa più massiccia e quadrata, dalla quale poi doveva discendere, dopo varî secoli, la moderna scrittura rotonda; e dal chiaro e semplice sistema dell'analogia nacquero i nuovi nomi delle note (ut, re, mi, fa, sol, la) e il complicato sistema esacordale che ebbe la sua pratica dimostrazione nell'uso della Mano guidoniana o Mano armonica e nel sistema delle Mutazioni. Quanta parte abbia avuto il diretto insegnamento di G. in queste amplificazioni, non si può stabilire. È da credere che né l'invenzione del sistema dell'esacordo, né quella dei nuovi nomi delle note siano da attribuirsi a lui.
La dottrina di G. è esposta in parecchie opere sue, o a lui attribuite, pubblicate nelle raccolte di scritti musicali medievali di M. Gerbert e H. de Coussemaker. La più importante è il Micrologus Guidonis id est brevis sermo in musica (ed. critica a cura del padre Amelli, Roma 1904).
Bibl.: L. Angeloni, Sopra la vita, le opere e il sapere di G. A., Parigi 1811; G. Ristori, Biografia di G. Monaco, 3ª ed., Arezzo 1880; R. G. Kiesewetter, G. von Arezzo, Lipsia 1840; M. Falchi, Studî su Guido Monaco, Firenze 1882; Eremiti Camaldolesi, Guido d'Arezzo, Prato 1882; A. Brandi, G. Aretino, Firenze 1882.