CORNI, Guido
Nacque a Stradella (Pavia) il 25 ag. 1883 da Fermo e da Giulia Lolli, secondogenito di quattro fratelli. Suo padre era uno dei personaggi più in vista di Modena, sia perché fondatore della Corni serrature e poi, dopo la prima guerra mondiale, della Fonderia Corni per la produzione della ghisa malleabile, sia perché dotò Modena, con generosità e lungimiranza, dell'istituto tecnico industriale che porta il suo nome. Grazie all'agiatezza della famiglia, il C., sin dalla giovinezza, poté compiere frequenti viaggi all'estero, imparare numerose lingue (fra le quali l'arabo), seguire corsi di economia a Neuchitel e laurearsi in chimica industriale all'università di Losanna. A ventiquattro anni assunse alcune responsabilità nella conduzione delle aziende paterne e contemporaneamente si pose in luce come uno dei pionieri dell'aviazione, progettando e fabbricando a sue spese alcuni prototipi, che lui stesso pilotava.
Partigiano dell'espansione coloniale dell'Italia, appena scoppiato il conflitto con la Turchia, si recò in Libia al seguito delle nostre truppe, come osservatore, e fra il dicembre 1911 e il marzo 1912 condusse in Tripolitania una lunga inchiesta per valutare le possibilità economiche della nuova colonia. Rientrato dalla Libia, attraversò l'Atlantico e trascorse alcuni mesi negli Stati Uniti e in Canada per studiarvi l'organizzazione industriale, che avrebbe illustrato più tardi in una serie di lucidi articoli sul Sole di Milano. Nel 1913, sempre alla ricerca di nuove esperienze e assetato di informazioni, compì un viaggio intorno al mondo toccando l'India, Ceylon, la Malesia, le isole della Sonda, la Cina, la Corea, il Giappone, il Canada.
Fervido interventista, quando scoppiò la prima guerra mondiale rifiutò l'esonero, al quale avrebbe avuto diritto come direttore di uno stabilimento ausiliario, e si presentò volontario nell'aprile del 1915 con il grado di tenente di cavalleria. Destinato all'Albania, vi restò quasi tre anni distinguendosi per le sue doti di organizzatore e di combattente e raggiungendo il grado di maggiore per meriti eccezionali di guerra.
Di questa sua esperienza tenne un diario, al quale diede il titolo di Riflessi e visioni della grande guerra in Albania, le cui pagine più significative sono dedicate alla tragica ritirita dell'esercito serbo attraverso le alture e i pianori dell'Albania centrale, sempre braccato e falcidiato dall'armata tedesca di Mackensen. Gli Italiani si prodigano per metterlo in salvo al di là dell'Adriatico, ma migliaia di Serbi soccombono ugualmente. Riferisce il C. descrivendo i campi di raccolta: "Nessuna costruzione possibile di baraccamento. Qualche tenda. Eppoi, il carnaio. La paglia umida e infetta marcisce in un putridume asfissiante, in una poltiglia sudicia. Sono così giovani, queste reclute serbe! I più sono ragazzi. E piangono. Manca tutto qui. Non c'è da dare che un po' di galletta e un po' di carne in conserva di Chicago, inviate dagli inglesi. E muoiono. In media ne ho visti seppellire duecento al giorno, vittime di malattie di ogni sorta" (pp. 115 s.).
Durante il conflitto mondiale il C. partecipò anche alla progettazione di una delle prime autoblindo in dotazione all'esercito italiano: un veicolo che portava, appunto, sul telaio, la sigla Corni-Scognamiglio, dal nome dei due progettisti. Conclusa la guerra, prese parte ad alcune missioni militari in Austria, Ungheria e Polonia, e nel 1920 tornò finalmente a Modena per occuparsi delle sue industrie. Nello stesso anno aderì al movimento fascista ponendosi subito nel gruppo di punta modenese.
Quando, ad esempio, nell'agosto del 1922, le sinistre dichiararono lo sciopero generale in difesa delle libertà politiche e sindacali, il C. cooperò al fallimento della protesta operaia guidando personalmente il treno Milano-Bologna. Dopo la marcia su Roma, alla quale partecipò, fu eletto segretario federale dei Partito nazionale fascista di Modena, carica che ricoprì fino al 1928.
Il C. venne intanto preso dal desiderio di rimettersi in viaggio, di conoscere nuovi mondi. "Sino dal 1921 - riferisce nel libro Tra Gasc e Setit, p. 10 - avevo pensato ad un viaggio da compiersi nelle parti più interne e meno conosciute della colonia Eritrea, insieme al valoroso colonnello Romanelli. Non essendomi stato possibile ottenere la sua collaborazione, pensai di attuare ugualmente il mio proposito per l'anno 1922, organizzando io stesso la spedizione e prendendo a compagni due giovani che erano stati miei subalterni durante la guerra. di Albania, e di cui avevo potuto rilevare la passione per i viaggi, il temperamento sportivo e la competenza scientifica: il tenente - Luigi Bracciani e il conte Cesare Calciati".
Con il supporto del ministero delle Colonie, il C. organizzò e guidò la spedizione nel paese dei Cunama, aggiudicato all'Italia con la convenzione di fronti era del 10 luglio 1900, ma in gran parte inesplorato e non presidiato da truppe per non creare contes - tazioni con l'Etiopia. "Al Governo di Roma - scrive ancora il C. - interessavano in modo particolare i riliemvi topografici corredati da esatte informazioni su tutta la zona compresa tra il Gasc e il Setit ad est del Giarabà" (ibid., p. 48). La missione compì tutti i rilievi necessari, facilitando cosi quell'occupazione militare che si sarebbe realizzata nel 1929 creando tanto allarme alla corte di Hailè Selassiè.
Per le sue benemerenze fasciste, i trascorsi coloniali, la fama di organizzatore e di uomo d'azione, il 1° giugno 1928 il C. fu nominato governatore della Somalia, subentrando nella carica al quadruinviro Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon, inanzitutto con il compito di rimettere ordine nella colonia, sconvolta da anni di guerriglia, turbata dall'attività frenetica e disordinata di De Vecchi e con le casse vuote. "Avendo notato una tendenza ambientale centrifuga - scrive il C. sforzandosi di avere la mano leggera con il suo temibile predecessore - mio primo atto fu il ferreo consolidamento dell'autorità politico-amministrativa, sia al centro che alla periferia. Ritenni anche opportuno di riordinare l'amministrazione centrale sul modello delle altre nostre colonie" (Somalia Italiana, II, pp. 32 s.).
L'opera del C. in Somalia è ricordata soprattutto per due iniziative: il notevole impulso che egli diede all'agricoltura della colonia e l'azione di sovversione e di penetrazione che condusse nel Sud dell'Etiopia. A suo merito, nel campo agricolo, vanno ascritti il rilancio del comprensorio di bonifica nella vallata del Giuba; la costruzione dello sgranatoio per il cotone a Vittorio d'Africa; alcune modifiche alla diga di sbarramento dell'Uebi Scebeli per poter consentire l'irrigazione su di una superficie più vasta di terreno. Avversario della monocoltura del cotone, che infatti nel 1930 mise in ginocchio i coloni italiani, il C., come ha ricordato anche il suo stretto collaboratore Rolandino Guidotti, impose la coltivazione anche di altri prodotti, come le arachidi, la manioca, il banano, gli agrumi, spesso entrando in urto con gli avidi concessionari venuti in Somalia al seguito, di De Vecchi (R. Guidotti, Memorie, pp. 28 s., conservate a Modena presso la famiglia).
Più discussa, invece, la sua spericolata opera di sobillazione nel Sud etiopico. Convinto fautore di una penetrazione a tutti i costi nella parte meridionale dell'impero abissino abitata dai Somali e non ancora del tutto controllata dal potere centrale di Addis Abeba, il C. intensificò l'opera di attrazione nell'orbita italiana dei capi somali spingendoli a ribellarsi alle autorità etiopiche. A coronamento della sua opera di corruzione, di disgregazione e di spionaggio, nella primavera del 1930, ottenuto il consenso di Mussolini e del ministro delle Colonie De Bono, fece occupare la linea dei pozzi d'acqua, che comprende o sfiora le località di Ferfér, Lammahar, Scillave, Gherlogubi, Uarder, Ual Ual, Galadi, Curmis e Domo, spostando avanti il vecchio confine, in alcuni punti, anche di 150 chilometri. L'invasione del territorio etiopico provocò le proteste dell'imperatore Hailè Selassiè e, in. seguito, l'invio di un piccolo esercito, al comando del degiac Gabre Mariam, ai confini con la Somalia, causando, per qualche giorno, un'ondata di panico tanto a Roma che a Mogadiscio. E sarebbe stata ancora Ual Ual, occupata abusivamente dai dubat del C., a provocare, con l'incidente del 5 dic. 1934, lo scoppio della guerra italo-etiopica.
La missione del C. in Somalia si concluse il 1° luglio 1931. Rientrato a Modena, riprese ad occuparsi delle proprie industrie, riorganizzò nel 1933 la Camera di commercio italo-coloniale e l'anno successivo assunse la presidenza della Federazione imprese trasporti automobilistici. Nel 1937, nel clima dell'impero appena fondato, diede alle stampe due grossi volumi che costituiscono uno dei più validi contributi alla conoscenza della Somalia, sia sotto il profilo storico sia economico. L'anno dopo entrò in collisione con le autorità fasciste di Modena: lo scontro fu violento e il C. ne uscì perdente al punto che gli fu tolta la tessera del partito. Da quel momento non si sarebbe più occupato di politica.
Il suo declino politico coincise con quello fisico. Colpito da una grave forma di miocardite, forse anche in conseguenza dell'amebiasi e della malaria contratte in Africa, trascorse gli ultimi anni molto appartato, rifugiandosi spesso nel suo castello di Monfestino, sulle colline del Modenese. Alle vicende di questo antico maniero, da lui ampiamente e amorevolmente restaurato, dedicò il suo ultimo libro, che pone in luce ancora una volta la sua vasta cultura e i suoi innumerevoli interessi. Amareggiato, nel dopoguerra, per le accuse, del resto infondate, di aver accumulato ingenti profitti di regime, utilizzò le sue ultime forze per dirnostrare come il suo patrimonio fosse di ben diversa provenienza.
Ricoverato in una casa di cura di Genova, il C. si spense il 28 febbr. 1946.
Scritti principali: Riflessi e visioni della guerra in Albania. Diario di un ufficiale, Milano 1928; Tra Gasc e Setit. Note di viaggio, Roma 1929; Contributi allo studio delle manifestazioni petrolifere della provincia di Modena, Modena 1929; Problemi coloniali, Milano 1933, Relazione sulla Somalia Italiana per l'esercizio 1928-29, Mogadiscio 1929; Relazione sulla Somalia Italiana per l'esercizio 1929-30, ibid. 1930; Somalia Italiana, I-II, Milano 1937; Il castello di Monfestino e il suo territorio, s. l. 1950.
Fonti e Bibl.: P. Aloisi, Rocce della Colonia Eritrea raccolte dalla missione C.-Calciati-Bracciani, in Società toscana di scienze naturali, XXXVII (1926), pp. 31-54; C. Calciati-L. Bracciani, Nel paese dei Cunama (Missione C-Calciati-Bracciani), Milano 1927; R. Lefèvre, Politica somala, Bologna 1933, passim; A. Barbieri, Modenesi da ricordare. Politici, diplomatici, militari, II, Modena 1973, ad Indicem; A. Del Boca, Gli Italiani in Africa Orientale. La conquista dell'impero, Roma-Bari 1979, ad Indicem.