CAROBBI, Guido
Nato il 20 ott. 1900 a Pistoia da Alcibiade e Giulia Giovannini, si laureò in chimica nel 1922 all'università di Firenze, e l'anno successivo divenne assistente nell'istituto di chimica generale dell'università di Napoli, diretto da Ferruccio Zambonini. Libero docente in chimica generale nel 1927 e professore incaricato di chimica analitica, nel 1930, vincitore di concorso, fu chiamato alla cattedra di mineralogia dell'università di Messina; da qui nel 1933 fu trasferito all'università di Modena, poi nel 1937 a Bologna, e infine dall'anno 1938-39 passò all'università di Firenze, dove rimase fino al 1970 come ordinario e in seguito fino al 1975 come fuori ruolo. In questa università ricoprì una serie di incarichi accademici: prorettore (1956-63), preside della facoltà di farmacia (1961, 63). poi della facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali (1963-68), retta anche come decano (1970-71).
Medaglia di benemerito della scuola, della cultura e dell'arte, fu presidente della Società mineralogica italiana (1952-54), socio nazionale dell'Accademia dei Lincei (1949) e dei XL, fellow della Mineralogical Society of America, corrispondente dell'Osterreichische Akademie der Wissenschaften e socio di numerose accademie locali (come l'Accademia di scienze, lettere e arti di Modena, l'Accademia Peloritana di Messina, l'Accademia toscana di lettere e scienze La Colombaria, l'Accademia delle -scienze di Torino, l'Accademia Pontaniana di Napoli) e membro dell'Istituto di studi etruschi.
Il C. morì a Firenze il 16 genn. 1983.
La sua attività scientifica è documentata da circa centoventi pubblicazioni su argomenti di chimica, di mineralogia e di geochimica a testimonianza del suo spettro di interessi che si sono evoluti nell'arco di oltre mezzo secolo di produzione scientifica.
I primi lavori sono di chimica inorganica, indirizzati al comportamento delle terre rare dal suo maestro Zambonini col duplice scopo di cercare metodi per la loro separazione attraverso l'esame di una numerosa serie di sali e di avere informazioni sulle loro relazioni nelle fasi cristalline naturali. Per il primo scopo, la preparazione di tutta una serie di sali doppi (terra rara con altro elemento, generalmente alcalino), dai carbonati ai nitrati, dai solfati ai cromati, dai tungstati ai molibdati, consentì di intravedere alcune possibilità di separazione per cristallizzazione frazionata, ma soprattutto fornì una notevole messe di dati, utilissima per la conoscenza della chimica delle terre rare: si veda, per esempio, Solfati di lantanio e tallio talloso, in Rend. della R. Accad. naz. dei Lincei, classe di scienze fisiche, matem. e nat., s. 6, I (1925), pp. 278-283 (in collaborazione con F. Zambonini).
Il secondo obiettivo, che indusse il C. a intraprendere lavori di mineralogia, era quello di chiarire il meccanismo delle sostituzioni isomorfogene, ossia di verificare l'intuizione dello Zambonini, che aveva individuato nella vicinanza dei raggi ionici il fattore determinante nella sostituibilità allo stato solido delle coppie sodio-calcio e silicio-alluminio nei plagioclasi. Negli anni immediatamente successivi a questa indicazione, che è del 1922, era logico che si cercassero le prove sperimentali attraverso lo studio delle relazioni di sostituibilità fra ioni nei vari composti cristallini. Un tema di ricerca, questo, fruttuoso in un momento in cui le tecniche diffrattometriche erano ancora agli inizi e pochissime le strutture cristalline determinate, e per di più di composti semplici praticamente senza sostituzioni isomorfogene.
Le apatiti furono logicamente il primo gruppo studiato, dato il loro ruolo come importanti distributori naturali delle terre rare. In particolare l'esame dei termini a piombo, come la piromorfite, consentì, attraverso sintesi di prodotti e analisi di minerali, di chiarire le sostituzioni isomorfogene fra piombo e terre rare, e in particolare le preferenze entro il gruppo dei lantanidi (si veda, per esempio, Ricerche chimiche e spettroscopiche sulla piromorfite di Braubach (Nassau), in Rend. della R. Acc. di scienze fisiche e matematiche di Napoli, s. 3, XXXII [1926], pp. 17-27, in collaborazione con S. Restaino). Analoghe ricerche furono condotte per indagare le relazioni fra diversi altri cationi, dal magnesio al berillio, dal molibdeno al tallio, dall'uranio al calcio, dal mercurio al ferro. Le indicazioni trovate, praticamente tutte confermate dalle determinazioni strutturali, hanno contribuito alPattuale quadro cristallochimico (si veda, per esempio, Contributo allo studio delle relazioni di isomorfismo fra i composti di berillio e quelli di magnesio, in Rend. della R. Acc. naz. dei Lincei, ci. di scienze fis., mat. e nat., s. 5, XXXIII [1924], pp. 218-222, e in Gazzetta chim. ital., LV [1925], pp. 330-335, in collaborazione con F. Zambonini). Fondamentali per la, conoscenza della mineralogia delle esalazioni vulcaniche furono le sue ricerche sulle fumarole, il cui studio sistematico condusse alla scoperta di sette nuovi minerali. A Vulcano la cannizzarite (solfobismutito di piombo), al Vesuvio i restanti sei, tra cui tre solfati (manganolangbeinite, mercallite e matteuccite), un cloruro (mitscherlichite), un fluosilicato (malladrite) e un fluoborato, denominato ferruccite in onore del suo maestro, che aveva visto discreditato il nome zamboninite, risultato essere un miscuglio di specie diverse. Altro risultato interessante fu il rinvenimento della avogadrite pura, fluoborato fino allora noto solo nella varietà cesifera. In questo gruppo di ricerche si ricordano le seguenti: Sulla diffusione del solfato sodico anidro fra i prodotti dell'attuale attività del Vesuvio, in Annali del R. Osserv. vesuv., s. 3, I (1924), pp. 19-22 (in collaborazione con V. Caglioti); Sulla presenza, fra i prodotti dell'attuale attività del Vesuvio, del composto Mn2K2 (So4)3, ibid., pp. 23-26 (in coll. con F. Zambonini); Su un solfobismutito di piombo di Vulcano (Isole Eolie), ibid., pp. 31-36 (in collaborazione con F. Zambonini e 0. De Fiore); Sulla presenza del fluosilicato sodico e di quello di potassio tra i prodotti della attuale attività del Vesuvio, ibid., s. 3, III (1926), pp. 1-5, e in Rend. della R. Acc. naz. dei Lincei, classe di scienze fisiche, mat. e nat., s. 6, IV (1926), pp. 171-175 (in collaborazione con F. Zambonini); Ricerche chimiche sulle incrostazioni gialle della lava vesuviana del 1631, in Annali del R. Osserv. vesuv., s. 3, III (1926), pp. 1-28, e in American Mineralogist, XII (1927), pp. 1-10 (in collaborazione con F. Zambonini); Sulla presenza dell'atacamite fra le incrostazioni della lava vesuviana del 1631, in Rend. della R. Acc. di scienze fisiche e matematiche di Napoli, s. 3, XXXIV (1928), pp. 1-6; Nuove ricerche chimiche e cristallografiche sulla litidionite del Vesuvio, ibid., XXXVI (1930), pp. 1-11; Sulla presenza della alluminite fra i prodotti della attività fumarolica del Vesuvio, in Period. di mineral., III (1932), pp. 204-210; Sulla presenza di un nuovo minerale fra i prodotti dell'attività fumarolica del Vesuvio, ibid., IV (1933), pp. 3, 15, "Mercallite", nuovo minerale fra i prodotti dell'attività fumarolicà vesuviana del 1933, in Rend. della R. Acc. naz. dei Lincei, classe di scienze fisiche, matem. e nat., s. 6, XXI (1935), pp. 385-393; Ralstonite e bisolfato sodico (matteuccite) fra i prodotti delle fumarole vesuviane, ibid., s. 8, XII (1952), pp. 23-29 (in collaborazione con C. Cipriani); Il bromo in alcuni prodotti fumarolici del Vesuvio e dell'Etna, ibid., s. 8, XXXIII (1962), pp. 3- 12 (in collaborazione con N. Coradossi).
Il profondo interesse per i sublimati vulcanici non si esaurì nella identificazione dei loro costituenti mineralogici, ma portò il C. a iniziare un nuovo filone di ricerca che contraddistinse, negli anni del dopoguerra, lui e la sua scuola: la geochimica. Iniziati come ricerche sulla composizione chimica di alcuni interessanti minerali, quali la scheelite, l'ortite, le già citate piromorfiti, questi studi si indirizzarono successivamente ai costituenti minori delle rocce; essi portarono notevoli contributi alla conoscenza da un lato dei processi genetici delle rocce e dall'altro dei comportamenti geochimici degli elementi (si veda, per esempio, Sopra i costituenti minori di alcune rocce sedimentarie di Passo delle Radici (Appennino Tosco-Emiliano), in Spectrochim. acta, II [1941], pp. 32-44, in collaborazione con R. Pieruccini; Spectographic Analysis of Tourmalines from the Island of Elba with Correlation of Colour and Composition, in Amer. Mineral., XXXII [1947], pp. 121-130, in collaborazione con lo stesso).
Pressato dagli impegni accademici, a partire dagli anni Cinquanta abbandonò gradualmente le ricerche sperimentali, ma arrivò a pubblicare due note a carattere storico-bibliografico di grande interesse, come il panorama dell'attività mineralogica a Firenze e un ampio saggio sulla mineralogia della Toscana (Un secolo di attività mineralogia a Firenze (1870-1970), in Atti e memorie dell'Acc. tosc. di scienze e lettere "La Colombaria", XXXVII [1972], pp. 3-89; I minerali della Toscana. Saggio di mineralogia regionale, in collaborazione con F. Rodolico, Firenze 1976).
Oltre a numerosi lavori scientifici, di cui i principali sono stati sopra citati, il C. è autore di un Trattato di mineralogia (Firenze 1945, 2ª e 3ª edizione ibid. 1957, 1971).
Fonti e Bibl.: Annuario generale dell'Accademia nazionale dei XL, Roma 1961, pp. 397-406; Biografie e bibliografie degli accademici lincei, Roma 1976, pp. 175-177.