CAPELLO, Guido
Nacque, forse a Vicenza, nella seconda metà del sec. XIII; nulla sappiamo della sua giovinezza.
Il C. è noto col nome di Guido Capello, ma il Barbarano, e con lui Angiolgabriello di Santa Maria, lo dice discendente dai Capello (o Pileo o de Pileo) solo per parte di madre, mentre il padre, Gilberto, sarebbe stato un Maltraversi dei conti di Montebello. È certa, in ogni caso, la sua appartenenza alla nobiltà vicentina.
Entrato nell'Ordine dei predicatori, il C. divenne provinciale della Lombardia inferiore; nel 1301, nominato da Bonifacio VIII "inquisitor haereticae pravitatis in provincia Lombardiae et Marchia Januensi", giudicò il caso di Armanno Pungilupi.
Era questi morto a Ferrara nel 1260 in odore di santità e molti miracoli si diceva fossero stati da lui operati dopo la morte. Per ben cinque volte (nello stesso anno della morte, il 1269, due volte nel 1270 e altre due volte nel 1280) le autorità ecclesiastiche avevano condotto un'inchiesta su questo presunto santo. Era stato infine istruito un processo contro Armanno, per accertare la sua adesione alla dottrina catara; la sua condanna fu pronunciata il 22 marzo 1301 dal C., che ordinò che le ossa dell'eretico fossero dissepolte, bruciate e disperse e che il sarcofago di pietra, presso cui si diceva fossero avvenuti tanti miracoli, venisse distrutto (la sentenza è edita in L. A. Muratori, Antiquitates Italicae Medii Aevi, V, Mediolani 1741, coll. 141-150).
Il 3 apr. 1304 Benedetto XI, successore di Bonifacio VIII, nominò il C. vescovo di Ferrara al posto di Ottobono del Carretto, benché egli fosse, a quanto afferma il cronista F. Pippini, "populo Ferrariensi invisum, sive odiosum". Secondo il Libanori, la nomina del C. sarebbe stata dovuta alla protezione degli Estensi. Durante il suo vescovato, durato ben ventisette anni, furono consacrate due nuove chiese: S. Maria di Poggio e S. Michele di Brondolo. Come vescovo, il C. istituì il cosiddetto sindaco dei poveri che, con l'aiuto di altri dodici nobili (che raffiguravano i dodici apostoli, mentre il sindaco rappresentava Cristo), aveva il compito di provvedere alla raccolta di offerte con cui alleviare le sofferenze dei poveri della città. Il primo sindaco fu Santo Libanori, cancelliere del signore di Ferrara, il che rafforzerebbe l'ipotesi di un buon accordo fra il vescovo ed Azzo VIII d'Este, almeno in questo periodo. Altra testimonianza del vescovato del C. è un atto del 1306 con cui egli concedeva al priore di S. Antonio di vestire dell'abito agostiniano due che ne avevano fatto richiesta (cfr. Manini Ferranti, pp. 239 s.).
Il 31 genn. 1308 moriva Azzo VIII d'Este. Durante la crisi che travagliò Ferrara per la successione, di cui approfittarono sia la S. Sede che Venezia, per tentare di impadronirsi stabilmente della città, noi non sappiamo quale fosse esattamente il comportamento del Capello. Secondo Antonio Libanori si mantenne neutrale, secondo altri, come il Barbarano e il Soranzo, il C. si adoperò efficacemente affinché Ferrara si sottomettesse al papa. La seconda ipotesi pare più probabile e sembra suffragata dal fatto che il vescovo fu prescelto, il 3 sett. 1309, dai suoi concittadini per guidare un'ambasceria incaricata di sollecitare da Clemente V, allora ad Avignone, la protezione e l'appoggio della S. Sede. Gli ambasciatori, fra cui erano anche mercanti e notai della città, furono ricevuti in pubblico e solenne concistoro il 27 genn. 1310 e l'11 febbraio seguente il papa accettava la sottomissione di Ferrara, su cui si diceva la Chiesa vantasse diritti secolari, con la bolla Pia matris (in Regestum Clementis Papae V,annus quintus, Romae 1887, n. 6316, pp. 412-25).
Nel 1315 il C. privava di tutti i suoi benefizi tal Giacomo, arciprete di Settepolesini, reo, secondo l'accusa, di aver tramato contro le truppe che re Roberto di Napoli, vicario papale, aveva inviato a Ferrara. Nel 1320 pare che il C. abbia lasciato la sua città, che era stata colpita da interdetto; a favore di questa tesi esiste un documento (edito da Manini Ferranti, pp. 243-46), datato da Bologna, in cui egli nomina il nuovo arciprete della pieve di Voghiera. Nel processo, però, che venne fatto a Padova, nel 1321, da Goffredo da Lodi, vicario di Ildebrandino vescovo di Padova, per ordine di Uberto, vescovo di Bologna, al fine di appurare, tra l'altro, se il C. e gli altri ecclesiastici avessero abbandonato la loro città, come erano tenuti a fare, non si poterono ottenere testimonianze utili in tal senso. È certo, in ogni caso, che sul finire dell'estate 1321, il C. si trovava a Bologna ove, insieme al domenicano Bartolomeo, istruiva il processo di eresia contro Rinaldo ed Obizzone d'Este.
È probabile che il C. sia morto a Bologna nel 1332 e ivi sia stato sepolto nella chiesa di S. Domenico.
L'opera principale del C., la Margarita Bibliae, fu dedicata a Clemente V. Consta di circa 1.500 esametri, ad imitazione di Pietro di Riga, e in essa l'autore cerca di dare una interpretazione storico-allegorica della Bibbia. Ne esistevano certamente tre manoscritti: uno, datato 1308, alla Sorbona, e i codici 4406 della Biblioteca Regia e 5212 della Biblioteca Colbertina. La Margarita deve aver avuto un certo successo perché fu stampata alla fine del '400;l'edizione non porta, però, né l'anno né il luogo di stampa né il nome del tipografo che ne curò l'edizione (cfr. L. Hain, Repertorium bibliographicum, n. 8217).Il titolo è dovuto, come scrive l'autore, al fatto che, "sicut margarita de conchis marinis extrahitur, ita libellus iste de pelago Scripturae sacrae colligitur". Nella Bibl. Apost. Vaticana (Vat. lat. 4344, ff. 1-76) sono conservate altre versificazioni su temi biblici, dedicate anch'esse dal C. a Clemente V; altri versi del vescovo di Ferrara erano conservati, secondo Angiolgabriello di Santa Maria, nella Biblioteca di S. Corona in Vicenza.
Fonti e Bibl.: F. Pippini, Chronicon, in L. A. Muratori, Rer. Ital. Script., IX, Mediolani 1726, col. 712; Ferretus Vicentinus, Historia rerum in Italia gestarum (1250-1318),ibid., coll. 1039, 1044; Le registre de Benoît XI, a cura di Ch. Grandjean, Paris 1905, n. 646, coll. 408-10; A. Possevino, Apparatus sacer, I, Venetiis 1606, p. 603; G. Sardi, Libro delle historie ferraresi, Ferrara 1646, pp. 90 s.; F. Barbarano, Historia ecclesiastica della città,territorio,e diocese di Vicenza, II, Vicenza 1652, pp. 151-56; A. Libanori, Ferrara d'oro imbrunito, II, Ferrara 1667, pp. 79 s.; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, II, Venetiis 1717, col. 543; J. Lelong, Bibl. sacra, II, Parisiis 1723, pp. 757, 906; B. Montfaucon, Bibl. bibliothecarum, Parisiis 1739, I, pp. 116, 136; II, p. 750; Angiolgabriello di Santa Maria, Biblioteca,e storia di quei scrittori così della città come del territorio di Vicenza, Vicenza 1772, pp. 130-40; L. Barotti, Serie de' vescovi ed arcivescovi di Ferrara, Ferrara 1781, n. XXXXIV, pp. 56-59; G. Manini Ferranti, Compendio della storia sacra e politica di Ferrara, II, Ferrara 1808, pp. 238-47; G. Soranzo, La guerra fra Venezia e la S. Sede per il dominio di Ferrara, Città di Castello 1905, pp. 93, 163-65; C. Cipolla, Documenti per la storia delle relazioni diplomatiche fra Verona e Mantova nel sec. XIV, in Miscellanea di storia veneta, s. 2, XII (1907), pp. 239, 246; F. Bock, Der Este Prozess von 1321, in Archivum fratrum praedicatorum, VII (1937), pp. 43, 44, 46; F. Stegmüller, Repertorium biblicum Medii Aevi, II, Matriti 1950, pp. 388 s.; J. Quétif-J. Echard, Scriptores Ordinis Praedicatorum, I, Lutetiae Parisiorum 1719, pp. 574-76; C. Eubel, Hierarchia catholica..., I, Monasterii 1913, p. 248; H. Hurter, Nomenclator liter., II, col. 557.