BUFFARINI GUIDI, Guido
Nacque a Pisa il 17 ag. 1895 da Luigi e da Liberata Bardelli. Volontario in un reggimento di artiglieria, trascorse quattro anni al fronte, raggiungendo il grado di capitano nel 1917. Si guadagnò tre croci al merito di guerra. Rimase in servizio attivo fino al 1921, ottenendo però l'autorizzazione a studiare legge all'università di Pisa, dove si laureò nel marzo 1920. Sposò Maria Augusta Macciarelli.
Fu tra i principali organizzatori delle squadre fasciste pisane. Nell'aprile 1923 fu eletto sindaco di Pisa. Rassegnò le dimissioni da tale ufficio nel giugno 1924 alla sua elezione a deputato nelle liste del partito fascista per la Toscana come rappresentante per la provincia di Pisa. Con la nomina a podestà e a segretario federale, divenne la principale personalità politica della provincia; praticava inoltre l'avvocatura (era anche presidente del Comitato pisano di azione dalmata e console onorario della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale).
Tra i "ras" del "Granducato di Toscana" il B. aveva fama di bonaria moderazione, avendo frenato taluni eccessi durante le prime attività degli squadristi locali. Le sue notevoli capacità amministrative nell'imporre abilmente il controllo del partito fascista, da Pisa a tutta la Toscana, contribuì alla sua nomina, l'8 maggio 1933, a sottosegretario del ministero dell'Interno, succedendo a Leandro Arpinati.
In questo posto chiave al centro del potere il B. ebbe l'abilità di estendere, attraverso le province d'Italia, l'effettivo controllo sugli enti locali con la nomina di prefetti a lui fedeli, e di bilanciare l'influenza e le ambizioni dei segretari nominati dalla segreteria del partito come rappresentanze competitive del potere locale.
Per dieci anni il B. controllò direttamente la macchina dell'amministrazione italiana. Coi quotidiani rapporti a Mussolini sullo stato della pubblica opinione e sulle voci di opposizione al regime, scavalcando la segreteria privata del duce, creò efficienti proprie fonti di informazione ad ogni livello. della società italiana.
Con Galeazzo Ciano, salito contemporaneamente attraverso i labirinti del potere, il B. stabilì, per parecchi anni, assai stretti rapporti e queste due personalità, con l'appoggio dei loro "clans" privati, rimasero al centro del sistema finché la crescente dipendenza dell'Italia dalla Germania nazista scatenò sulla scena romana nuove rivalità intestine. Il B. contrastò la mastodontica espansione della macchina del partito fascista, estesa sulla falsariga del modello nazista, dopo il 1938, in tutti i settori della vita pubblica italiana. Tentò di limitare l'applicazione delle leggi antiebraiche votate dal Gran Consiglio in quell'anno su pressione tedesca e contrastò entrambi i successivi segretari del partito nei loro tentativi di sminuire la sua personale influenza su Mussolini e il suo controllo su tutti gli aspetti degli affari interni.
Dopo l'entrata in guerra dell'Italia, la profonda conoscenza del B. dello stato della pubblica opinione, il suo vigilante controllo sul disfattismo e i complotti dei gerarchi fascisti, sulla distaccata neutralità del Vaticano e sul serpeggiare di atteggiamenti di "fronda "nei chiusi circoli della corte provocarono in lui un cauto pessimismo su una possibile vittoria.
La provvisoria alleanza tra i suoi rivali e nemici politici provocò nel febbraio 1943 le dimissioni del B. dal governo contemporaneamente a Ciano, già suo alleato. Rimasero, entrambi, tuttavia, membri del Gran Consiglio, su speciale dispensa di Mussolini. Durante l'agitato periodo tra il febbraio e il luglio del 1943, il B. rimase passivo e isolato nel sùsseguirsi di varie congiure, che sfociarono negli eventi del 24 luglio. Fu presente alla famosa seduta notturna del Gran Consiglio e vótò in favore di Mussolini. Il 26 luglio, insieme con altri gerarchi fedeli a Mussolini, fu arrestato per ordine di Badoglio e imprigionato a forte Boccea.
Il 12 sett. 1943 i tedeschi liberarono il gruppo e trasferirono in aereo il B. e alcuni suoi compagni a Monaco. Nella nuova amministrazione "repubblichina", allora instaurata nell'Italia settentrionale, per mantenere l'apparenza di uno Stato fascista fedele all'alleanza con l'Asse, il B. fu nominato ministro dell'Interno. Egli dovette poi lottare invano con gli strascichi di passate rivalità e vendette personali tra quei gerarchi che avevano seguito Mussolini a Salò. Con lo sviluppo della resistenza armata e con l'inesorabile dissolversi di ogni parvenza di legalità e di ordine in tutta I'Italia settentrionale il B. divenne il simbolo dell'impotenza e dell'impopolarità della repubblica di Salò. Il 12 febbr. 1945, in circostanze che rimangono ancora poco chiare, fu sollevato dall'incarico da Mussolini, e scomparve nell'ombra degli ultimi giorni che videro la disintegrazione dell'effimera amministrazione repubblichina.
Il B. era presente a Como durante le ultime ore dell'esodo dell'ultima colonna e insistette energicamente affinché il gruppo degli ultimi fedeli che attorniavano Mussolini cercasse scampo in Svizzera. Il 26 apr. 1945, mentre tentava di varcare la frontiera, fu catturato dai partigiani. Il mese seguente fu processato dalla Corte straordinaria d'assise e, il 10 luglio 1945, dopo un vano tentativo di avvelenamento, fu fucilato nella prigione di S. Vittore.
Fonti e Bibl.: L. Federzoni, Italia di ieri per la storia di domani, Milano 1967, passim; G.Ciano, Diario (1939-1943), Milano 1968, ad Indicem;E.Cione, Storia della Repubblica sociale ital., Roma 1951, ad Indicem;R. De Felice, Storia degli ebrei ital. sotto il fascismo, Torino 1961, ad Indicem;G. Bianchi, Venticinque luglio: crollo di un regime, Milano 1963, ad Indicem; N.Salvatorelli-G. Mira, Storia d'Italia nel periodo fascista, Torino 1964, passim;A. Aquarone, L'organizzazione dello stato totalitario, Torino 1965, ad Indicem;F. W.Deakin, Storia della Repubblica di Salò, Torino 1970, ad Indicem.