BOCCI (Boccii, Boccius, Bocia, de domo Gualandorum), Guido
Nobile pisano, figlio di Raniero Bocci, discendeva dal ramo dei Gualandi Bocci, documentato fin dalla seconda metà del sec. XII. Prese in moglie Lucrense, figlia di Guido di Ventriglio, che nel 1217-18 era console in Pisa, e la cui famiglia, per la sua fedeltà all'Impero, aveva ricevuto in feudo da Ottone IV il castello di Funda.
Le case dei Gualandi Bocci si trovavano in Pisa a sud dell'Arno, nel quartiere di Chinzica, dove nel 1272 appare ricordata anche la torre del B. e dei consorti. La famiglia possedeva diritti di patronato sulla chiesa dei SS. Cosimo e Damiano sulla riva sud dell'Arno, diritti di patronato sul Ponte Nuovo, il redditizio dominium del mercato del bestiame ed estese terre nel contado.
Nel 1237 il B., insieme con il fratello Gerardo, era rappresentante dei Gualandi nella solenne pace generale che ebbe luogo in Pisa fra il Comune e le consorterie nobiliari. Nel 1241 compare quale senatore. Quando il Comune di Pisa, nel 1253, accordò il diritto di cittadinanza ai nobili di Corvaia, il B. era fra i numerosi garanti del patto per parte della città (7 dicembre).
Nell'aprile 1254, su proposta del Comune di Pisa alleato con Siena contro Firenze, divenne podestà in Siena, come successore dell'abruzzese Tommaso di Malanotte caduto dinanzi a Piancastagnaio: probabilmente gli giovò la circostanza che già suo cognato Ventriglio di Guido di Ventriglio aveva esercitato la carica in quel Comune, nel 1251-52. Sul periodo della sua attività in Siena gravò il peso della vittoria di Firenze sulla lega delle città ghibelline: l'11 giugno 1254 il B. dovette concludere la pace di Stomennano, che costringeva Siena alla cessione di Montepulciano, Montalcino e Campiglia. Il B. riuscì tuttavia ancora durante il suo ufficio a consolidare, mediante patti di sottomissione di numerosi castellani, la posizione di Siena nella Marittima e a sventare il ritorno della signoria degli Aldobrandeschi. Scaduto il termine della sua carica (31 dic. 1254), il consiglio di Siena il 6 genn. 1255 approvò il rendiconto del B. e gli concesse il ritorno a Pisa.
Quando Pisa, nel 1256, concluse la pace con Firenze, il B. fu chiamato quale consigliere ad approvare il trattato (26 settembre). Nel luglio 1257 il B. era fra le persone di fiducia del podestà Ricciardo de Villa, quando questi concesse ai cittadini di Volterra il permesso di esportare granaglie attraverso Pisa. Il 1º ott. 1257 appare di nuovo come portavoce dei Gualandi e di altri nobili possessori dei diritti di patronato sul Ponte Nuovo, e concordava con il podestà nuove modalità per l'esercizio di tali diritti. È pure nel giro di questi anni che il B. deve aver incontrato in Pisa Guittone d'Arezzo, che in una delle sue canzoni morali ("o vera vertù") esaltò lui ed il fratello (che egli dice omonimi) quali esempio di amore fraterno. È certo anche possibile che un primo contatto con il poeta sia stato mediato dall'aretino Ubertino Bartali, che nel 1254 aveva reso servizio al B. in qualità di giudice in Siena.
Dopo la vittoria dei ghibellini a Montaperti, il B. divenne nel 1265 podestà di Prato, poi nel 1267 podestà di Massa Marittima, dove per incarico di Pisa assoldò cinquanta mercenari tedeschi. Quando il Comune di Pisa nel 1268 armò ventotto galee ed alcune altre navi per condurre, in concomitanza con la spedizione di Corradino nel Regno di Sicilia, un attacco via mare, il B. in qualità di "admiratus pro Pissanis" ricevette, accanto al rappresentante di Corradino, Federico Lancia, il comando della flotta che salpò da Pisa il 19 luglio 1268. Toccate dapprima le foci del Tevere per dare sostegno a Corradino in Roma, la flotta accese poi la ribellione sulle coste campane e calabre; e dopo l'approdo a Milazzo, il 30 agosto, guidata dal B., mise in fuga la squadra angioina al comando di Roberto di Lavena e sconfisse il contingente di nove navi dei Messinesi al comando di Matteo Riso, costringendolo a rifugiarsi a riva. Questa vittoria navale presso Messina venne però troppo tardi, poiché Corradino era già stato battuto a Tagliacozzo, e con la sua cattura era fallito il tentativo di una restaurazione degli Hohenstaufen. Il 30 sett. 1268 il B. tornò a Pisa con la flotta.
In conseguenza delle contese fra il partito dei Visconti e quello del conte Ugolino di Donoratico dopo la pace di Pisa con Carlo I, il podestà nel maggio 1270 sbandì per qualche tempo a Montopoli il B., come partigiano del conte e capo dei Gualandi. Nel decennio successivo il B. non compare più in attività. La parte da lui avuta nella politica ghibellina di Pisa al tempo di Corrado IV, Manfredi e Corradino non cadde però in dimenticanza: ancora nel 1283 Pietro, re d'Aragona e di Sicilia, si rivolgeva al B. e ad altri ghibellini pisani per guadagnarne l'appoggio alla propria politica. Suo figlio Gerardo entrò al servizio del re Pietro e nel 1283 divenne suo giustiziario in Val di Mazara, ma già l'anno successivo cadde in disgrazia, a causa di soverchierie commesse contro i Genovesi. Il B. morì, certo in età avanzata, prima del 1286. Con i suoi figli Ventriglio e Gerardo, che fecero testamento nel 1286 e 1287, e Giacomo, che morì nel 1315, la famiglia sembra essersi estinta nella sua linea diretta.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Pisa, Dipl. S. Lorenzo alla Rivolta, 11 ag. 1259, 21 nov. 1260; Ibid., Dipl. Pia Casa di Misericordia, 4 sett. 1267; Ibid., Dipl. Primaziale, 20 marzo 1273; Ibid., Dipl. Roncioni, 20 ott. 1291; Ibid., Dipl. Spedale Nuovo, 23 maggio 1316; Ibid., Arch. Spedali Riuniti, 2550, ff. 22-25, 179; Arch. di Stato di Siena, Dipl. Riformagioni, 12 dic. 1254 (3 atti); Ibid., Riformagioni di Massa, 19 ott. I 265, 1º febbr. 1266; Ibid., Cons. Gen., 4,ff. 9´-10; 388, ad ann. 1254; Ibid., ms. A 133, ad ann. 1254; Arch. di Stato di Firenze, Capitoli XXIX, ff. 241´-242; Abate Guido de Corvaria, Historiae Pisanae Fragmenta, in L. A. Muratori, Rerum Ital. Script., XXIV, Mediolani 1738, coll. 674-75; F. Dal Borgo, Racc. di scelti diplomi pisani, Pisa 1765, pp. 187-194; F. Bonaini, Statuti ined. della città di Pisa dal XII al XIV sec., Pisa 1854-57, I, pp. 645-649; II, p. 1025; G. Del Giudice, Cod. dipl. del regno di Carlo I e II d'Angiò, II, Napoli 1869, pp. 170-174, n. 54; De rebus regni Siciliae (9 sett. 1282-26 ag. 1283). Doc. ined. estratti dall'Arch. della Corona d'Aragona, a cura di I. Carini e G. Silvestri, Palermo 1882-92, pp. 566, 591, 639-40, nn. 622, 648, 721; H. Niese, Zur Geschichte des deutschen Soldrittertumsin Italien, in Quellen und Forschungen aus italien. Archiven und Bibliotheken, VIII (1905), pp. 239-48, n. 2; F. Schneider, Regestum Volaterranum, in Regesta Chartarum Italiae, I, Romae 1907, pp. 215-16, 229, nn. 656, 687; G. La Mantia, Cod. dipl. dei re Aragonesi di Sicilia, I, Palermo 1917, p. 110, n. 46; Cronaca senese di Paolo di Tommaso Montauro, in Rerum Ital. Script., 2 ediz., XV, 6, a cura di A. Lisini-F. Iacometti, p. 193; Bartholomaei de Neocastro Historia Sicula, in Rerum Ital. Script., 2 ediz., XIII, 3, a cura di G. Paladino, pp. 7-8; Annali Genovesi di Caffaro e de' suoi continuatori, a cura di C. Imperiale, IV, Roma 1926, in Fonti per la storia d'Italia, XIV, pp. 110-13; Chronicon aliud breve Pisanum, in Rerum Ital. Script., 2 ediz., VI, 2, a cura di M. Lupo Gentile, pp. 115-16; Il Caleffo Vecchio del Comune di Siena, a cura di G. Cecchini, Siena 1931-40, II, pp. 773-77, 780-94, 863-64, nn. 565, 568-572, 574-76, 632; III, pp. 1046, 1050, 1053, nn. 871, 872, 874; G. Ciacci, Gli Aldobrandeschi nella storia e nellaDivina Commedia, II, Roma 1935, p. 198, n. 491; R. Piattoli, Ric. intorno alla storia mediev. di Prato, in Arch. stor. pratese, XIV (1936), pp. 69, 71-72; Libri dell'entrata e dell'uscita della Repubblica di Siena..., XV, Siena 1939, pp. 128, 131, 168-69, 173, 192, 201; XVIII, Roma 1961, p. 32; Le rime di Guittone d'Arezzo, a cura di F. Egidi, Bari 1940, pp. 76-77; G. Volpe, Studi sulle istituzioni comunalia Pisa, in Ann. della Scuola normale sup. di Pisa, XV (1902), pp. 371-72; P. Bacci, Gualandi con Sismondi in un doc. del 21 marzo 1283, Pisa 1920, pp. 8, 11-12; F. Torraca, Studi di storia lett., Firenze 1923, pp. 51-52; E. Tuccio, I moti siciliani in favore di Corradino di Svevia, Palermo 1972, pp. 38-41; W. Colin, Storia della flotta siciliana sotto il governo di Carlo I d'Angiò, in Arch. stor. per la Sicilia or., XXV (1929), pp. 357-361; R. Piattoli, I Podestà del comune di Prato dal 1265 al 1282, in Arch. stor. italiano, LXXXIX (1931), p. 255 (con errata indicazione archivistica); K. Hampe, Geschichte Konradins von Hohenstaufen, Leipzig 1942, pp. 268, 296-98, 356-57; E. Cristiani, Gli avvenimenti Pisani del periodo ugoliniano in una cronaca ined., in Boll. stor. Pisano, XXVI-XXVII (1957-58), pp. 33-34, 66-70; P. F. Palumbo, Corrado Capece e la resistenza anti angioina in Sicilia, in P. F. Palumbo, Contributi alla storia dell'età di Manfredi, Roma 1959, pp. 261-64; E. Cristiani, Nobiltà e popolo nel Comune di Pisa dalle origini del podestariato alla signoria dei Donoratico, Napoli 1962, pp. 30, 59, 129, 331, 357, 364, 400-403, 493-506.