BARDI, Guido
Figlio di Accolto, detto anche Coltuccio, nacque a Firenze verso la metà del sec. XIII. Appartenente a famiglia di parte guelfa, fu testimone degli avvenimenti che portarono alla costituzione del Primo Popolo, assistette alla tragica disfatta di Montaperti, dopo la quale dovette lasciare coi suoi il "bel San Giovanni": notizie dirette di questo primo periodo della vita di lui mancano però del tutto. Nel 1269 troviamo il B., certo ancora molto giovane, al servizio del re di Napoli Carlo d'Angiò, nella cui corte dovette occupare un posto piuttosto elevato: dovette anche essere alquanto caro a quel monarca se questi arrivò al punto di imp3rre a Firenze l'esonero da ogni imposta e da qualsiasi gravame fiscale per il suo fedele. Quanto tempo il B. sia rimasto al servizio dell'Angioino non sappiamo, ma diversi indizi fanno supporre che egli non molto dopo il 1269 sia rientrato a Firenze, dove nel frattempo si era affermato e consolidato il potere dei guelfi.
Non essendo stato il ramo di lui incluso negli elenchi dei Grandi, il B. poté partecipare alla vita pubblica di Firenze tanto prima quanto dopo la emanazione degli Ordinamenti di Giustizia (1293, 1295), mentre alcuni consorti, ad esempio Simone di Geri, il marito della Beatrice di Dante, furono dagli Ordinamenti fatti quasi stranieri in patria.
Nell'estate del 1296, insieme con altri sette suoi concittadini (Forese di Buonaccorso Bellincioni, Gherardo dei Tornaquinci, Neri dei Buondelmonti, Rodolfo Guidalotti, Azzolino dei Bostichi, Iacopino Alfani e Baldino Falconieri), fu inviato in solenne ambasceria al pontefice per trattare la pace tra i Bolognesi e il marchese di Ferrara, allora in guerra fra loro, mentre il 26 apr. 1298 risulta podestà di Pistoia, carica che egli ricoprì con onore e con soddisfazione di tutti, tanto da lasciare di sé un lungo ricordo. Nel settembre 1303, insieme a ser Duti Maghinardi, ser Maso di Bencivenni, messer Rosso della Tosa, Neri di Tieri da Gambassi, Sinibaldo di messer Simone Donati e Bono di Cione di Moltobuono, fu inviato ambasciatore a Siena: di questa ambasceria non conosciamo però né lo scopo, né i risultati conseguiti.
Dopo questa notizia del B. non si trovano più testimonianze dirette: solo si sa che egli morì prima del marzo 1333, perché in un atto del 2 marzo di quell'anno, relativo alla vendita di alcuni poderi posti nel pian di Ripoli a Francesco del fu Alighiero degli Alighieri, la moglie di lui, Bartola del fu Guccio di messer Catalano degli Ubaldini, risultava già vedova. Il B. ebbe due figli: Iacopo, che partecipò alla nota congiura dei Bardi del 2 nov. 1340, per la quale fu bandito da Firenze, e Cella, che andò sposa a Bartolomeo di Iacopo dei Pulci.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Priorista fiorentino Mariani, I, C. 2; Ibid., Carte Pucci, II, ins. 23; Delizie degli eruditi toscani,a cura di Ildefonso di San Luigi, X, Firerìze 1778, p. 393; R. Piattoli, Codice diplomatito dantesco,Firenze 1950, pp. 220 s.; Istorie fiorentine di S. Ammirato con l'aggiunte di S. Ammirato il Giovane, II, Firenze 1824, p. 37; R. Davidsohn, Forschungen zur Geschichte von Florenz, IV, Berlin 1908, p. 570; A. Gherardi, L'antica Camera del Comune di Firenze in un quaderno d'uscita dei suoi camarlenghi dell'anno 1303,in Arch. stor. ital.,s. 4, XVI (1885), pp. 328 s.; R. Davidsohn, Geschichte von Florenz, III, Berlin 1912, p. 97; G. Salvemini, Magnati e Popolani in Firenze dal 1280 al 1295, 2 ediz., Torino 1960, p. 2 1, nota 2.