VITALE, Guido Amedeo (nome cinese Wei Dalei). – Nacque a Torre Annunziata (Napoli) il 28 novembre 1872, primogenito di quattro figli (Umberto, Riccardo e Concettina)
da Giuditta Napolitano e da Arturo Diodato, notabile, originario di Melfi e barone di Pontagio.
Il padre era un garibaldino eclettico, che compose poesie e testi letterari, anche in inglese e francese, apparsi sulla rivista Settimana di Matilde Serao.
Guido Amedeo compì gli studi di filologia orientale presso l’allora Regio Istituto Orientale, che nel 1888 era appunto divenuto un’istituzione accademica di impronta laica dedicata allo studio delle lingue orientali, ora Università degli studi di Napoli L’Orientale. Diplomatosi nel 1891, ebbe modo di studiare, seppure brevemente, con Lodovico Nocentini (1849-1910), il primo allievo interprete italiano presso la legazione di Shanghai, conoscitore della lingua scritta cinese, ma poco versato in quella parlata, divenuto professore di lingua cinese all’Istituto Orientale alla fine del 1890. Vitale nel 1892 a soli vent’anni – su segnalazione proprio di Nocentini, che probabilmente aveva visto in lui quel talento per la lingua parlata che a lui mancava –, partì per la Cina per prendere il suo posto come «interprete provvisorio».
Prese servizio a Pechino nel marzo 1893 e poco dopo, già a maggio, sicuro delle sue eccezionali doti linguistiche, pretese di essere valutato con un esame di lingua per diventare «interprete effettivo». La prova si svolse a Pechino l’1 e il 2 settembre 1893, con traduzioni all’impronta dall’italiano in cinese e dal cinese in francese, superate brillantemente e validate a Roma dal sinologo Carlo Valenziani; il 9 maggio 1894 Vitale giurò fedeltà in qualità di interprete di III classe di 1 categoria. Divenne ben presto il facile princeps di tutti i nostri interpreti cinesi, lodato per la sua «superlative linguistic capacity» come scrisse Daniele Varè, uno dei suoi capi missione a Pechino. Varè (1938) riporta anche il giudizio che di Vitale avrebbe dato l’Imperatrice vedova Cixi, reggente del principe Gong: «he was the only foreigner in Peking who spoke Chinese to perfection» (p. 95).
Insoddisfatto della sua posizione, Vitale chiese di essere promosso nel ruolo della carriera diplomatica, per il suo stato di servizio e le pubblicazioni. Dichiarò di conoscere ed essere pronto a farsi esaminare nelle seguenti lingue: francese, inglese, spagnolo, portoghese, romeno, tedesco, ungherese, russo, polacco, svedese, greco moderno, mongolo, arabo, turco e persiano. La sua richiesta fu respinta poiché non era laureato in legge, nonostante avesse anche retto per due volte la legazione di Pechino durante l’assenza del capo missione (nel 1896-97, per sette mesi e nel 1899 per tre mesi); restò inoltre sgomento nell’apprendere che sarebbe invece stato nominato interprete di I classe un altro allievo dell’Istituto Orientale, Eugenio Zanoni Volpicelli, dipendente delle dogane cinesi. Nel marzo del 1899 Vitale fu insignito dall’imperatore dell’onorificenza di II classe del secondo Ordine del Doppio Dragone (Shuanglong baoxing erdeng erji), al tempo solitamente conferita ai consiglieri di legazione dopo una reggenza in qualità di incaricati d’Affari.
Vitale lasciò Pechino per motivi di salute nel maggio 1899 e rientrò a Napoli, dove fu nominato assistente coadiutore provvisorio di lingua cinese presso l’Istituto Orientale (31 luglio 1900). Tuttavia, venne fatto rientrare rapidamente a Pechino a causa dello scoppio della rivolta dei Boxer. Sempre insoddisfatto della sua posizione e soprattutto del suo emolumento, rientrò ancora in Italia nel 1902 e accettò nuovamente la nomina di insegnante di cinese presso l’Istituto Orientale. Nel 1903 tentò ancora di farsi nominare console interprete, grazie alle lettere di raccomandazione di due deputati (Giuseppe Leone, 4 gennaio 1904 e Roberto Mirabelli, 20 giugno 1903: Roma, Archivio storico diplomatico del ministero Affari Esteri). Nuovamente in Cina, rientrò poi in Italia alla fine del 1907, sperando di avere la promozione a interprete di II classe, avendo problemi economici. Ottenne varie proroghe e nuovamente un insegnamento di cinese all’Orientale, prima di dover rientrare a Pechino nel 1909 insieme alla moglie cinese Maria Luisa Wang (nata nel 1891) e i suoi tre figli: Riccardo (nato a Pechino il 6 gennaio 1906), Maria (nata a Pechino il 13 febbraio 1907) e Arturo (nato a Napoli il 1° marzo 1909).
Finalmente, il 1° aprile 1910 Vitale fu nominato interprete di II classe e continuò a ricevere attestati di plauso e onorificenze per il suo servizio anche da parte di altre rappresentanze diplomatiche alle quali prestò le sue competenze linguistiche (Francia, Spagna e Germania). Chiese di essere nominato console a Tianjin o Shanghai o Hong Kong. Nel 1912 a Pechino il ministro plenipotenziario Carlo Sforza sollecitò Roma a dare a Vitale la carica di consigliere per poter interagire con il nuovo ministero degli Esteri cinese (Waiwubu), appena creato dopo la costituzione della Repubblica Cinese. Frattanto il 2 agosto 1912 Vitale comunicò la sua accettazione della proposta di ricoprire la cattedra di cinese, che gli era stata offerta con lettera del 7 agosto 1910 dal commendatore Enrico Cocchia, direttore del Regio Istituto Orientale, a decorrere dall’anno scolastico 1912-13. Intanto il 4 luglio 1913 Sforza comunicò a Roma che il presidente cinese Yuan Shikai aveva accettato la proposta da lui avanzata di nominare Vitale come adviser italiano presso il nuovo ministero degli Esteri cinese. Dopo alcuni mesi di conflitto personale fra la nuova posizione che gli avrebbe dato il prestigio tanto agognato e l’insegnamento a Napoli, nel novembre 1913 Vitale si decise a rientrare, tentando in ogni modo di restare comunque alle dipendenze del ministero degli Esteri, dal quale alla fine fu costretto a dimettersi. Il primo marzo 1914 fu nominato titolare della cattedra di lingua cinese presso il Regio Istituto Orientale. Si trasferì a Napoli con la moglie, il cognato Wang Yinlin e i figli (divenuti quattro con la nascita di Maria Giovanna, nata a Pechino il 13 giugno 1910).
Ancora nel 1915 Vitale venne proposto dal deputato Riccardo Ceci per ricoprire l’incarico vacante di ministro della legazione italiana a Pechino; la domanda venne inoltrata al presidente del Consiglio Antonio Salandra al quale rispose il ministro degli Esteri Sidney Sonnino, dichiarandone l’impossibilità, ai sensi di legge. All’Orientale oltre al cinese, tenne per un periodo l’incarico di russo e successivamente anche di giapponese. Negli anni 1916-17 fu direttore del Consiglio dei professori dell’Istituto.
Morì improvvisamente il 20 maggio 1918 colpito per errore da un guappo nella galleria Umberto I di Napoli.
Lasciò sei figli (nel frattempo erano nati altri due figli: Beatrice, nata a Pechino il 4 dicembre 1911 e Umberto, nato a Napoli il 22 settembre 1914), affidati alla madre Maria Luisa Wang e a suo fratello Giovanni Wang, ormai divenuti cittadini italiani. A gennaio 1919 i due Wang morirono per l’influenza spagnola, lasciando sei orfani minori, che ricevettero un sussidio straordinario dal ministero degli Esteri.
La bibliografia di Vitale non è particolarmente ampia, ma di grande valore. Nel 1896, poco dopo il suo arrivo a Pechino, pubblicò una raccolta di 170 poesie popolari cinesi con il testo annotato e la traduzione, con l’intento di offrire uno strumento per apprendere la lingua colloquiale; nella prefazione scrisse che da queste poesie sarebbe nata una nuova lingua letteraria, legata ai sentimenti popolari. Quasi trent’anni dopo, il principale promotore della riforma letteraria e linguistica cinese Hu Shi (1891-1962) – nel suo scritto Beijing de pingmin wenxue (Letteratura popolare di Pechino), apparso nel 1922 – indicò in quest’opera una delle sue principali fonti di ispirazione, per comprendere l’importanza della letteratura popolare, in vista del rinnovamento della lingua popolare (baihua) e l’abbandono della lingua cinese classica (wenyan). Sempre nell’intento di valorizzare la tradizione folklorica, Vitale nel 1901 pubblicò il volume Chinese merry tales, una raccolta di fiabe per bambini, ancora oggi considerata dagli studiosi come preziosa fonte di letteratura vernacolare. La medesima attenzione verso la lingua colloquiale dimostrò nella scelta del dialetto khalkhas, il più diffuso a livello orale, per la compilazione di una grammatica con vocabolario della lingua mongola, apparsa nel 1897. In Italia, sulle colonne della Tribuna, raccontò il vero volto della repressione delle forze occidentali in Cina, dopo la rivolta dei Boxer, che provocarono tanti lutti presso la popolazione cinese. Fece anche conoscere in alcuni articoli pubblicati in L’Italia coloniale la poesia cinese, allora quasi completamente sconosciuta in Europa e il teatro cinese nelle colonne della rivista napoletana Teatralia.
Opere. Chinese Folklore, Pekinese rhymes first collected and edited with notes and translation by Baron Guido Vitale, Chinese Secretary to the Italian Legation, Peking 1896, rist. a cura di G. Bertuccioli, Hong Kong 1972, recensione in Giornale della società asiatica italiana, X (1897), p. 215; Grammaire et vocabulaire de la langue mongole (Dialecte de Khalkhas), Peking 1897 (con il conte de Sercey); A first reading book for students of colloquial chinese - Chinese merry tales, Peking 1901 (rist. 1908), recensito da L. Nocentini, in Giornale della società asiatica italiana, XV (1902), p. 204 (trad. giapponese: Pekin no warabe uta / Guido Vitale, a cura di Mitsuko Seta - Eiko Baba, Tokyo 1986; trad. cinese: Hanyu kouyu chuji duben Beijing er ge, Beijing 2017). La corrispondenza relativa alla insurrezione dei Boxer, inviata dalla Cina al quotidiano La Tribuna con lo pseudonimo Il Pechinese, si trova ora in M. Fatica, The Boxer uprising seen through the reports sent by Guido Amedeo Vitale to the Italian newspaper “La Tribuna”, in A life journey to the East. Sinological studies in memory of Giuliano Bertuccioli (1923-2001), a cura di A. Forte - F. Masini, Kyoto 2002, pp. 263-278 (trad. cinese: Yidali “Luntan bao” zhong Wei Dalei guanyu Yihetuan de baodao, in Qing shi luncong, 2002, pp. 139-148; Poesia cinese, in Italia coloniale, II (1901), gennaio, pp. 5-12, anche in Annali Istituto Universitario Orientale di Napoli, 1937-1938, n. 10, pp. 213-220; Ombre cinesi, in Italia coloniale, II (1901), agosto, pp. 35-39; Leggenda mongola della morte di Bator Han e dei suoi scudieri (versione metrica), in Annuario Regio Istituto Orientale in Napoli, 1917-18, Napoli 1918, pp. 181-183.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio storico diplomatico del ministero Affari Esteri: serie XI, posizione 3, Dragomanni e guardie, paese: Cina, Pechino, f. Vitale di Pontagio; posizione IX - V2, f. 40, f. Vitale di Pontagio; Napoli, Regio Istituto Orientale, Deliberazioni consigliari 1895, vol. II; Delibere consiglio professori, 1900-1921; Deliberazioni del Consiglio d’Amministrazione, vol. VI, ff. 125-126; Archivio del personale dell’Orientale 1880-1970, p. 40; Archivio privato Vitale. Si veda inoltre, anche per altre importanti notizie biografiche: L. Muoio, I figli delle Muse. Arturo Vitale barone di Pontagio [...] e gli altri, Boscotrecase 2019, pp. 145-171.
B. Balbi, In memoria di G. V. (1872-1918), Brescia 1918; Hu Shi, Beijing de pingmin wenxue (Letteratura Popolare cinese), in Dushu zazhi (Rivista di Lettura), 1° ott. 1922, n. 2,. ora in Hu Shi wencun (Opere di Hu Shi), serie 2, Shanghai 1930, pp. 323-335; Chang Hui, Tan Beijing de geyao (Sulle canzoni di Pechino), in Geyao (Canzoni), 1924, n. 42, 7; D. Varè, The laughing diplomat, London 1938, pp. 92-95; G. Bertuccioli, An opinion of Hu Shih on an Italian sinologist, in East and West, IV (1953), 3, pp. 182-183; G. Ansaldo, Dizionario degli italiani illustri e meschini dal 1870 ad oggi, in Il Borghese, 1955, n. 9, pp. 354 s.; G. Licata, Notabili della Terza Italia, Roma 1968; Hung Chang-tai, Going to the people. Chinese intellectuals and folks literature (1918-1937), Cambridge (Mass.) 1985, pp. 18 s., 60; G. Bertuccioli, Per una storia della sinologia italiana: prime note su alcuni sinologhi ed interpreti di cinese, in Mondo cinese, 1991, n. 74, pp. 9-39; M. Fatica, Les massacres de Tianjin et de Pékin en 1900 racontés par G. A. V., in L. Durand, Souvenirs de la Campagne de Chine 1900-1902, Naples-Paris 2007, pp. 11-33; V. Amorosi - A. Tucci, La Cina non fu mai così vicina con G. A. V., in Nobiltà. Bimensile dell’Istituto araldico genealogico italiano, 2018, n. 146.