guidare
Il verbo è più usato del corrispondente sostantivo ‛ guida ' e ha un ambito semantico più vasto.
Il valore originario sembra essere quello sinonimo di " condurre ", " scortare ", che D. usa frequentemente: il suo viaggio ultraterreno richiede infatti una persona che sia al fianco del pellegrino e lo accompagni fino alla visione di Dio.
In molti casi il verbo si riferisce al compito, che Virgilio ha, di essere scorta... saputa e fida (Pg XVI 8), duca di D. attraverso l'Inferno e il Purgatorio. Spesso è il poeta stesso ad affermare la sua funzione di guida, esortando D. a fidarsi di lui e a rassicurarsi di fronte ai pericoli e ai dubbi: non credi tu me teco e ch'io ti guidi?, Pg III 24; Non dubbiar, mentr'io ti guido, XX 135; e XXVII 23, seguito da un predicativo. In altri due luoghi g., sempre riferito a Virgilio, compare in bocca a D.: Poeta che mi guidi, / guarda la mia virtù... (If II 10), e Questi che guida in alto li occhi miei, / è quel Virgilio... (Pg XXI 124; si osservi che, in questo caso, Virgilio guida gli occhi di D., non D. stesso).
Non più riferito a Virgilio, ma sempre in discorsi diretti, in If XII 98 (Chirón si volse... / e disse a Nesso: " Torna, e sì li guida... "); Pg I 43, VII 87. Analogamente, in Cv I XI 4 colui che è cieco de li occhi sensibili va sempre secondo che li altri [il guidano, o] male [o] bene (li altri giudicando lo male e lo bene, nella '21; giudicando lo male o lo bene, Simonelli).
In Cv IV VII 7 g. è al passivo: [il pellegrino] per sua industria... solo da sé guidato, per lo diritto cammino si va là dove intende (e cfr. XXVI 14 lo vecchio... quasi santa legge alcuna, dee giustamente sé guidare); si veda anche III I 1 non solamente vegghiando, ma dormendo, lume di costei ne la mia testa era guidato. Qui tuttavia, mancando il complemento d'agente, il senso del verbo varia leggermente: non tanto " condurre ", " fare da guida ", quanto piuttosto " introdurre ": ossia " introdursi ". Simile valore in Rime XLVIII 13 Lo qual ti guido erta pulcella nuda, / che ven di dietro a me: il poeta " introduce ", " presenta ", " accompagna " all'amico Lippo " la stanza che segue ".
In Pg XXVII 55 (Guidavaci una voce che cantava) si è già alquanto lontani dall'uso più proprio, e non tanto perché a ‛ guidare ' è qui una voce, e non una persona, bensì perché questa voce, nell'ardore del fuoco che i poeti debbono attraversare, " fa da punto di riferimento ", " aiuta a superare l'ostacolo ", a non perdersi, addirittura " attrae " e affascina, in senso buono, come la voce delle sirene, al contrario, dismaga, inganna e fa perdere la via (cfr. Pg XIX 20).
A quest'uso si può ricollegare Pd V 77, dove il papa è detto 'l pastor de la Chiesa che vi guida, poiché vi guida non significa solo " vi fa da guida " (idea già implicita nell'uso del vocabolo ‛ pastore '), ma anche " vi ammaestra ", e insieme " vi è di esempio " (cfr. Mn III XV 10 opus fuit homini... summo Pontefice, qui secundum revelata humanum genus perduceret ad vitam aecternam).
Il termine vale " aiutare ", " sorreggere ", " ispirare ", in Pd XVIII 12 la mente... non può redire / sovra sé tanto, s'altri non la guidi (Benvenuto: " memoria non potest referre quae intellectus videt supra vires suas... s'altri non la guidi, sicut divina gratia "; cfr. Pd I 7-9). Sempre " ispirare ", ma in senso più stretto, nelle due occorrenze di Pd XVIII 109 e 110 Quei che dipinge lì, non ha chi 'l guidi; / ma esso guida, e da lui si rammenta / quella virtù ch'è forma per li nidi (Benvenuto: " Deus creator... non facit sicut nostri pictores ad exemplar alterius, immo ab ipsius exemplari natura recipit quicquid agit ".
In due casi g. è nel senso di " dirigere ", " essere a capo ", " comandare ": If XXI 120 Barbariccia guidi la decina, e Pg XII 102 (San Miniato è la chiesa che soggioga / la ben guidata sopra Rubaconte: la città " ben governata " è, sarcasticamente, Firenze). L'accostamento a soggioga dà ragione del passaggio semantico dal valore di " scortare ", " indicare la via ", e poi " reggere ", " governare ", a quello di " tenere a freno ", " manovrare ", per cui si legittima l'impiego del verbo in frasi come il temo / che mal guidò Fetonte, che Fetonte non seppe " manovrare ", " tener saldo " (Pd XXXI 125), o in metafore come e più lo 'ngegno affreno ch'i' non soglio, / perché non corra che virtù nol guidi (If XXVI 22; " Si osservi... lo stretto rapporto tra affreno e corra, e poi guidi: tutte espressioni legate all'immagine della corsa equestre ", Petrocchi, ad l.). A questo proposito si veda anche Pd XXV 49 (quella pïa che guidò le penne / de le mie ali a così alto volo, per cui cfr. XV 54 colei / ch'a l'alto volo ti vestì le piume) e Cv IV XXVI 6 la ragione... guida quello [il cavallo che rappresenta l'appetito che irascibile e concupiscibile si chiama] con freno e con isproni, come buono cavaliere. Dunque g. è usato in riferimento ad animali o veicoli, e può quindi alludere a Venere che napea ben guidare i colombi trainanti il suo cocchio, e non aveva bisogno di cocchiere (Fiore CCXVII 14).
Pure nel Fiore troviamo l'uso intransitivo pronominale del verbo: sia in LVI 3 che in LXVIII 13 ‛ guidarsi ' vale " regolarsi ", " comportarsi ", con un prevalere del primo di questi due significati nel primo caso (il marinaio si guid'e' per tramontana) e del secondo nell'altro (Amico, mal ti guidi.).