GUGLIELMO
Non si conoscono l'origine e la formazione di questo artista, documentato nel terzo quarto del XII secolo nell'ambito del cantiere del duomo di Pisa, in passato erroneamente ritenuto tedesco (Vasari) o identificato con Fra Guglielmo. Nel cantiere pisano G. dovette avere un ruolo centrale, pari a quello del suo predecessore Rainaldo e ai successivi artisti Buonanno e Biduino.
L'unica sua opera attestata con chiarezza dalle fonti è il pergamo del duomo di Pisa, firmato e datato 1159-62, donato a Cagliari nel 1311 o 1312 (le fonti seguono il computo di Pisa) per fare posto a quello di Giovanni Pisano, eseguito già entro il 1310.
Il passaggio da Pisa a Cagliari non fu motivato soltanto dalla necessità di sostituire quel pergamo con uno più aggiornato artisticamente, ma anche da questioni politiche richiamate in parte da un'iscrizione perduta, ricordata dalle fonti. La cessione era infatti un modo per ribadire il legame politico fra i due centri, forte fin dall'XI secolo ma minato da una bolla di Bonifacio VIII che nel 1297 aveva concesso al re d'Aragona l'investitura, seppur simbolica, del Regno di Sardegna. La presenza nell'iscrizione del nome dei castellani pisani in carica e l'asserita esultanza del Comune pisano per avere scampato il pericolo di perdere il dominio della Sardegna (secondo l'analisi di Banti, 1983) potrebbero confermare questa interpretazione.
Nell'ambito dei lavori di rinnovamento del duomo di Cagliari, tra 1669 e 1674, il pergamo a cassone unico (con rilievi raffiguranti la Visitazione, l'Annunciazione e altre Scene della vita di Gesù) fu smembrato e ricomposto in due cantorie addossate alla controfacciata. I quattro leoni reggicolonna su cui poggiava originariamente il pergamo furono invece collocati nel presbiterio. Il lavori del Seicento a Cagliari portarono anche alla distruzione dell'iscrizione che un tempo correva sotto il pulpito e che lo attestava come opera di G., il che ha alimentato per lungo tempo l'ipotesi che il pergamo fosse stato fatto direttamente per Cagliari e che quello di Pisa fosse andato perduto. Solo nel 1902 fu rinvenuto da Scano un frammento di tale iscrizione, che fu collegato alle effettive vicende dell'opera. La scarsa conoscenza delle medesime aveva anche portato a identificare G. con Fra Guglielmo, attivo nei cantieri di Nicola Pisano circa un secolo dopo.
Se è documentato dalle fonti l'originario assetto del pulpito nella cattedrale di Cagliari, più problematica appare la ricostruzione ipotetica dell'opera all'interno del duomo di Pisa, attorno alla quale è ancora aperto il dibattito. In particolare le ultime ipotesi propendono per un pergamo a cassone unico, collocato su colonne policrome nello stesso luogo ove fu poi posto quello di Giovanni Pisano, ossia a destra dell'altare maggiore. Le lastre erano forse disposte in una sequenza non storica ma liturgica (Calderoni Masetti, 2000), legata dunque alla funzione del pergamo come luogo della proclamazione liturgica nonché palcoscenico della vita civile e politica della città (Antonelli, 1999).
Altra questione è quella del riconoscimento delle maestranze che lavorarono all'opera sotto la direzione del maestro. Maltese (1962), in particolare, riconosce la presenza di altri due collaboratori oltre a Guglielmo. Uno dei due potrebbe essere identificato con l'autore del pulpito del duomo di Volterra, l'altro con quello del fonte battesimale della pieve di Calci, in provincia di Pisa.
La fama e l'autorevolezza di G. presso i contemporanei sono confermate anche dalla collocazione della sua sepoltura alla base della facciata del duomo pisano, vicino alla tomba di Buscheto, e accompagnata da un'epigrafe (originale nel Museo dell'Opera del duomo di Pisa) che ricorda la sua opera più significativa, il pergamo della medesima cattedrale: "Sepultura Guilielm[i m] / agistri qui fecit pergum Sancte Marie". L'apprezzamento dei contemporanei era ben noto anche a G., il quale firmando quell'opera si definiva tra i più insigni fra i moderni, come attestava la già ricordata iscrizione del pergamo. La quale forniva, oltre alla datazione del pergamo, concluso nel 1162 dopo quattro anni di lavoro, una più chiara definizione degli anni di attività di G., attestata anche da un documento del 1° genn. 1165, conservato nell'Archivio di Stato di Pisa, che regola la collaborazione tra G., e un meno stimato Riccio, e i loro operai nell'ambito dell'Opera del duomo. All'epoca G. doveva essere già in età matura, tant'è che di lì a poco, come si deduce dall'evoluzione stilistica della fabbrica, iniziarono a lavorare nuove maestranze. Sulla base di questa cronologia l'attribuzione a G. (Vasari) della decorazione scultorea del campanile, iniziato solo nei primi anni Settanta del secolo, è da ritenersi infondata.
Resta comunque scarsamente definito il ruolo di G. nell'ambito del cantiere del duomo di Pisa, e anche il documento del 1165 se ne attesta una posizione centrale, non ne specifica l'intervento, a eccezione dell'esecuzione di alcune sepolture (Calderoni Masetti, 2000). Non è escluso, in realtà, che G. sia stato anche architetto oltre che direttore della parte scultorea; e Sanpaolesi (1956-57, p. 264) ipotizza la sua presenza già attorno al 1140-50. La mano di G. e delle sue maestranze, tra cui forse quella di Biduino, è riconosciuta su basi stilistiche a partire dal primo loggiato sopra quello di ingresso fino a quasi al sommo della facciata e nei matronei. È stata anche supposta la progettazione ed esecuzione da parte del cantiere di G. dell'intero assetto del presbiterio. Il termine "pergum" infatti all'epoca non significava solo il cassone atto alla proclamazione liturgica, ma anche il recinto presbiteriale al quale era annesso. Quest'ultimo, smembrato, era costituito fra l'altro di lastre marmoree finemente intarsiate con elementi floreali a rilievo e marmi policromi composti in figurazioni geometriche, basate sull'intersecazione di quadrati e cerchi. Ne rimangono dieci conservate tra il battistero, dove decorano l'altare, e il Museo dell'Opera del duomo di Pisa. Di esse alcune sono state scolpite sul retro del fregio in marmo proconnesio proveniente dalla basilica Neptuni di Roma (Baracchini - Fileri, in Niveo de marmore, 1992, pp. 111-119).
Per il carattere innovativo l'opera di G. fu il modello per una serie di pulpiti ed elementi di decorazione architettonica sparsi per la Toscana occidentale, molti realizzati dalle stesse maestranze che con lui avevano lavorato nel cantiere di Pisa. Vicini alla sua maniera sono, per esempio, le lastre superstiti del pulpito romanico nel duomo di Pistoia (Nicco Fasola, 1946; Salvini, 1964; Antonelli, 1997) e il pulpito del duomo di Pescia (Antonelli, 1999).
Quanto alla formazione di G. rispetto alle interpretazioni iniziali, che lo facevano dipendere direttamente dalle scuole tedesca, provenzale o lombarda (della maniera di Wiligelmo), la critica ora propende per una formazione strettamente pisana, nell'ambito del cantiere di Rainaldo. In comune con quest'ultimo G. ha l'attenzione all'arte antica e paleocristiana: una costante a Pisa, dove numerosi sono i pezzi originali di quell'arte noti nel XII secolo e in parte reimpiegati nella stessa cattedrale; tuttavia la sua lettura è innovativa per il forte plasticismo, la solennità e la dinamicità chiaroscurale fino a quel momento inediti. Comune ai due è anche una forte influenza dell'arte orientale e islamica, specie di area spagnola, nordafricana e siriaca. Si tratta di una componente estremamente importante, sottolineata con numerosi e precisi confronti da Sanpaolesi (1956-57). Opere d'arte di manifattura originale islamica, come d'altra parte anche elementi scultorei realizzati da artisti provenzali, facevano parte della decorazione del duomo pisano (oggi si conservano nel Museo dell'Opera del duomo). Nuovo è invece il riferimento ad alcuni moduli iconografici e stilistici bizantini, che rendono G. una figura chiave nella diffusione successiva di questi modelli, a opera di Buonanno e Biduino (Baracchini - Fileri, in Niveo de marmore, 1992, pp. 111-119).
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite… (1568), a cura di G. Milanesi, I, Firenze 1878, pp. 273 s.; G. Spano, Amboni dell'antica cattedrale di Cagliari, in Bull. archeologico sardo, II (1856), pp. 65-67; G. Milanesi, Documenti inediti dell'arte toscana dal XII al XVI secolo…, in Il Buonarroti, s. 2, XIV (1880), 5, p. 143; J. De Laurière, Les ambons de la cathédrale de Cagliari, in Bulletin monumental, LVIII (1893), pp. 219-243; G. Milanesi, Nuovi documenti per la storia dell'arte toscana dal XII al XV secolo, Roma 1893, p. 1; E. Brunelli, Appunti sulla storia dell'arte in Sardegna: gli amboni del duomo di Cagliari, in L'Arte, IV (1901), pp. 59-67; D. Scano, A proposito del pulpito pisano dell'antica cattedrale di Cagliari, ibid., pp. 204-207; Id., La cattedrale di Cagliari, una pagina d'arte pisana, Cagliari 1902, pp. 30 s.; Id., Scoperte artistiche in Oristano. Contributo alla storia dell'arte in Sardegna, in L'Arte, VI (1903), pp. 15 s.; I.B. Supino, Arte pisana, Firenze 1904, pp. 150 s.; A. Venturi, L'arte romanica, in Storia dell'arte italiana, III, Milano 1904, pp. 920-938; T. Casini, Le iscrizioni sarde del Medioevo, in Arch. stor. sardo, I (1905), pp. 313-315 n. 8, 344 s. n. 47; D. Scano, L'antico pulpito del duomo di Pisa scolpito da Guglielmo d'Innspruck, Cagliari 1905; W. Biehl, Kunstgeschichtliche Streifzüge durch Sardinien, in Zeitschrift für bildende Kunst, n.s., XLVIII (1913), pp. 26-32, 51; P. Toesca, Storia dell'arte italiana, I, IlMedioevo, II, Torino 1927, pp. 808-812; M. Salmi, La scultura romanica in Toscana, Firenze 1928, pp. 77-97; R. Zech, Meister Wilhelm von Innsbruck und die pisaner Kanzel im Dome zu Cagliari, Bottrop 1935; G. Nicco Fasola, Scultura romanica alla mostra di Pisa, in Belle Arti, I (1946), 2, pp. 88-101; P. Sanpaolesi, La facciata della cattedrale di Pisa, in Riv. dell'Istituto di archeologia e storia dell'arte, n.s., V-VI (1956-57), pp. 248-395, in partic. pp. 255-272, 322-383 e passim; C. Sheppard, Romanesque sculpture in Tuscany: a problem of methodology, in Gazette des beaux-arts, LIV (1959), pp. 97-108; M. Weinberger, Nicola Pisano and the tradition of Tuscan pulpits, ibid., LV (1960), pp. 129-146; C. Maltese, Arte in Sardegna dal V al XVIII secolo, Roma 1962, pp. 200 s., nn. 19-21; R. Salvini, La scultura romanica pistoiese, in Il romanico pistoiese nei suoi rapporti con l'arte romanica dell'Occidente. Atti del I Convegno internazionale di studi medioevali di storia e d'arte, Pistoia-Montecatini Terme…1964, Pistoia 1966, pp. 168-179; C. Maltese - R. Serra, Episodi di una civiltà anticlassica, in Sardegna, Milano 1969, pp. 221-226; P. Sanpaolesi, Il duomo di Pisa e l'architettura romanica toscana delle origini, Pisa 1975, pp. 193-195; O. Banti, Epigrafi e propaganda politica ai primi del Trecento, in Quaderni ticinesi di numismatica e antichità classiche, XII (1983), pp. 257-276; A. Caleca, Architettura e scultura romaniche, in Il duomo di Pisa, il battistero, il campanile, a cura di E. Carli, Firenze 1989, pp. 21 s.; Italia romanica, X, La Sardegna, R. Serra, Il pergamo di G. nella cattedrale a Cagliari, Milano 1989, pp. 113-135; R. Coroneo, Il pergamo di G., in R. Serra, Pittura e scultura dall'età romanica alla fine del '500, Nuoro 1990, p. 39 n. 13; R. Serra, ibid., pp. 37-46; Niveo de marmore. L'uso artistico del marmo di Carrara dall'XI al XV secolo (catal., Sarzana), a cura di E. Castelnuovo, Genova 1992, pp. 99-101, 111-129, 138-140; I marmi di Lasinio. La collezione di sculture medioevali e moderne del Camposanto di Pisa (catal., Pisa), a cura di C. Baracchini, Firenze 1993, pp. 146-148, 153-155, 165 s., 169-172, 184-186, 314 s. PL2(con bibl. precedente), 315 s. PL3 a-b; A.R. Calderoni Masetti, L'abside dell'altare maggiore del duomo di Pisa dalle origini al Quattrocento, in La tribuna del duomo di Pisa, capolavori di due secoli (catal., Pisa), a cura di R.P. Ciardi, Milano 1995, pp. 13-21; Il duomo di Pisa, a cura di A. Peroni, Modena 1995, passim; R. Serra, G., in Enc. dell'arte medievale, VII, Roma 1996, pp. 152-155 (con bibl. precedente); A. Antonelli, Sul pergamo di G. nel duomo di Pistoia: problemi vecchi e nuovi, in Antichità viva, XXXVI (1997), 5-6, pp. 36-48; Id., Sculture del secolo XII: il pulpito medioevale della pieve di Pescia, Pisa 1999; Pulpiti medioevali toscani. Atti della Giornata di studio, Firenze… 1996, a cura di D. Lamberini, Firenze 1999, pp. 77-94, 163 s.; A.R. Calderoni Masetti, Il pergamo di G. per il duomo di Pisa, oggi a Cagliari, Pontedera 2000; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XV, p. 308.