SANDIGLIANO, Guglielmo
– Nacque nei primi anni del Quattrocento da Domenico, cosignore di Sandigliano, in area biellese; sono noti i nomi dei fratelli Antonio ed Emiliano.
Attraverso il matrimonio con Beatrice di Bongiovannone Vialardi, dalla quale non sembra avere avuto figli, allacciò solidi legami con l’altra famiglia titolare della signoria su Sandigliano.
Il consortile fu investito di parte di Sandigliano, Borriana e Beatino dal duca di Savoia Ludovico nel 1446, quando, abbandonata la fedeltà ai Visconti, i Sandigliano si riavvicinarono ai Savoia. Dalla seconda metà del Quattrocento questa famiglia espresse diversi giuristi e medici, alcuni dei quali insegnarono nello Studio di Torino, e suoi membri fecero parte della magistratura subalpina.
La formazione giuridica di Sandigliano ebbe luogo, forse integralmente, presso l’Università di Pavia, come indicano i cenni allo Studio lombardo in alcune sue orazioni accademiche. A partire dal 1439 è documentato con la qualifica di doctor utriusque iuris, iniziando probabilmente in quell’anno a insegnare diritto presso l’Università di Torino: nel 1464, infatti, quando fu nominato cancelliere di Savoia, viene ricordato che era stato per venticinque anni professore di diritto civile e canonico nello Studio torinese. Dalla fine degli anni Cinquanta risulta, inoltre, appellato nella documentazione come comes legum, titolo nobiliare concesso al docente con venti anni di attività, secondo quanto prevedeva, per prescrizione acquisitiva, il diritto romano. Tenne, con una certa continuità, la lettura ordinaria di diritto civile a Torino dal 1445 al 1467, ricoprendo ulteriori incarichi negli anni seguenti, come, per esempio, nel 1470; nei rotoli degli insegnamenti, conservati per gli anni Cinquanta, lo stipendio assegnato al giurista era tra i più elevati, attestandosi sulla cifra di 350 fiorini. Immatricolato nel collegio dei dottori giuristi di Torino, tra il 1445 e il 1462 partecipò saltuariamente fra i doctores esaminatori a esami di laurea in diritto.
Malgrado non sia rimasta traccia della sua produzione scientifica, la sua competenza in campo civilistico era certamente elevata e riconosciuta, come indicano alcuni suoi consilia sulla scribania iudicature del Comune di Torino (1448) e un consilium espresso in una causa matrimoniale, databile agli anni Cinquanta.
Partecipò a diversi arbitrati, per esempio nel marzo 1461, quando, con il collega Cristoforo Nicelli, compose le vertenze sorte tra i signori e la comunità di Revigliasco, operando poi nella revisione degli statuti della stessa località; sono inoltre note diverse sue sentenze pronunciate durante la presidenza alle Supreme generali udienze. I ricordati discorsi accademici, insieme ad altri indirizzati alla famiglia ducale – conservati, con alcune orazioni più tarde del giurista Niccolò Balbo, nel manoscritto Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Patetta 2218 – rivelano una raffinata retorica e una chiara apertura agli studi umanistici.
Alla sua preparazione culturale fece ricorso il duca Ludovico di Savoia nel settembre 1456, quando, lodandone la dottrina nel diritto e nelle artes liberales, lo assunse, con il notevole stipendio annuo di 200 fiorini di piccolo peso, in qualità di principalis maestro e precettore dei suoi figli, i protonotari apostolici Pietro e Giovanni Ludovico, in procinto di iniziare gli studi giuridici all’Università di Torino.
Sempre negli anni Cinquanta fu in contatto epistolare con Giovanni Mario e Senofonte, figli dell’umanista Francesco Filelfo; Giovanni Mario Filelfo gli dedicò anche alcuni versi, conservati, insieme alle epistole, nel citato manoscritto vaticano, Patetta 2218 (cc. 80v, 83rv, 88rv). L’orientamento culturale di Sandigliano è comune a quello di altri importanti giuristi e uomini politici piemontesi, tra cui Pietro Cara, che ebbero un ruolo decisivo nell’inserimento della città di Torino nella più aggiornata cultura del tempo, creando le premesse per un’apertura degli studi giuridici subalpini, nei primi decenni del Cinquecento, alle nuove suggestioni interpretative e agli interessi filologici ed eruditi del mos gallicus, affermatosi soprattutto Oltralpe.
Sandigliano esercitò la libera professione a Torino, dove ebbe anche incarichi nell’amministrazione cittadina, ma principalmente offrì le sue competenze giuridiche e la sua oratoria alle strutture dell’amministrazione ducale e alla politica del principe, affiancandosi ad altri legum doctores di area vercellese (quali gli Avogadro, gli Scaravelli, i Confienza, i Buronzo) a formare un compatto gruppo attivo nella docenza dello Studio torinese e negli organismi di governo del ducato. Nel 1456 entrò a far parte del Consilium Taurini residens, suprema istanza giudiziaria della parte italiana del ducato. L’ingresso nel Consiglio ducale e la sua successiva carriera devono essere inquadrati nel processo di consolidamento della presenza piemontese nello Stato sabaudo messo in atto da Ludovico di Savoia negli anni immediatamente seguenti la soluzione della vertenza tra la casa ducale e il re di Francia Carlo VII, il quale mirava a estendere l’egemonia della monarchia francese sul principato alpino.
La stretta collaborazione della famiglia Sandigliano con la casa ducale trova riscontro nelle ripetute infeudazioni e nei doni di terre nell’età di Ludovico a favore del consortile. Lungo questa linea si articolano le successive tappe del brillante cursus honorum di Sandigliano, che salì ai vertici dell’apparato di governo sabaudo, ottenendo incarichi a organi con competenza generale sugli interi Stati.
Nell’ottobre del 1459 venne nominato presidente della Suprema et generalis audientia, succedendo al corregionale Francesco Tomatis, e tenne la carica sino al 1464 con il notevolissimo stipendio di 500 fiorini. Fu inviato come oratore e ambasciatore a Roma, presso il papa, nel dicembre 1459 e nel luglio 1461, e, nell’estate dello stesso anno, a Venezia. Nell’aprile 1464 venne nominato reggente della Grande Cancelleria e, nel giugno, vicecancelliere; il 16 gennaio 1465, pochi giorni prima della morte di Ludovico di Savoia, fu definitivamente designato cancelliere, subentrando a Jean de Compey, caduto temporaneamente in disgrazia per la sua attiva adesione alle iniziative di Carlo VII nel ducato. Sandigliano tenne l’importante carica nei difficili mesi di avvio del governo del duca Amedeo IX, marito della sorella di Luigi XI, che non proseguì la politica paterna a favore della nobiltà piemontese, concedendo invece ampi margini di azione ai francofili savoiardi e alla componente francese del suo entourage. Già nel maggio del 1465 Sandigliano venne perciò rimosso dalla Grande Cancelleria, assegnata a Giovanni Michaelis, un vercellese che aveva realizzato gran parte della sua carriera nei quadri politici in Savoia.
Nell’ultima parte della sua vita Sandigliano continuò comunque a mantenere solide relazioni con la corte sabauda. Nel dicembre 1466 fu inviato a Roma da Amedeo IX per un’ambasciata e, negli anni Sessanta e Settanta, assunse frequenti e importanti incarichi nelle assemblee degli Stati della ‘Patria cismontana’. Fece parte del piccolo drappello di piemontesi, quasi tutti noti giureconsulti, nominati nel 1468, dietro istanza degli Stati di tutto il dominio sabaudo, per rappresentare questi ultimi nei consigli ducali. Ricoprì anche la carica di presidente dell’assemblea degli Stati nell’aprile 1472, quando, a Vercelli, l’assemblea rese nota la reggenza della duchessa Iolanda di Francia. Nel 1468 fu, inoltre, giudice di Ivrea e luogotenente del vicario ducale.
I suoi beni erano soprattutto localizzati nell’area di origine della famiglia, dove, nel 1462, insieme ai fratelli risulta avere il patronato della chiesa di S. Maria in Sandigliano; dagli anni Cinquanta incrementò anche i beni posseduti in Torino, che restarono a lungo indivisi dopo la sua morte. La moglie Beatrice è ancora attestata in vita nel 1464, ma, nella divisione dell’eredità di Sandigliano, la vedova risulta essere Benedetta di Val San Martino, sposata in seconde nozze, la quale, da un precedente matrimonio, aveva avuto un figlio, Ludovico, già maggiorenne nel 1488. Nel giugno 1475 Sandigliano fece stendere l’inventario dei suoi beni, consegnato al suo procuratore Bartolomeo di Buronzo nel settembre 1476.
Dettò il suo ultimo testamento nell’ottobre 1477, stabilendo suoi eredi la moglie Benedetta (ancora in vita nel 1497) e i nipoti Sigismondo, anch’egli giurisperito, e Giovanni Pietro. Era certamente defunto il 3 giugno 1478, quando Sigismondo richiese la redazione dell’inventario dei beni dei nipoti eredi di Guglielmo, di cui era tutore.
Fonti e Bibl.: Numerose notizie biografiche si ricavano dall’archivio privato della famiglia: Archivio di Stato di Biella, Morra di Sandigliano, Pergamene (cfr. le pergamene degli anni 1439-97); Archivio di Stato di Torino, Corte, Materie ecclesiastiche, Regolari diversi, Torino, Agostiniani, m. 2; Materie giuridiche per categorie, Gran Cancelleria, m. 1 non inv.; Materie politiche per rapporto all’interno, Lettere di particolari, lettera S, m. 24, Sandigliano Guglielmo; Protocolli ducali, prot. 82, c. 320v; prot. 98, cc. 375r-376r, 390r, 454r-455r, 464r, 517r; prot. 99, c. 46r; prot. 110, c. 5; prot. 115, c. 147r; Protocolli camerali, prot. 50, c. 189r; prot. 53, c. 33r; prot. 138, passim; Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Patetta 2218; Torino, Archivio storico della città, Ordinati, 1446, vol. 71, cc. 33r-34v; Collezioni, V, 1076, c. 19v; 1099, c. 66r; 1141, c. 129r; Carte sciolte, 3616, I, cc. 16r-19r; II, c. 24r; IV, c. 1r; Statuta antiqua et nova venerandi sacrique Collegii iurisconsultorum Augustae Taurinorum, Torino 1680, p. 188.
Cariche del Piemonte e paesi uniti [...] dal fine del secolo decimo sino al dicembre 1798, a cura di G. Galli della Loggia, I, Torino 1798, pp. 28 s., 77-79; C. Dionisotti, Notizie biografiche dei Vercellesi illustri, II, Biella 1862, p. 193; G.B. Rossano, Cartario della prevostura poi abazia di Rivalta Piemonte fino al 1300, Pinerolo 1912, pp. 302-304, doc. 225; F. Patetta, Di Niccolò Balbo professore di diritto nell’Università di Torino e del “Memoriale” al Duca Emanuele Filiberto che gli è falsamente attribuito, in Studi pubblicati dalla Regia Università di Torino nel IV Centenario della nascita di Emanuele Filiberto, Torino 1928, pp. 423-476; L. Borello - M. Zucchi, Blasonario biellese, Torino 1929, pp. 101 s.; A. Tallone, Parlamento Sabaudo, III, Bologna 1929, p. 441, doc. 1674; IV, 1931, p. 460, s.v.; VIII, 1935, pp. LXXXI, XCVIII; IX, 1937, p. 668, s.v.; E. Bianco di San Secondo, Statuti di Revigliasco Torinese, Torino 1933, p. 15; A. Manno, Il patriziato subalpino. Notizie di fatto storiche, genealogiche, feudali ed araldiche desunte da documenti, XXVI, s.l. 1947 (dattiloscritto), p. 134; L. Marini, Savoiardi e Piemontesi nello Stato Sabaudo (1418-1601), I, (1418-1536), Roma 1962, p. 425, s.v.; P. Torrione - V. Crovella, Il Biellese. Ambiente, uomini, opere, Biella 1963, pp. 417-419; E. Bellone, Il primo secolo di vita della Università di Torino (sec. XV-XVI). Ricerche ed ipotesi sulla cultura nel Piemonte quattrocentesco, Torino 1986, pp. 110 s., 167; Id., Discorsi per lauree in diritto all’Università di Torino tra Quattrocento e Cinquecento e ‘curricula studiorum’, in Studi piemontesi, XVI (1987), pp. 419-428; P. Rosso, “Rotulus legere debentium”. Professori e cattedre all’Università di Torino nel Quattrocento, Torino 2005, p. 242, s.v.; Insignia doctoralia. Lauree e laureati all’Università di Torino tra Quattro e Cinquecento, a cura di I. Naso - P. Rosso, Torino 2008, p. 329, s.v.; E. Mongiano, Guglielmo di Sandigliano, in Dizionario biografico dei giuristi italiani (XII-XX secolo), I, Bologna 2013, p. 1088.