REISS ROMOLI, Guglielmo
REISS ROMOLI, Guglielmo. – Nacque a Trieste il 12 aprile 1895 con il nome di Willy Reiss, da Samuele, commerciante israelita di origine galiziana, e da Carolina Franchet.
Dopo aver conseguito la maturità classica presso il liceo Dante Alighieri di Trieste, nel 1914 intraprese gli studi giuridici all’Università di Padova. Irredentista militante, aderì all’Associazione nazionalista italiana fondata da Luigi Federzoni ed Enrico Corradini.
Allo scoppio della prima guerra mondiale rifiutò la chiamata alle armi dell’Austria-Ungheria e si arruolò volontario nel Regio esercito, italianizzando il proprio nome in Guglielmo e adottando il doppio Reiss Romoli (approvato dal Commissariato generale civile di Trieste con decreto 9 ottobre 1919). Inquadrato nel 1° reggimento Granatieri di Sardegna, il 24 maggio 1917 fu gravemente ferito a una gamba durante i combattimenti sul monte Cengio; nello stesso giorno perse la vita il fratello Giorgio, tenente medico del medesimo reggimento. Al termine del conflitto entrambi i fratelli furono decorati con medaglia d’argento al valor militare.
Nel dopoguerra fu assunto dalla Banca italiana di sconto (sorta nel 1914 con espliciti orientamenti nazionalisti) e poi dalla Banca nazionale di credito, costituita nel 1922 per gestirne la liquidazione quando divenne evidente la crisi di liquidità provocata dai legami con l’Ansaldo.
Il 4 novembre 1922 sposò a Londra Kathleen E. Martin (nata in California il 5 dicembre 1897).
Nel 1929 entrò quindi alla Banca commerciale italiana (Comit) e per circa un anno fu distaccato all’Azienda comunale di elettricità, gas e acqua di Trieste. Nel 1930-31 la Comit gli affidò il primo incarico importante: il risanamento della torinese Società italiana per il gas (Italgas), in dissesto per la mancata riconversione postbellica e la discutibile gestione finanziaria del presidente Rinaldo Panzarasa.
Nel 1932 iniziò a lavorare come dirigente per la Società finanziaria industriale italiana (Sofindit), che dal 1923 gestiva le partecipazioni azionarie della Comit in imprese industriali, e l’anno successivo attuò il loro smobilizzo nel passaggio all’Istituto per la ricostruzione industriale (IRI).
Reiss Romoli fu quindi incaricato della riorganizzazione delle società telefoniche concessionarie del servizio per l’Italia settentrionale (STIPEL - Società Telefonica Interregionale Piemontese E Lombarda, TELVE - Società TELefonica delle VEnezie, TIMO - Telefoni Italia Medio Orientale), sino ad allora controllate dalla Società idroelettrica piemontese (SIP). Sulla base del suo lavoro preparatorio, l’IRI acquisì le azioni delle tre aziende telefoniche e le conferì alla Società torinese per l’esercizio telefonico (STET), la sua prima finanziaria di settore. Fondata nel 1933 con compiti sia tecnico-economici sia di approvvigionamento dei mezzi finanziari, la STET era presieduta in quegli anni da Ugo Bordoni, apprezzato studioso di fisica e docente universitario. Il suo capitale sociale, pari a 400 milioni di lire, fu costituito con l’emissione di obbligazioni IRI garantite dallo Stato e convertibili in azioni della stessa STET. Al termine delle conversioni il 42% del capitale risultò essere di azionisti privati e la STET rappresentò in tal modo un modello del rapporto pubblico/privato che fu alla base della ‘formula IRI’: l’Istituto si assicurava il controllo del settore aprendo al contempo alla partecipazione del capitale privato. In quegli anni Reiss Romoli acquisì una duplice competenza, unendo alla preparazione finanziaria la capacità di gestione di imprese industriali nel settore dei servizi a rete.
Nel 1935 fu nominato direttore della sede di New York della Comit, con il difficile compito di cedere le attività delle varie Banca Commerciale Trust Companies (BCTrusts), con sedi a Boston, Filadelfia e New York, colpite dalla grande crisi del mercato finanziario statunitense. Reiss Romoli avrebbe dovuto convogliarne gli affari nella sede da lui diretta, ma la normativa statunitense vietava alle agenzie di banche estere la raccolta di depositi e l’intrattenimento di rapporti fiduciari con cittadini americani. Per non perdere clienti e affari ipotizzò accordi con altri istituti, ma questa proposta non fu apprezzata dall’amministratore delegato della Comit Raffaele Mattioli, cosicché Reiss Romoli presentò le dimissioni, poi ritirate. Nel 1939 le attività delle BCTrusts furono infine trasferite alla Manufacturers Trust Co. di New York e Reiss Romoli rimase al suo posto di direttore a New York anche dopo il termine dell’operazione, malgrado le pressioni effettuate dalle autorità italiane sulla Comit affinché rimuovesse il dirigente di origini ebraiche, in ottemperanza alle norme di discriminazione razziale introdotte dal governo dal 1938 (Roma, Archivio centrale dello Stato, IRI, AU, STO/481). Nonostante le divergenze sulla questione delle BCTrusts, Mattioli difese l’operato di Reiss Romoli in coerenza con l’azione svolta in quegli anni dalla Comit che, per tutelare i propri funzionari di origine ebraica – ad esempio, Antonello Gerbi, Giorgio Di Veroli e altri ancora –, affidava loro incarichi all’estero.
Nel dicembre del 1941, in seguito alla dichiarazione di guerra dell’Italia agli Stati Uniti, la filiale di New York della Comit fu posta sotto sequestro dalle autorità statunitensi e Reiss Romoli fu internato nella prigione di Ellis Island in quanto suddito di uno Stato nemico. Nel maggio del 1942 fu inserito nel primo scambio di prigionieri con cittadini americani sorpresi in Italia dallo scoppio delle ostilità. Ritornato in Italia, dove erano ormai in atto le persecuzioni antisemite, tentò di arruolarsi come volontario nel 1° reggimento Granatieri di Sardegna per partecipare alla seconda guerra mondiale. Questa scelta, invero sorprendente, appare spiegabile solo con la sua accesa fede nazionalista. Egli coltivava forse l’illusione che il suo passato di combattente decorato, la conversione al cattolicesimo e l’adesione al fascismo sin dal marzo 1919 potessero evitargli le discriminazioni razziali, ma Benito Mussolini respinse recisamente tale richiesta nonostante gli interventi in suo favore del principe ereditario e del vicepresidente della sezione Scienze fisiche, matematiche e naturali dell’Accademia d’Italia Giancarlo Vallauri (Roma, Archivio centrale dello Stato, Segreteria particolare del duce, f. 550820). Dal 1943 al 1945, Reiss Romoli fu quindi costretto a nascondersi presso amici per sfuggire all’internamento e alla deportazione.
Anche i primi mesi del dopoguerra furono difficili: i vertici della Comit accolsero con freddezza le sue richieste di reintegro ed egli non accettò gli incarichi proposti in alternativa. Nel 1946 il presidente della STET Bordoni lo propose come direttore generale. Ottenuto l’incarico, Reiss Romoli si impegnò nella ricostruzione del sistema telefonico italiano e nel suo ampliamento, richiesto dalla crescita urbana di quegli anni, raggiungendo nel 1952 l’obiettivo di collegare tutti i comuni alla rete telefonica nazionale. Pose molta attenzione anche alle iniziative per la formazione del personale: nel decennio 1950-60 la scuola aziendale STIPEL organizzò 178 corsi, frequentati da oltre 6000 allievi.
L’esperienza professionale e la visione acquisita negli Stati Uniti spinsero Reiss Romoli a curare in particolare gli aspetti finanziari. Potenziando la formula di compartecipazione tra pubblico e privato sperimentata già nel 1933, aumentò periodicamente il capitale sociale della STET e ne ampliò la base azionaria grazie anche al coinvolgimento dei dipendenti: negli anni della sua gestione gli azionisti aumentarono di tredici volte, passando dai circa 4500 del 1948 ai quasi 60.000 del 1961.
Sviluppando un processo di integrazione verticale della STET, Reiss Romoli riuscì a espanderne le attività oltre il tradizionale segmento dei servizi telefonici e procedette a incorporare numerose società operanti nella produzione manifatturiera connessa, come, per esempio, la Siemens di Milano.
La conseguente crescita della STET in termini di personale, numero di abbonati telefonici e produttività alimentò il crescente prestigio di Reiss Romoli. Questo fu un elemento determinante nel dibattito che si svolse nel 1957 tra i vertici IRI per l’approvazione del suo progetto di sviluppo. Il disegno strategico di Reiss Romoli si basava sull’idea che l’espansione quantitativa e qualitativa della telefonia doveva accompagnare la crescita economica del Paese, ormai nel pieno del ‘miracolo economico’; la STET avrebbe dovuto procedere all’unificazione del servizio telefonico nazionale, con il riscatto delle concessioni private, rispettando criteri di produttività e redditività. Il progetto fu approvato e si rivelò un successo, con un incremento rilevante delle reti e degli abbonati; questi ultimi passarono dai 2,5 milioni del 1958 ai 3,6 del 1962.
Reiss Romoli fu attivo anche in campo sociale, in particolare come presidente dell’Opera nazionale per l’assistenza ai profughi giuliani e dalmati – sino al 1953 guidata da un altro manager dell’IRI, Oscar Sinigaglia –, che indirizzava la sua azione su tre linee principali: la casa, costruendo alloggi per i profughi dislocati nelle varie province italiane; il lavoro, con iniziative di formazione professionale e di collocamento; l’assistenza ad anziani e bambini, erogata attraverso proprie strutture sanitarie, educative e ricreative. Nel gennaio del 1955 inaugurò a Roma la Casa della bambina giuliano-dalmata e negli anni successivi operò per la costruzione della Casa del bambino a Graglia (Biella).
Morì a Milano il 25 aprile 1961.
Pochi giorni dopo, Luigi Einaudi lo ricordò definendolo «un grande servitore dello Stato [...] uno dei pochi taciturni autori di quello che si chiama ‘miracolo italiano’, miracolo che da sé non accade, se non ci sono gli uomini, grandi o piccoli, i quali lo fanno capitare» (Prediche della domenica, in Il Corriere della sera, 30 aprile 1961).
Nel 1972, per iniziativa di SIP e STET, fu costituita a L’Aquila la Scuola superiore intitolata a Guglielmo Reiss Romoli, destinata alla formazione dei quadri tecnici delle società del Gruppo IRI nel campo delle telecomunicazioni.
Fonti e Bibl.: A. Spaini, Due triestini: Giani Stuparich e Willy R. R., Torino 1961; E. Manuelli, Nel primo anniversario della scomparsa di G.R. R. Commemorazione tenuta da Ernesto Manuelli, 25 aprile 1962, presso la sede della Famija piemonteisa in Roma, Roma 1962; B. Bottiglieri, G.R. R., in I protagonisti dell’intervento pubblico in Italia, a cura di A. Mortara, Milano 1984, pp. 501-547; G. Troilo, 1963-1982. I venti anni che sconvolsero l’Iri, prefazione di E. Manca, Milano 2008, pp. 32-38; D. Felisini, Biografie di un gruppo dirigente, in Storia dell’IRI, II, Il miracolo economico e il ruolo dell’IRI, a cura di F. Amatori, Roma-Bari 2012, pp. 201-205.