MATTIOLI, Guglielmo
– Nacque a Reggio nell’Emilia il 14 ott. 1857, quinto di sette figli, da Antonio, cuoco, e da Giuseppa Bonaretti.
Durante l’infanzia il M. rivelò precoce interesse per le fonti sonore che animavano la vita cittadina, con particolare predilezione per quelle connesse al culto: le voci dei cantori, gli organi e soprattutto le campane, delle quali già da bambino divenne esperto esecutore. In quegli anni, «frequentando le pubbliche scuole elementari, ebbe la disgrazia di ferirsi il mignolo della mano destra sì gravemente con una penna d’acciaio, da doversi assoggettare all’amputazione del dito» (L’Organo italiano, p. 4).
Nonostante la mutilazione, iniziò lo studio del pianoforte, dapprima all’orfanotrofio comunale, dove fu accolto undicenne, nel 1868, a seguito della morte della madre, poi presso la scuola civica di musica, ottenendo buoni risultati, che gli consentirono altresì di realizzare le prime prestazioni di organista in alcune chiese del circondario. Anche la composizione musicale lo attraeva; tuttavia, per diverso tempo non ebbe modo di apprenderne le nozioni basilari con uno studio regolare, tanto che nel 1873 così presentava (con ingenuo compiacimento) la sua prima creazione: «Capriccio sinfonico per pianoforte. Primo lavoro d’anni 16, senza conoscere neanche l’armonia» (Bergamo, Biblioteca dell’Istituto G. Donizetti, Mattioli, ms. E/1A). Nel 1878 gli morì il padre; ma grazie al sussidio benefico «Ferrari Bonini», che gli permise di soggiornare a Bologna, poté finalmente acquisire una solida preparazione nella classe di contrappunto di A. Busi, nel liceo musicale, e affinare le sue conoscenze organarie visitando assiduamente la bottega di Adriano Verati. Frattanto, durante abituali rientri a Reggio, seguiva i lavori che il noto organaro vicentino G.B. De Lorenzi andava compiendo nella parrocchiale suburbana di Rivalta e nella basilica di S. Prospero, della quale il M. sarebbe diventato organista titolare. Nell’estate del 1881, conclusi gli studi a Bologna con il conseguimento (a pieni voti e con lode) del diploma di composizione e con l’aggregazione alla locale Accademia filarmonica, rientrò a Reggio, trascorrendovi in seguito un quindicennio di febbrile attività, ripartita tra l’insegnamento, la composizione e i collaudi d’organo. A partire dal 1882 fu docente di canto, composizione e pianoforte alla scuola civica di musica (di cui più tardi sarà direttore); negli anni 1886-88 riuscì ad aprire una scuola di organo nell’istituto per i ciechi, dove aveva fatto installare uno strumento costruito da Verati.
Nel 1887 il M. si sposò con Lavinia Villani, di nobile e benestante casato, dalla quale ebbe tre figli: Maria (Reggio Emilia, 1889 - Bergamo, 1964), Evangelina (Reggio Emilia, 1891-93) e Giovanni (Reggio Emilia, 1894 - Ronchi di Pordenone, 1916). Nel frattempo il M. volgeva specifica attenzione alla musica cultuale e organistica, appoggiando con pieno convincimento gli orientamenti del movimento ceciliano e ricavandone approvazione non solo dal clero reggiano (approvazione consolidatasi nel 1885, nel 1892 e nel 1894, quando fu nominato membro della Commissione diocesana di musica sacra, poi organista della cattedrale, infine consigliere laico del sinodo Manicardi), ma anche da importanti esponenti del mondo musicale e culturale italiano. A poco a poco, infatti, la sua rinomanza di didatta, compositore e organista aveva travalicato i confini municipali per conseguire eco nazionale e attirare una cerchia di brillanti allievi, quali Vincenzo Gianferrari, Costante Adolfo Bossi, il soprano Celestina Boninsegna e il giovane I. Pizzetti.
Tra i suoi lavori che in quel periodo gli valsero pubblici riconoscimenti occorre menzionare: Introduzione e fuga per organo, sul tema «Fede a Bach», proposto da A. Boito per il concorso bandito dal periodico Musica sacra (1888: secondo premio); Offertorio da Requiem, per soli, coro a 4 voci e orchestra (1889: primo premio assegnatogli dalla Reale Accademia di Firenze); Dodici composizioni per organo (1889: primo premio attribuitogli dal periodico Musica sacra); Messa a 4 voci con organo (1891: primo premio al concorso internazionale bandito dalla Accademia filarmonica di Bologna); Salmo XCI, per soli, coro a 4 voci e orchestra (1896: primo premio assegnatogli dalla Reale Accademia di Firenze); Messa solenne a 4 voci con organo (1898: primo premio al concorso indetto dal ministero della Pubblica Istruzione per l’Esposizione d’arte sacra di Torino).
Nel 1890 il M. fu coinvolto in un’aspra polemica scaturita da alcune sue censure indirizzate all’organaro Antonio De Simoni Carrera, polemica esasperata dall’annoso e irrisolto dibattito nazionale sulla cosiddetta «riforma dell’organo italiano». In quel frangente il M. proponeva un modello di strumento memore dell’antica e gloriosa tradizione italiana, ma aperto a nuove esigenze costruttive, anche transalpine (La riforma dell’organo italiano. Risposta ad un vecchio dilettante di musica, Reggio Emilia 1890). Nel 1894, all’età di trentasette anni, ritornò al liceo musicale di Bologna conseguendovi a pieni voti il diploma di organo, riconoscimento più che altro formale di una preparazione da tempo salita a gradi di assoluta eccellenza. A fronte di tali benemerenze, nonché grazie al verdetto di una commissione giudicatrice presieduta da G. Tebaldini, nel dicembre 1895 il M. fu nominato dal ministro della Pubblica Istruzione professore d’organo al conservatorio di musica di Parma. Di fatto iniziò le sue lezioni nel gennaio 1896; ma, dopo un anno di servizio (e dopo aver collaudato il nuovo organo dell’istituto costruito da Gaetano Cavalli), diede le dimissioni e si spostò su chiamata di P. Mascagni al liceo musicale di Pesaro, dove insegnò contrappunto, fuga e composizione e ricoprì l’incarico di vicedirettore.
L’inerzia musicale che, a suo dire, mortificava l’ambiente pesarese lo indusse a cercare una sede professionalmente più allettante. Nel 1901, infatti, si trasferì a Bergamo, per assumere due importanti cariche tra loro correlate: la direzione della cappella musicale di S. Maria Maggiore e quella dell’istituto musicale G. Donizetti (che prevedeva anche l’insegnamento della composizione). Dedicatosi con entusiasmo al nuovo compito, riuscì in breve a rinvigorire la qualità artistica d’entrambe le istituzioni e, tranne qualche isolata e sterile contestazione, si guadagnò unanime apprezzamento. Proprio durante il soggiorno bergamasco la sua vena creativa conobbe feconda ispirazione, in particolare con Patria, «episodio lirico in un atto con intermezzo sinfonico» (presentato al concorso Sonzogno del 1903 e rimaneggiato per l’allestimento del 1910 al teatro Municipale di Reggio Emilia), e con l’oratorio L’Immacolata, per soli, doppio coro e grande orchestra (nella compagnia di canto spiccava il tenore Titta Ruffo), eseguito a Bergamo nel dicembre 1904, accolto entusiasticamente dal pubblico, dalla critica e dalle congratulazioni di molti colleghi, tra i quali A. Boito, M.E. Bossi, A. Franchetti, T. Dubois.
In quegli anni il M. non trascurò l’antico interesse per l’organo, tenendo numerosi concerti e presentando al I congresso lombardo di musica sacra, che organizzò a Bergamo nel 1907, una relazione sulla dibattuta questione della riforma organaria. Nel 1908, su proposta di Bossi, venne nominato professore di composizione e di organo al liceo musicale di Bologna, di cui diventerà anche direttore interinale. Qui, tra l’altro, elaborò due fondamentali studi sull’arte campanaria reggiana (Terminologia dei campanari reggiani, in Studi di storia, letteratura ed arte in onore di Naborre Campanini, Reggio Emilia 1921, pp. 332-337; Le campane del tempio e il modo di sonarle nelle varie occasioni, in Il tempio della Beata Vergine della Ghiara in Reggio Emilia, ibid. 1922, pp. 80-91), nonché due raccolte per organo destinate all’uso liturgico: i Trenta pezzi di media difficoltà op. 163 e i Sedici pezzi facilissimi op. 165, «eseguibili su qualsiasi organo, tanto a vecchio che a nuovo sistema». Divenuto presidente dell’Accademia filarmonica di Bologna nel 1916, fu interpellato più volte dalla soprintendenza ai Monumenti dell’Emilia come perito per il restauro di strumenti storici (tra i quali l’organo «verdiano» della parrocchiale di Roncole di Busseto).
Il M. morì a Bologna il 7 maggio 1924.
Nel 1985 gli eredi della figlia Maria hanno donato una cospicua parte del corpus compositivo del M. all’istituto musicale G. Donizetti di Bergamo.
Fonti e Bibl.: L’organo italiano e liturgico. Osservazioni di un vecchio dilettante di musica ad istruzione del giovane maestro G. M., Reggio Emilia 1890; Patria. Numero-ricordo della prima rappresentazione dell’opera…, musica del m.o M., Reggio Emilia 1910; C. Valabrega, G. M., in Il Pensiero musicale, IV (1924), 5-6, pp. 65-72; F. Baggiani - A. Picchi - M. Tarrini, La riforma dell’organo italiano, Pisa 1990, pp. 75 s., 89 s., 92, 221-223, 227, 372; C. Giovannini, Gli organi, in Musiche e secoli nella basilica di S. Prospero, a cura di E. Monducci, Reggio Emilia 1992, pp. 10-12, 137, 140-142, 150-156, 160-164, 171-173, 183; C. Belotti, G. M., un promotore della riforma dell’organo italiano, tesi di laurea, Pontificio Istituto ambrosiano di musica sacra di Milano, a.a. 1994-95; Organo di Giuseppe Verdi: il restauro dello strumento di Francesco Bossi (1797)…, Roncole Verdi 2001, pp. 42 s.; S. Rodolfi, Strumenti musicali nel territorio comunale di Vezzano sul Crostolo. Campane e organi, Vezzano sul Crostolo 2004, pp. 16, 34 s., 41-46, 57; Id., «Un organo a più registri d’ottimo autore». Strumenti musicali nelle chiese di Rubiera, Rubiera 2007, pp. 20, 23-25, 68 s.